L’agricoltura urbana può svolgere un ruolo molto importante nel costruire un sistema alimentare più articolato e resiliente, ricostruire un rapporto virtuoso con ciò che mangiamo, con una serie di vantaggi sociali e ambientali per le città. Ma in sé e per sé da sola l’agricoltura urbana non pare destinata a svolgere un ruolo quantitativo importante dal punto di vista alimentare, specie a fronte del continuo crescere delle città. Anche utilizzando tutta una serie di tecnologie produttive, dalle vertical farm all’acquaponia all’aeroponia più sofisticata, secondo gli analisti non si arriva a coprire oltre un terzo teorico (in peso) degli alimenti necessari al consumo urbano. Ed è piuttosto improbabile che a scala globale si possa anche raggiungere, questa quota di un terzo, nel futuro prevedibile, per tre limiti individuati:
1. Competizione per lo spazio. Si calcola sia necessario circa l’1,5% dell’attuale superficie urbana per raggiungere quella quota di un terzo potenziale. Può sembrare poco, ma pensiamo alle difficoltà per sfruttare effettivamente da un punto di vista agricolo produttivo quegli spazi: dalla pianificazione urbanistica e relative aspettative economiche, i problemi tecnici, la concorrenza attiva di altre funzioni.
2. Le colture urbane oggi e in prospettiva coprono una gamma piuttosto limitata. Le specie coltivabili con profitto al coperto oggi si limitano alle verdure in foglia, aromi, tipi particolari di frutta come le fragole. Anche ipotizzando che una città produca tutti i volumi di questi particolari tipi per il proprio consumo interno, continuerebbe la dipendenza totale dalle zone periurbane e rurali per il resto dell’alimentazione.
3. Risulta difficile realizzare un modello circolare. Il tipo di colture al coperto (multipiano, idroponiche, serre tecno-intensive, acquaponia, o a suolo in terriccio tradizionale) complessivamente presentano problemi di adattabilità integrale al modello circolare. L’high-tech senza suolo ad esempio necessita di fertilizzanti liquidi sintetici con sostanze nutrienti altamente calibrate. Le tecniche più produttive richiedono forte dispendio di energie per illuminazione o regolazione di temperature, oggi dipendenti da fonti fossili, per riprodurre il tipo di ambiente altrove garantito dalla luce solare. Per conseguire un modello di tipo circolare che si rigeneri naturalmente le colture urbane dovrebbero:
• Funzionare a energie totalmente rinnovabili
• Funzionare a circuiti idraulici chiusi
• Utilizzare sostanze nutrienti derivate da prodotti collaterali alla stessa coltura
• Evitare ogni tipo di pesticidi sintetici
• Nel caso di itticoltura praticare sistemi di alimentazione a circuito chiuso
Certo le innovazioni scientifiche e tecnologiche potranno contribuire a superare molte di queste difficoltà che si frappongono a un sistema circolare, individuando soluzioni utili all’agricoltura urbana. Ce ne sono già alcuni esempio operanti come i casi di acquaponia su tetti di edifici che uniscono acquacoltura e colture di vegetali idroponiche in un circuito virtuoso, producendo tonnellate di pesce.
Certo l’agricoltura di tipo urbano può non riuscire a coprire tutte le necessità alimentari di una città, e incontra ostacoli per un funzionamento circolare, ma fornisce comunque un servizio di altissimo livello alla popolazione, contribuendo a ricollegare idealmente alimentazione e consapevolezza, aiutandoci a capire come e da dove arriva ciò che consumiamo. L’agricoltura tradizionale anche praticata in città ha produttività ancor più limitata di quella tecnologica, ma apporta notevoli vantaggi di carattere socioeconomico, tra cui:
• Favorire l’allargamento degli spazi verdi che possono essere destinati ad una attività più complessa di quella tradizionale del verde urbano, per esempio nel recupero di superfici dismesse di tipo industriale o in quartieri difficili
• Migliorare la consapevolezza sociale coinvolgendo i cittadini nelle attività di coltura e cura degli spazi.
• Ristabilire un rapporto diretto tra cittadini e ciò che mangiano, oltre a consentire anche investimenti personali di tipo produttivo commerciale da verde privato, o promuovere attività collaterali di ricerca divulgazione distribuzione.
• Contribuire alla lotta contro le emissioni e il cambiamento climatico.
• Contribuire a ridurre l’inquinamento atmosferico e le onde di calore urbano.
• Migliorare la gestione delle acque e il sistema idrogeologico.
Da: Cities and circular economy for food, Ellen MacArthur Foundation, 2019 – Estratto e traduzione a cura di Fabrizio Bottini