[…] Là dove la maggior parte delle ricerche si concentrano su modifiche incrementali dei comportamenti tali da richiedere un minimo impegno degli individui ipotizziamo invece di studiare quei comportamenti che sono più efficaci nel ridurre le emissioni. Molti di questi cambiamenti sono auspicabili nel quadro di esistenze e stili di vita salubri e meno stressanti. Riguardano sia gli adolescenti che tutti quanti siano desiderosi di influire efficacemente sul clima. Sono trasformazioni comportamentali anche importanti ma praticabili, le giovani generazioni già si dimostrano disponibili ad allontanarsi da stili di vita a elevato impatto ambientale, come si nota ad esempio negli Stati Uniti dove diminuisce in modo avvertibile uso e proprietà di un veicolo rispetto alle generazioni precedenti. Per quanto riguarda la dieta a base vegetale, la disponibilità dei singoli a mangiare meno carne cresce col crescere della percepita efficacia di quella scelta, il che indica la necessità di aumentare la consapevolezza di quanto conti introdurre alcune modifiche alimentari.
Ma anche individui consapevoli e disponibili ai cambiamenti non riescono a adottare diete diverse o altre azioni con effetti climatici se continuano ad esiste certi ostacoli materiali o culturali. Per esempio l’idea occidentale che consumare carne coincida con ricchezza, stato sociale, lusso, così che quel consumo risulti del 750% più elevato che nel resto delle nazioni. E nello stesso modo in cui le norme culturali promuovono consumi di carne, così alcune sovrastrutture come l’insediamento disperso promuovono una mobilità con elevate emissioni. A rimuovere alcuni ostacoli a comportamenti più virtuosi possono contribuire politiche pubbliche come forme di carbon tax su alcuni prodotti alimentari o orientamenti urbanistici favorevoli a quartieri compatti. E rappresentano vantaggi ben oltre il puro contenimento del cambiamento climatico: una dieta vegetariana aiuta la biodiversità e riduce malattie come il cancro o il diabete, mentre un minore uso dell’automobile incide su obesità o inquinamento dell’aria.
[…] Alcuni interventi pur di elevata efficacia possono essere politicamente impopolari, certamente, ma ciò non giustifica limitarsi ad altri sostanzialmente inefficaci. A titolo di esempio specifico uno studio cita il passaggio dai sacchetti della spesa in plastica alle borse riutilizzabili per risparmiare 5kg di CO2 l’anno. Che ha una efficacia di meno dell’1% rispetto al non consumare carne per il medesimo anno. Casi come questo creano l’impressione che la questione climatica in sé sia di poca importanza, e sono occasioni mancate di impegnarsi davvero in azioni decise. Può benissimo darsi che studi e scelte politiche preferiscano azioni di piccolo cabotaggio perché di più semplice messa in pratica e pubblicizzazione. Se è davvero così vuol dire che si segue la cosiddetta «tecnica del piade nella porta socchiusa», per suscitare da piccole azioni scelte più importanti in seguito. Purtroppo l’evidenza empirica riferisce di risultati incerti in questo senso. In alcuni casi certamente vengono stimolati altri comportamenti ambientalisti, ma quasi sempre si tratta di cose ad effetto equivalente, ovvero non si passa mai da piccole a grandi azioni. Sembra anche che l’impegno personale e comportamenti attenti alla dimensione sociale ne producano degli altri e ne stimolino ulteriori.
Indipendentemente da tutto questo alcune azioni hanno effetti limitati a causa di barriere che ne limitano l’allargamento a una scala superiore. Che l’obiettivo sia di modificare lentamente le norme sociali, oppure di spingere gli individui a ridurre significativamente le proprie emissioni, la fascia degli adolescenti resta comunque quella ideale su cui agire. La maggioranza degli studi e documenti in materia si orienta ai sedicenni, gli stessi che in alcune legislazioni possono già prendere la patente di guida. L’adolescente sceglie anche la propria dieta, può influenzare le decisioni della famiglia rispetto alle vacanze (per esempio spostarsi in aereo o restare più vicino) e va informato sulle conseguenze ambientali del formarsi una famiglia e avere dei figli. Se a un cinquantenne proprietario di automobile con sedimentati stili di vita suburbani si può raccomandare di passare a un modello meno inquinante, nel caso di un adolescente esistono ragioni quantitative (le norme sociali) e qualitative (ridurre le emissioni) per rafforzare il messaggio in «Vivi Senza Auto».
È importante riconoscere che in materia non esistono certezze. Possiamo fare ipotesi per raccomandare alcune azioni sperando che si possano applicare universalmente. Ha un senso diverso pensare alle emissioni di un volo transatlantico a seconda della distanza effettiva, di quanto pesa quel passeggero coi suoi bagagli, lo spazio occupato, o la velocità del vento o altre variabili, e poi ci sono vari metodi di calcoli del tutto. Le ipotesi possono diventare più valide comparando varie famiglie di azioni parecchio diverse negli impatti per esempio di emissioni di gas serra.
In conclusione
Individuiamo quattro linee di comportamento particolarmente efficaci nella individuale riduzione delle emissioni di gas serra: fare meno figli, rinunciare all’auto, tagliare gli spostamenti in aereo, mantenere una dieta vegetariana. Che paiono in contrasto con altre diffusissime raccomandazioni, dal fare asciugare il bucato sul filo al guidare veicoli più efficienti. Dipendenti dalla tendenza delle politiche a concentrarsi su azioni di piccolo impatto per indurre gradualmente gli individui ad allargare il campo dei comportamenti sostenibili.
Da: Environmental Research Letters, Vol. 2 n. 7, 2017 – Titolo originale: The climate mitigation gap: education and government recommendations miss the most effective individual actions – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini. Qui l’articolo integrale