Al giorno d’oggi se non si parla di soldi non ti ascolta nessuno, e così l’argomento per sfondare nella dicscussione pubblica o privata deve essere sempre, obbligatoriamente, il portafoglio. Deve essere per questo motivo, almeno si spera sia stato per questo motivo, che le critiche al cosiddetto modello di sviluppo lombardo-padano, pietosamente accartocciato sull’obiettivo di Expo 2015, si focalizzano sugli incredibili sprechi di risorse pubbliche. Ultima arrivata sul palcoscenico della farsa, l’autostrada che collega in modo surreale due punti qualsiasi perduti tra i campi, passando attraverso un allegro festone di capannoni vuoti, detta Bre.Be.Mi. a significare Brescia-Milano via Bergamo, anche se non si sogna neppure di sfiorare nessuna delle tre entità. Davanti a questa osservazione, politici, geometri, e persone pur pensanti che però hanno venduto l’anima in cambio di una patente di guida, rispondono: ma l’opera non è finita! E dal loro punto di vista hanno ragione da vendere, perché basta farsi un giretto veloce ad esempio nell’est milanese, e assistere ai … ehm … ritocchi finali. A titolo puramente riassuntivo, si tratta di quattro segmenti autostradali, di nome o di fatto, e di nome proprio Tangenziale Est Esterna, Cassanese, Rivoltana, Paullese.
Unite i puntini uno a uno fino a completare il disegno
Anche lasciando perdere per il momento il resto del mondo, vuoi aggrappato alla sigla Bre.Be.Mi. vuoi ad altri fantasiosi tragicomici cloni del medesimo modello, proviamo a descrivere il piccolo simpatico definito settore metropolitano riassunto da quei nomi propri. Un posto abbastanza raccolto, che volendo si può girare in bicicletta, sempre che ve ne diano il permesso e la possibilità fisica. Girandolo si intuiscono un paio di cose interessanti, visibili fin dall’inizio per chi ha voglia di vedere. Questo inizio si colloca più o meno là dove si attestano le ex provinciali, direttamente o un po’ discoste rispetto all’anello orientale della Tangenziale: da quelle parti spiccano lo storico complesso di Milano Due / ospedale San Raffaele, e soprattutto il mega suburbio intercomunale che potremmo ribattezzare Sa.Bo.Ma. Ovvero, un po’ come succede patologicamente con le capannonate industriali a uso dell’orgoglio di campanile, pare che i comuni metropolitani non vogliano essere da meno riguardo a una declinazione locale di sprawl suburbano a baccelli chiusi auto-muniti: San Felice (a cavallo tra comuni di Segrate, Pioltello, Peschiera Borromeo), San Bovio (comune di Peschiera Borromeo), Malaspina (comune di Pioltello). Di fatto una cosa sola, se non si mette nel conto una pianificata segregazione.
Un nuovo paradigma
In fondo, forse, non c’è neppure davvero bisogno di raccontare tutte queste cose, se ci si fida del colpo d’occhio da frequentatori del social network: basta Google Earth, per rivedere certe forme ameboidi dell’edificato, intervallate da ciuffi di verde e specchi d’acqua, che paiono (come di fatto in qualche modo sono) ricalcate dal manualetto internazionale del developer mudèrn. Tutto si tiene, in questo mondo alimentato e aggrappato alla superstrada o autostrada metropolitana, ineludibile per andare o venire da qualsiasi parte, e soprattutto unico trait-d’union che conferisce senso al territorio. Territorio ritagliato a quadrettoni in un sistema di neo-centuriazione automobilistica, dove con la sola eccezione delle grandi maglie storiche, di alcune invarianti pure storiche o geografiche, evidentemente si prefigura un assetto del tutto analogo a quanto già visibile: lo svincolo, il quartiere dormitorio segregato, magari con piazzetta per far pisciare i cani e spettegolare le colf (solo per loro c’è una sperduta fermata di autobus, un po’ in disparte), e il green buffer a distinguersi, a volte separarsi anche fisicamente, dal suburbio accanto. Del resto, come ci insegnerà dall’alto del suo sprezzante reddito il progettista, che ha preso un dottorato internazionale in landscape, questo richiedono il mercato e gli operatori, e del resto ci sono montagne di studi che indicano nella rete di superstrade l’unica via d’uscita dalla congestione.
Follow the Money
Senza citare, per pura stanchezza, anche le altre montagne di studi che dicono l’esatto contrario, oppure che raccontano a cosa diavolo porti, su altri fronti non contemplati, il consolidarsi del modello, stavolta provo con una pura provocazione, e cito: “Una scarsa diversificazione genetica significa popolazioni suscettibili ad anomalie ereditarie come difetti cardiaci, o sterilità. Significa anche minore resilienza a effetti del cambiamento climatico come siccità o restringimento dell’habitat. E insieme ad altri fattori questo impoverimento del bacino genetico innesca la spirale dell’estinzione”. Ecco, questa scarsa diversificazione genetica foriera di disastri micidiali, come ci spiegano puntuali e precisissimi gli scienziati autori dello studio, non è indotta dal destino. Si deve invece a qualche decennio di cosiddetto sviluppo del territorio secondo il modello autostradale a quadrettoni e baccelli segregati, che non lascia passare altro che un po’ di ciclisti in gita (quando i comitati hanno ottenuto la ciclabile inter-suburbio, però), e le automobili in fila sulla variante locale della Bre.Be.Mi. o Rivoltana o Cassanese highway che sia. La citazione, lo anticipo, riguarda i puma californiani, e non ancora i geometri brianzoli o i commercialisti della bassa bergamasca. Però probabilmente basta aspettare che si dispieghino gli effetti. O no?
Riferimenti:
AA.VV. Fractured Genetic Connectivity Threatens a Southern California Puma (Puma concolor) Population, Plos One, 8 ottobre 2014