Spesso scambiare la dimensione locale per qualcosa di un po’ più ampio, senza valutare bene quel che si fa e le possibili ripercussioni, provoca guai. O nei casi migliori non porta affatto ai risultati sperati, inducendone altri del tutto diversi, che sono altrettanti potenziali guai insomma. A ben vedere si tratta dell’eterna contrapposizione fra piano e progetto, fra un’idea di massima che provoca o assimila una manifestazione puntuale e contingente, e un’idea particolare che usando in modo indebito il metodo induttivo vorrebbe permeare di sé, piegare alle sue logiche, un intero universo. Un piccolo caso locale di amministratore di destra, che aveva scambiato il proprio territorio per una specie di Camelot da sogno tormentato dopo la cassoeula della zia, può ottimamente servire da esempio.
«Soffermati sull’arida sponda […] Tutti assorti nel novo destino, Certi in cor dell’antica virtù, Han giurato: non fia che quest’onda, Scorra più tra due rive straniere, Non fia loco ove sorgan barriere» Così rimava Alessandro Manzoni, nel lontano 1821, ma i tempi cambiano e il progresso è inarrestabile, soprattutto davanti all’impeto marinettiano e iconoclasta del nostro centrodestra creativo, lanciato a tutta velocità a confezionare la collezione estiva di cazzate 2008 nel segno dell’ineluttabile «sicurezza». L’auspicio del vate Manzoni era ambientato sulle rive sassose del Ticino. L’amministrazione comunale di Cassano d’Adda ha invece declinato il suo antidoto a questo superato anelito unitario inventandosi la propria versione locale del berlinese Checkpoint Charlie sul fiume. A guardia degli inviolabili confini col comune di Fara Gera d’Adda, sulla sponda orientale.
Impresa abbastanza ardua, visto che in altri tempi, diciamo normali, qualcuno ha ben pensato di fare la cosa giusta: i due centri abitati della frazione di Groppello e di Fara Gera sono di fatto un corpo unico, raccordato da una passeggiata di una decina di minuti nel verde delle rive del fiume, scavalcato da un’ampia passerella. Basta andarci in una giornata qualunque dell’anno, non importa con che stagione o tempo, per incontrare gente che va, che viene, da soli o in gruppi, qualcuno che pesca nel fiume, altri che scrutano le acque cercando il senso di chissà cosa.
Il Checkpoint Charlie tascabile, che trasforma quel giardino pubblico su due sponde in un sacro cippo della «sicurezza», è una pensata della maggioranza di centrodestra di Cassano, per impedire l’annuale festa di ferragosto della comunità senegalese in Lombardia. Sulla sponda occidentale, dalla parte in cui scorre il naviglio della Martesana, sui prati delle sponde da qualche anno arrivavano immigrati africani da tutta la regione, per trovarsi, per fare festa, anche un po’ di casino magari. Singoli, famiglie, frotte di ragazzini, la solita banda delle occasioni di scampagnata insomma, e ancora come sempre in questi casi di grandi concentrazioni c’erano state in passato proteste per la folla, qualche danno al parco, incidenti.
Magari si poteva pensare per tempo a qualche miglioramento nell’organizzazione, a qualche sede alternativa … ma si sa: questa è l’estate delle ordinanze creative dei sindaci, che per il nostro bene stabiliscono quanti culi possono stare su una panchina dopo il tramonto, o fino a che punto è possibile bere da bottiglie di vetro. Per la spiaggia di Groppello d’Adda detta il «Pignone», l’Ordinanza n. 92 in materia di ordine e sicurezza pubblica rileva che «nella suddetta località avviene un ritrovo di un elevato numero di persone di diversa nazionalità, le quali fanno uno spropositato uso di bevande alcoliche, un eccessivo uso di strumenti atti a generare musica assordante ed il cui malcostume genera accumuli di immondizia in tutta l’area e deturpa il patrimonio». La soluzione? Eccola: quel giorno il parco è chiuso, non c’è più, tutti a casa, circolare. Firmato e protocollato n. 17451, in data 23 luglio 2008.
E dato che le generazioni precedenti avevano erroneamente ritenuto che la terra fosse rotonda, o che un piccolo fiume come l’Adda si potesse anche facilmente scavalcare con qualche passerella, l’effetto di quel protocollo 17451 sul territorio è piuttosto surreale, come se tutta l’umanità fosse stata di colpo reclusa nella testa del geometra comunale, quello che fa le tavole del piano regolatore, e che ovviamente si fermano a metà passerella, ai confini municipali. In fondo, nell’oscurità dei primi alberi, invece del solito andirivieni di ciclisti, pescatori, nonni con nipoti, si intravede un’auto con lampeggiatore messa di traverso sul sentiero, e davanti alcune persone in divisa.
Fara Gera sta sempre sulla sponda orientale dell’Adda, e Groppello su quella opposta, ma per andare da un campanile all’altro tocca prendere la macchina, scendere fino alla Padana Superiore, tagliare il centro storico di Cassano e poi risalire per un paio di chilometri fino allo «Ruotone» del mulino sulla Martesana. Da lì si può fare un’altra breve passeggiata fino al bivio (noto a quasi tutti i ciclisti dell’area metropolitana orientale perché lì la pista smette di essere asfaltata, e i percorsi divergono a seconda della sezione delle ruote) che scende al «Pignone» e rivedersi il medesimo cartello e uno speculare checkpoint padano.
Ecco cosa produce, questa solenne dichiarazione di principio da sicurezza mediatica collezione estiva 2008: si toglie ai cittadini il diritto a muoversi liberamente e a usare del proprio spazio pubblico, mentre le terribili «persone di diversa nazionalità» con il loro chissà perché particolarissimo «uso spropositato di bevande alcoliche» nonché «uso di strumenti atti a generare musica assordante» se ne stanno sull’altra riva, dove il sindaco della giunta di centrosinistra di Fara Gera d’Adda ha subito concesso la propria, di spiaggia. In altre parole, con l’aggravante di una non ufficiale quanto evidente motivazione discriminatoria nei confronti di uno specifico gruppo di persone, si replica qualcosa di molto simile all’orribile disorientamento delle cosiddette «domeniche senza auto», dove ciascun sindaco decide per sé, come se la mobilità automobilistica fosse mai stata una questione che si gioca fra il campanile e le ultime villette prima del cimitero.
La logica miseramente discriminatoria con cui la stessa amministrazione infierisce sul proprio territorio e sulla sua pubblica fruizione, emerge evidente anche dalla lettera dell’ordinanza. Perché in un qualunque pomeriggio-sera estivo, e più che mai in un Ferragosto italo-padano, alzare il gomito davanti alla grigliata o fare un casino pazzesco coi bonghi, le chitarre, gli altoparlanti appesi ai rami bassi, è la cosa più normale del mondo. Bevande alcoliche e musiche assordanti la fanno da padrone dietro tantissime siepi di villetta con giardino, all’ombra delle piazzole attrezzate lungo qualunque corso d’acqua della padania, o sotto i gazebi delle feste e sagre più o meno politicamente targate. Se e quando si rilevano cose davvero insopportabili e oggettivamente ingestibili, di solito per sovraffollamento di spazi inadeguati, e relativa insostenibile concentrazione di comportamenti «devianti», qualunque corpo di vigilanza urbana è in grado di predisporre le premesse per un piano di gestione degli eventi, Se queste premesse risultano incompatibili con un certo spazio, se ne possono trovare altri: succede per ogni cosa, dai mercatini a qualunque altra occasione di socialità prevedibile.
Certo, quando il presupposto implicitamente denigratorio di tutto il resto è che si tratta di «persone di diversa nazionalità», allora non si va da nessuna parte. Appunto come è successo a tutti i cittadini dell’area metropolitana milanese (Groppello d’Adda non si trova in selvagge praterie dove i pistola dettano legge, ma a poche fermate d’autobus dal capolinea della MM2 di Gessate) grazie a questa bella pensata di secesiùn tascabile e part-time. A queste cose dovrebbe pensare, la nostrana sociologia taragna, quando sui temi del territorio finge di volare alto, al solo scopo di non farsi immediatamente impallinare dalle osservazioni più ovvie. Visto che in questo caso è chiaro ed evidente che un problema c’è, ma come risolverlo? Perché l’ormai sfinito approccio automaticamente solidaristico, o di pura affermazione di diversità culturale fa acqua da tutte le parti. Il comune di centrodestra sulla sponda occidentale mostra i muscoli, quello di centrosinistra a cinque minuti di passeggiata concede i giardini sulle sponde alla festa degli immigrati, ma siamo al punto di prima: la discriminazione dei cittadini metropolitani e locali per l’uso dello spazio resta identica, così come restano identici i problemi lasciati in sospeso.
Perché – enfasi destrorsa a parte – è ovvio come non ci sia stata alcuna sollevazione popolare contro l’ordinanza, e quindi qualche problemino sicuramente c’è stato, e a questo va trovata soluzione. E poi: ha diritto un’amministrazione comunale, per scelte a carattere tanto locale, di mettere in forse la fruizione effettiva di un vasto territorio storico-naturalistico, legato da una rete integrata di percorsi soprattutto ciclabili, e che vedono nella possibilità di passare da una sponda all’altra del fiume un aspetto fondamentale?
La mobilità ciclabile per scopi di tempo libero, solo per restare ad una zona immediatamente circostante il territorio interessato dall’ordinanza, usa in modo combinato i percorsi su entrambe le sponde, dalla linea della Padana Superiore al quasi pedecollina di Brembate, e passaggi come la passerella del Pignone o quella che qualche chilometro più a monte congiunge il villaggio di Crespi d’Adda alla presa del naviglio Martesana in territorio di Trezzo ne rappresentano la spina dorsale. Nello stesso modo per cui appare evidente come ci debbano essere gravissimi motivi per interrompere i collegamenti automobilistici sui ponti di Trezzo-Capriate, Vaprio-Canonica, o di Cassano, salta all’occhio con quanta leggerezza si sia consentito, per motivi quantomeno discutibili, di applicare questa ordinanza., almeno senza che esista una strategia territoriale, un piano, una dimensione operativa conforme. Insomma la questione, in modo assai poco italiano, è grave e seria. Non si merita un paio di affermazioni di principio. Come si dice: abbiamo la pista ciclabile, e adesso pedaliamo. In senso lato: sia quello sinistro che destro dell’Adda, e di tutto il resto.