Esporre in poche pagine e con l’ausilio di qualche grafico che cosa rappresenta Milano nell’economia nazionale è veramente compito ingrato oltreché difficile e in ogni caso opera impossibile. Questo non è un comodo pretesto usato dallo scrivente per sottrarsi alla responsabilità, ma una premessa a ricordare un fatto essenziale e cioè che una città è un organismo vivente e che ciò che più ci interessa conoscere è appunto quel quid che noi chiamiamo vita e che è difficile da precisare perché è l’espressione delle coordinazioni in atto in vari sistemi elementari rivolti al fine di stabilizzare a sempre più alto livello la vita del cittadino. Ciò che potrò cercare di ricordare sono taluni aspetti e anche in questo caso con miseri mezzi, anche se appariscenti, come le statistiche ufficiali. Gli statistici da tempo hanno cercato di misurare sinteticamente lo stato di una economia nazionale con una misura: il reddito nazionale. È un tentativo, seppure elementare, molto utile per iniziare dei ragionamenti economici e sociali in forma quantitativa.
La formazione del reddito è giustamente considerata come il risultato ultimo della attività svolta dalle categorie produttive e costituisce pertanto la sintesi di maggiore importanza per gli osservatori economici. Ciò vale naturalmente per le regioni di uno Stato non meno che per il territorio nazionale, riguardato nella sua interezza. La Lombardia, a questo riguardo, è forse il più interessante dei campi d’osservazione fra tutte le regioni d’Italia. Esaminando infatti la produzione della ricchezza che in essa ha luogo, ci si avvede che nel settore agricolo come in quello industriale essa occupa un posto preminente per la molteplicità e il valore dei beni materiali e dei servizi dai quali il reddito è costituito, non soltanto nella destinazione finale al consumo, ma anche nel ruolo complesso dei beni aventi carattere strumentale. Sorgono così legami innumerevoli con i processi produttivi che si svolgono nelle altre regioni d’Italia, legami evidenti soprattutto nella tendenza all’incremento del reddito nazionale.
Lo sviluppo economico e, con esso, le alterne vicende di prosperità e depressione si manifestano invero chiaramente nel valore totale del reddito prodotto in Lombardia, del quale i singoli individui si attribuiscono quote sotto forma di salari e stipendi, ossia retribuzioni da lavoro manuale e intellettuale; di rendite per l’uso della terra, delle miniere, dei brevetti; di interessi, per l’uso dei capitali; di profitto per l’attività organizzativa e l’assunzione dei rischi d’impresa; di reddito misto per attività complesse come quelle degli agricoltori-coltivatori, che sono insieme imprenditori, lavoratori, capitalisti. In modo particolare si riconosce che la posizione dominante della Lombardia – dal punto di vista geografico e da quello produttivo – consente, fra l’altro, la formazione di ingenti redditi commerciali, i quali riflettono gli scambi, sia diretti che indiretti (ossia di mediazione e transito) con altre regioni d’Italia per contrattazioni all’ingrosso: una partita, questa, che viene a contribuire notevolmente all’alto livello di reddito della nostra regione.
In linea di possibilità astratta sarebbe interessante esaminare il reddito sotto tre aspetti fondamentali, e cioè: a – come reddito prodotto; b – come reddito percepito e distribuito; c – come reddito consumato. Giova però riconoscere come i dati di osservazione non ci consentono, per ora, di mettere in luce tutti e tre gli aspetti ora indicati, cosicché appare necessario dare un maggior rilievo all’aspetto del reddito prodotto. La misura di questo è fornita dalle statistiche della produzione integrate eventualmente da dati sui servizi personali. Avendo riguardo alle quote da detrarre per la reintegrazione dei capitali (fissi e circolanti) impiegati nei processi produttivi si viene a determinare l’apporto positivo dei vari fattori in ciascuna fase di produzione, cioè precisamente il valore aggiunto che nel totale dei processi costituisce un flusso netto di ricchezza disponibile annualmente per la collettività. Con queste poche premesse invitiamo il lettore a esaminare le tabelle relative al reddito della provincia di Milano e della Lombardia nelle sue varie articolazioni, rinviando per un più vasto studio del problema ad un nostro saggio scritto in collaborazione (F. Brambilla, V. Dominedò, Il reddito della regione Lombardia, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, Milano 1954).
Un secondo profilo sintetico sotto il quale è possibile studiare Milano è quello della sua evoluzione demografica. Già nel censimento del 1951 la popolazione di Milano, con 1.278.222 abitanti, aveva raggiunto e superato la cifra anteguerra di 1.237.532 che durante la guerra diminuì di circa mezzo milione per i cittadini che si allontanarono dalla città. A fine anno 1954 si registrò un altro aumento con 1.317.941 abitanti, e tale aumento tende a diventare più forte, in quanto la popolazione trova una condizione favorevole nell’incremento dell’attività economica milanese e nello sviluppo edilizio cittadino. Milano ha compiuto rapidamente gli sforzi veramente enormi richiesti dalla risoluzione dei problemi conseguenti all’aumento della popolazione ed ha potuto così riprendere ad aumentare il ruolo che ha sempre tenuto nella vita nazionale. Le risultanze del censimento industriale e commerciale del 1951, confrontate con quelle del censimento eseguito nel periodo 1937-40, documentano in modo certo la ripresa dell’attività economica. 339.542 persone erano occupate nel periodo anteguerra nell’industria milanese; a 365.814 esse erano salite nel 1951, con un aumento quindi del 7,74%. La percentuale di anteguerra degli addetti all’industria a Milano era del 7,50% rispetto al totale delle persone occupate nell’industria in Italia e tale percentuale ha raggiunto nel 1951 l’8,62%.
Pure negli altri rami dell’attività economica l’aumento riscontrato è rilevante. Gli addetti al commercio hanno avuto un aumento del 10,13% passando da 100.000 circa nel periodo 1937-40 a 110.134 nel 1951. La percentuale, degli addetti al commercio a Milano rispetto al totale degli addetti al commercio in Italia, risulta del 6,93% mentre era di circa il 6% anteguerra. Gli addetti ai trasporti e comunicazioni in Milano, rispetto all’anteguerra, registrano un aumento del 13,86% con 35.602 persone; la percentuale di questi addetti in relazione al totale degli addetti in Italia è del 6,16%, superando quella di anteguerra che non raggiungeva il 5%. Nelle aziende di credito ed assicurazione glia detti sommano a 21.611 con un aumento del 13,31% rispetto all’anteguerra. In quest’ultimo periodo la percentuale degli addetti in Milano, rispetto al totale degli addetti a tale ramo di attività in Italia, era del 10,35%, superato col 13,31% nel 1951.
Complessivamente in Milano gli addetti ai rami di attività economiche che abbiamo indicate, hanno avuto un aumento dell’11,12%, con 534.104 persone contro le 480.178 di anteguerra. Rispetto al totale degli addetti in Italia la percentuale di quelli occupati in Milano è passata dal 7% circa anteguerra all’8,10% dopo la guerra. Per una valutazione più esatta di questi dati ed a completamento degli stessi, è necessario ricordare che nel periodo intercorrente tra il censimento 1937-40 e il censimento 1951 la popolazione di Milano è aumentata del 10,77% ed inoltre la percentuale degli abitanti di Milano rispetto al totale in Italia è del 2,7%, con variazioni di scarsa entità rispetto all’anteguerra. Le cifre di cui sopra valgono a fornire un quadro molto significativo della ripresa di Milano dopo la guerra, specialmente nei loro confronti con la situazione in Milano anteguerra e con la situazione italiana in complesso. Vorremmo ora accennare un poco più dettagliatamente alla situazione in Milano delle varie attività economiche più importanti.
Le industrie meccaniche rappresentano la classe più importante dell’attività economica di Milano: gli addetti nel periodo anteguerra erano 127.693 e sono saliti nel 1951 a 145.397, con un aumento del 13,86%; rispetto al totale degli addetti alle industrie meccaniche in Italia la loro percentuale è del 16,21%. Negli addetti alle industrie metallurgiche si è avuto un aumento relativamente più forte, superiore al 100%, passando essi da 5.230 anteguerra a 11.939 dopo la guerra. Questo aumento è stato confermato dai dati della produzione siderurgica nella provincia di Milano, che ha segnato un forte incremento. L’8,32% è la percentuale degli addetti in tale classe di industria rispetto al totale degli addetti in Italia. Il numero degli addetti in Milano alle industrie chimiche ed affini ha avuto un forte aumento, da 13.398 persone a 53.306, compresa l’industria della gomma elastica. Rispetto al totale degli addetti in Italia, quelli in Milano rappresentano il 17,41% per le industrie chimiche ed affini ed il 46,91% per l’industria della gomma elastica. Una conferma dello sviluppo delle industrie chimiche ed affini si trova anche nella produzione di oli minerali in provincia di Milano, passata da q.li 803.053,50 nel 1948 a q.li 4.125.356,78 nel 1953 con un ulteriore fortissimo aumento nel 1954.
Da 11.190 addetti, anteguerra, alle industrie alimentari, si è saliti attualmente a 13.643; rispetto al totale di questi addetti in Italia, la percentuale milanese è del 3,79%. Cifra leggermente superiore a quella di anteguerra è il numero degli addetti alle industrie poligrafiche ed editoriali con 16.618 che rappresentano il 22,31% del complesso degli addetti in Italia. Le industrie della carta e cartotecnica hanno pure una importanza notevole, rappresentando i loro addetti rispetto al totale in Italia il 10,61%, anche se gli addetti attuali sommano a 6.734, inferiori a quelli di anteguerra che erano in numero di 7.895. Il numero degli addetti alle industrie tessili è pressoché uguale a quello di anteguerra, 16.618 contro 16.638. Per quanto riguarda il numero degli addetti va osservato che sono industrie poco rappresentate nella città di Milano, sebbene tutte le aziende importanti in questo ramo di attività abbiano in Milano una sede o un ufficio commerciale. La percentuale di questi addetti in Milano, rispetto al complesso in Italia, è del 2,51%. Una diminuzione si è avuta nel numero degli addetti alle industrie del vestiario, abbigliamento ed arredamento che nell’anteguerra occupavano 28.469 persone contro le 26.590 attuali; e però è da ritenere che in questa cifra non sia compreso il numero dei lavoratori a domicilio. Rispetto al totale degli addetti in Italia la percentuale è del 6,24%. Le attività economiche relative alle costruzioni e agli impianti sono rappresentate, nella massima parte, dalle industrie edilizie, di cui diremo più avanti.
Ai dati complessivi riguardanti l’attività commerciale aggiungiamo che l’aumento degli addetti si riferisce maggiormente al commercio all’ingrosso, passati essi da 22.690 anteguerra a 35.513 nel 1951, pari al 14,53% del totale degli addetti in Italia, mentre nel commercio al minuto non si hanno differenze che contraddistinguono Milano dalle altre città, anche perché il numero degli esercizi è in rapporto specialmente con l’ammontare della popolazione. Il numero di questi addetti è di 47.975, pari al 5,01% del complesso in Italia. Gli addetti alle attività ausiliarie del commercio in Milano rappresentano, con 7.883 persone occupate, di poco superiori a quelle di anteguerra che erano 6.671, il 12,46% degli addetti in Italia in tali attività. Gli alberghi e pubblici servizi occupano 18.813 lavoratori, pari al 5,79% degli addetti in Italia a questa classe di attività economica. Lo sviluppo dell’attività economia nella città di Milano trova conferma anche nei dati relativi alla quantità di energia elettrica consumata per forza motrice: nel 1939 era di Kwh. 635.621.495 ed è aumentata a Kwh. 1.159.418.584 nel 1954.
Sia nel settore industriale che in quello commerciale, è necessario osservare che l’attività economica non è in rapporto solamente all’entità numerica della popolazione occupata, ma anche in rapporto al grado di organizzazione. Un’importanza sempre maggiore vanno assumendo in Milano quelle parti dell’attività economica corrispondente ai servizi della produzione: abbiamo già accennato che non vi è azienda di una certa importanza che non abbia una sede od un ufficio commerciale in Milano. Riportiamo altri dati statistici importanti, quale documentazione della ripresa dell’attività economica e del posto che Milano occupa nell’economia italiana. Nel 1953 si sono liquidate attraverso la stanza di compensazione di Milano (espresse in milioni di lire) 15.548.000 operazioni in contanti, raggiungendo 17.277.612 nel 1954, che corrispondono al 30,70% delle operazioni liquidate presso tutte le stanze di compensazione in Italia. I titoli trattati presso la Borsa di Milano risultano pari al 60% del totale dei titoli trattati in tutte le borse italiane.
Dai dati relativi al movimento delle Società per Azioni in provincia di Milano appare l’importanza di questa città nell’economia generale della nazione: il totale degli investimenti di capitali, al netto dei disinvestimenti, espresso in migliaia di lire, è di 101.183.993 nel 1952; di 239.664.670 nel 1953 e 144.235.917 nel 1954. Tali cifre sono una parte molto rilevante del totale degli investimenti netti delle Società per Azioni in Italia. L’ammontare degli sconti e anticipazioni della sede di Milano della Banca d’Italia risulta di 685.407 espresso in milioni di lire ed è pari al 20,63% del totale degli sconti ed anticipazioni da parte della Banca d’Italia. Il numero dei disoccupati in correlazione con lo sviluppo dell’attività economica, ha segnato una diminuzione: da 45.900 (compresi i disoccupati che hanno una occupazione occasionale) nel 1952 è passato a 40.777 nel 1954, mentre il numero di quelli inscritti presso l’Ufficio di Collocamento da 29.063 nel 1952 è diminuito a 26.036 a fine anno 1954.
A documentare la forte ripresa economica della città di Milano dopo la guerra aggiungeremo alcuni dati relativi ai consumi; tali dati non sono soltanto considerati come indici delle varie attività volte al soddisfacimento di bisogni, ma esprimono anche il tenore di vita, che a sua volta costituisce un indice molto importante della situazione economica generale. Occorre osservare, per i riflessi specialmente sulla situazione dei consumi, che la percentuale della popolazione di Milano avente un’età dai 20 ai 65 anni è notevolmente superiore a quella per la popolazione italiana in complesso: per ogni 1.000 persone abitanti in Milano quelle dai 21 ai 34 anni risultano 203, cifra poco diversa questa da quella nazionale, che è si 211; le persone dai 35 ai 49 anni sono invece 255 e 205 rispettivamente. Il divario aumenta nei confronti del gruppo di età dai 50 ai 64 anni con 199 su 1.000 persone in Milano contro i 136 in Italia. Tenendo conto di questa diversa composizione per gruppi di età della popolazione di Milano, i dati sui consumi, confrontati con quelli corrispondenti in tutta Italia, stanno ad indicare un tenore di vita notevolmente superiore in Milano a quello, in generale, delle altre città italiane.
Per quanto riguarda i consumi di derrate alimentari, il consumo delle carni risulta in Milano di 48,8 kg per abitante contro una disponibilità annua in Italia pari a kg 17,4 per abitante. Supera così il consumo nel 1938 che era di kg 38,6. Pure un aumento rilevante ha segnato nel 1953-54 il consumo di pollame. Rispetto a una disponibilità annua in Italia di kg 6 di formaggi per abitante, il consumo in Milano è di circa il doppio: kg 12,9. Per i grassi si ha un consumo di kg 22 per abitante in Milano contro una disponibilità media annua in Italia di kg 14,4. Anche per il vino il consumo in Milano è notevolmente maggiore, litri 124 circa per abitante circa rispetto a una disponibilità media annua nazionale di litri 96. Il consumo del latte risulta in Milano pari a litri 55,5 per abitante contro una disponibilità media annua nazionale di litri 47,3. Il consumo di pane risulta invece in diminuzione, mentre aumenta quello del pane condito e dei dolciumi in genere. Il consumo dei generi non alimentari e dei servizi è notevolmente in aumento: quello di energia elettrica per illuminazione privata da Kwh. 82.574.256 nel 1939 è passato a Kwh. 204.928.716 nel 1953 e 224.049.215 nel 1954.
Nel consumo di apparecchi elettrodomestici si è riscontrato un forte aumento, sebbene non si disponga ancora di dati statistici relativi. Negli autoveicoli e motoveicoli in circolazione si ha un aumento annuo di circa il 20%. Gli abbonati alle radioaudizioni, esclusi gli abbonamenti speciali, hanno raggiunto il numero di 354.000, con un aumento di circa 25.000 abbonati l’anno. In forte aumento gli abbonati alla rete telefonica di Milano: da 239.384 a fine 1952 a 281.689 a fine 1953 e a circa 315.000 a fine 1954. Come già accennato, il progressivo miglioramento del tenore di vita della popolazione milanese indicato dai dati di cui sopra costituisce pure un indice importante della situazione economica di Milano, in quanto il miglioramento del tenore di vita è il relazione con l’aumento ella produzione e degli scambi. Un terzo indice sintetico dello sviluppo della città di Milano può essere quello dell’andamento della Fiera Campionaria.
La prima edizione della Fiera (1920) registrò un complesso di 1.233 espositori, di cui 265 stranieri. La superficie coperta dagli stands fu di 15.736 mq. Nel 1923 gli espositori salivano a 2.366, con 713 espositori esteri; la superficie totale coperta risultò di 270.000 mq e quella degli stands di circa mq 35.000 come nell’anno precedente (fig. 1). L’anno seguente, 1924, la Fiera veniva trasferita dai Bastioni Venezia all’attuale sede: la sua superficie investiva 330.840 mq dei quali 49.521 coperti da stands. Alcune imponenti sedi esposizionali erano in muratura e già promettevano più ampi sviluppi a tutto il complesso fieristico al quale il nuovo ambiente conferiva vaste possibilità e maggiore dignità. Il progresso è continuo: a partire dal 1929 viene rilevato il numero dei visitatori; 1.200.000; gli espositori in totale sono 3.807, 1uelli stranieri 687; 79.475 mq la superficie occupata dai padiglioni e dagli stands. Il 1934 registra un afflusso di visitatori di oltre 2.000.000 (2.366.700); gli espositori superano i 5.000 (5.012); gli espositori stranieri sono 1.141; la superficie degli stands sale a 93.025 mq. Il numero maggiore degli espositori dell’anteguerra viene toccato nel 1937 con 5.485 (1.747 stranieri); i visitatori sono 2.267.000.
Il 1938 segna, in confronto all’anno prima, un lieve regresso sia nel numero dei visitatori che in quello degli espositori, nel 1939 i dati rilevati differiscono di poco da quelli del 1938. Il 1940 sente invece l’eco della guerra in Europa, però, ad una diminuzione nel numero degli espositori, che scende a 4.116 in totale mentre gli stranieri si mantengono ad un livello poco inferiore a quello del 1938 con 1.330 unità, la superficie coperta dagli stands sfiora i 100.000 mq (99.168); i visitatori raggiungono il numero massimo dell’anteguerra dopo il 1934: 2.245.000 in confronto a 2.366.700 punta massima raggiunta nel 1934, come si è detto. Poi viene la guerra. La Fiera si mantiene in vita nel 1941 e nel 1942 con successi ancora soddisfacenti e con un numero di visitatori sui 2.000.000. Nel triennio 1943-1945 i battenti della Fiera rimangono chiusi a causa della guerra. Nel 1946 però, ricostruito in gran parte quanto distrutto dai bombardamenti aerei, la Fiera risorge a primavera con un complesso di 2.519 espositori di cui 309 stranieri; 51.000 sono i mq coperti dagli stands e 1.061.800 i visitatori. In quell’epoca la rete ferroviaria era ancora ed i trasporti su strada venivano svolti quasi esclusivamente da autotreni, da mezzi meccanici più o meno improvvisati, dalla trazione animale rimessa in efficienza.
Il miracolo della ripresa viene confermato e sviluppato nel 1947. Il mondo accoglie l’invito di Milano con 1.150 espositori stranieri su un complesso di 5.018 espositori. La superficie degli stands risale a 81.806 mq; i visitatori sono quasi 2 milioni e mezzo (2.490.000). E l’ascesa continua. Il numero massimo degli espositori registrato (1937) viene sfiorato nel 1948 con 5.446 ditte di cui 1.452 straniere. Gli stands superano di oltre 25.000 mq il massimo raggiunto nell’anteguerra (125.000 mq contro 99.168 del 1940). Già il 1949 delinea la corsa alla continua razionale espansione della Fiera di Milano nel mondo con 6.554 espositori in totale (1.858 stranieri); 3.200.000 visitatori (il 1948 ne aveva registrati 3.390.000). L’area totale coperta passa da 330.840 a 334.000 mq con l’acquisto di aree esterne limitrofe. La superficie coperta dagli stands è di 143.000 mq. Il 1952 registra 10.393 espositori (3.570 stranieri) con oltre 4 milioni di visitatori (l’anno precedente 4 milioni e 200 mila). L’area totale occupata sale a 390.000 mq; la superficie netta degli stands risulta di 167.253 mq. Nel 1953 gli espositori sono quasi 11.500, i soli stranieri sono oltre 3.500. I visitatori sfiorano le 4.300.000 unità e la superficie degli stands copre 187.258 mq; i percorsi superano i 50 km (fig. 1).
Nel 1954 si ha infine il massimo numero degli espositori (12.336 in complesso) ed il massimo degli espositori stranieri (3.585). L’area coperta totale raggiunge i 400.000 mq; la superficie netta degli stands interessa 202.400 mq. I visitatori sono oltre 4 milioni. I percorsi raggiungono i 56 chilometri. Le nazioni rappresentate sono 50, delle quali 36 intervenute in mostra ufficiale. Le sezioni merceologiche sono 90 e 950.000 i campioni i merci, il cui peso totale si aggira sulle 29.000 tonnellate. Dei 4.110.000 visitatori, 84.213 provenivano da 109 Paesi e territori diversi: l’80,6% proveniva dall’Europa, il 10,55% dalle Americhe, il 3,5% dall’Asia, il 4,4% dall’Africa, lo 0,96% dall’Oceania. Sul totale delle provenienze americane, il 37,6% era rappresentato da statunitensi ed il 55,3% da sudamericani (figg. 2-3).
Accenneremo ora all’attività edilizia di Milano negli ultimi anni, dando prima uno sguardo alla situazione delle abitazioni. A fine 1951 le abitazioni vere e proprie occupate dalle famiglie in Milano sono risultate in numero di 366.594, suddivise secondo il numero dei locali (esclusi i vani accessori) come alle figg. 4 e 5. La diminuzione percentuale degli alloggi da un locale è da attribuirsi in maggior parte alle distruzioni provocate dalle bombe incendiarie durante la guerra, specie in alcune zone popolari dove esistevano agglomerati di case di vecchia costruzione ed in parte minore alla tendenza dei costruttori verso alloggi da 2 a 6 locali, già in atto prima della guerra, tendenza alla quale si deve attribuire specialmente la diminuzione percentuale degli alloggi da 6 locali e più (fig. 6).
Per quanto riguarda i servizi e più propriamente i servizi igienici si ha il 69,2% contro il 52% nel 1939 di abitazioni che dispongono all’interno di latrina con caduta di acqua; quelle che ne dispongono all’esterno sono il 25,2%; con altro tipo di latrina, nella quasi totalità all’esterno dell’abitazione, risultano del 5,6%. Le abitazioni che non dispongono all’interno di latrina con caduta di acqua sono così suddivise: 76% di abitazioni da 1 locale, 41% da 2 locali e 10% da 3 locali. Gli alloggi che dispongono del bagno sono il 45,5% contro il 23,5% nel 1931; il 26,5% delle abitazioni da 2 locali, 62,6% da 3 locali e l’84,9% da 4 locali, le abitazioni da 5 e più locali dispongono, si può dire tutte, del bagno. Le abitazioni che dispongono di impianto centrale o autonomo sono passate dal 19% nel 1931 al 36,4%. L’impianto di termosifone si riscontra presso il 20,4% delle abitazioni da 2 locali, 45,2% da 3 locali, 64,5% delle abitazioni da 4 locali e l’81,1% di quelle da 5 locali; con l’aumento dei locali che compongono l’abitazione aumenta gradatamente la percentuale di quelle che dispongono di impianto di termosifone.
Il riscaldamento a legna o carbone si trova in prevalenza presso le abitazioni di pochi locali e la percentuale è del 58,4%. Trascurabile è la percentuale di abitazioni con riscaldamento mediante energia elettrica o con radiatori mobili. Le cifre percentuali dalla fig. 7 fanno riferimento alla situazione del 1931 ed a quella a fine 1951 e ripetono ed integrano le cifre di cui alla fig.5.. A fine 1953 è sicuramente aumentata la percentuale delle abitazioni dotate di servizi. Coi dati di cui si dispone si può calcolare che le percentuali delle abitazioni che all’interno di esse dispongono di acqua potabile, dei servizi igienici e del gas siano passate, a fine 1953, a 84,7, 70,4 e 90,4 rispettivamente.
Che l’attività edilizia in Milano sia stata molto forte negli ultimi anni ognuno ha avuto modo senza dubbio di constatarlo de visu, attraverso attraverso le numerose costruzioni ultimate recentemente od in corso, specie alla periferia della città. Basti dire che i locali utili (stanze) costruiti dopo il censimento della popolazione e delle abitazioni, che ha avuto luogo il 4 novembre 1951, si calcolano a circa 110.000, pari all’11% circa dei locali che risultavano alla data del censimento. La percentuale di aumento è superiore, come risulta dal grafico, a quella che nello stesso periodo si è avuta nel numero delle famiglie e nell’ammontare della popolazione. Le nuove costruzioni, pure essendo più numerose nella parte periferica della città, sono frequenti anche nelle località più interne, specie in alcune di esse. Vi sono infatti nuove costruzioni che vengono effettuate nelle zone centrali in attuazione di piani regolatori particolareggiati. Vi sono nuove costruzioni sorte sulle aree che rimanevano ancora disponibili entro i confini della parte fabbricata della città. Vi sono infine le costruzioni, queste ultime, come detto sopra, e più numerose, sorte al di là di tali confini, occupando territori già adibiti ad orti od a prati. Si aggiunge che la percentuale di queste ultime tende progressivamente ad aumentare, stante il ridursi fortemente delle aree disponibili entro i confini della parte fabbricata della città. Quanto sopra trova conferma nelle risultanze che si ottengono prendendo in esame – per le singole zone statistiche nelle quali è ripartito il territorio del Comune – i locali utili (stanze) ad uso abitazione costruiti dopo il censimento 4 novembre 1951 e rapportandoli al numero di quelli allora esistenti nelle zone statistiche stesse.
Dei 110.000 nuovi locali utili (stanze) ad uso abitazione costruiti dopo il censimento del 4 novembre 1951, il 5% di essi si trova nella parte della città compresa entro la ex cerchia dei navigli. Più numerosi nella zona a sud che in quella a nord; il 6% nella parte della città compresa fra la ex cerchia dei navigli e quella che era la linea dei bastioni; più numerosi nelle zone statistiche contraddistinte coi numeri 3 e 6; il 28% nella parte della città compresa fra la sopra accennata linea dei bastioni e la nuova circonvallazione: particolarmente numerosi nella zona statistica contraddistinta col numero 10 dove infatti i locali costruiti dopo il censimento rappresentano l’11% di quelli costruiti in Milano nello stesso periodo di tempo; il 61% si trova nella parte della città che si estende oltre la linea della seconda circonvallazione: particolarmente numerosi nella zona statistica contraddistinta col numero 17 – adiacente a quella sopra accennata contraddistinta col numero 10 – con il 13% circa dei locali costruiti in Milano dopo il censimento.
Se si calcola il rapporto fra i locali costruiti dopo il censimento e quelli allora esistenti, di fronte ad un rapporto di incremento medio per tutta la città pari a circa l’11%, esso risulta del 7% nella zona compresa entro la ex cerchia dei navigli; il rapporto è maggiore nella parte sud, dove infatti – considerando questa separatamente – esso è superiore al 10%. Nella parte della città compresa fra la ex cerchia dei navigli e quella che era la linea dei bastioni, il rapporto dei locali nuovi costruiti dopo il censimento rispetto a quelli allora esistenti è del 5%; se si considerano separatamente le singole zone statistiche, il rapporto è più alto nella zona contraddistinta col numero 3, dove infatti è di circa l’8%, più basso in quella contraddistinta col numero 4 dove non raggiunge il 3%. Nella parte della città compresa fra la linea dei bastioni e la nuova circonvallazione il rapporto fra i locali costruiti dopo il censimento e quelli già esistenti è di circa il 7%; il rapporto risulta di circa il 12% nella zona statistica contraddistinta col numero 10, considerata separatamente, ed appena del 4% in quella contraddistinta col numero 11.
Finalmente nella parte della città che si estende oltre la seconda circonvallazione il rapporto fra i locali nuovi costruiti e quelli già esistenti alla data del censimento è del 15%. Se si considerano separatamente le singole zone statistiche il rapporto è notevolmente diverso da zona a zona: esso è infatti del 16% nella zona contraddistinta col numero 12; del 12% in quella contraddistinta col numero 13, del 10% in quella col numero 14; del 5% in quella col numero 15; del 9% in quella col numero 16; del 23% in quella contraddistinta col numero 17 (la quale si trova esternamente a quella contraddistinta col numero 10 dove pure, come si è accennato in precedenza, i locali nuovi costruiti sono particolarmente numerosi); del 6% nella zona statistica contraddistinta col numero 18. Passando alle zone statistiche più periferiche, rapporti molto alti si hanno in corrispondenza delle zone situate a nord est, a nord e ad ovest: esso risulta infatti di circa il 24% nella zona statistica contraddistinta col numero 21; del 21% in quella contraddistinta col numero 22; del 15% in quella contraddistinta col numero 23 e del 14% in quella col numero 24.
A completamento delle risultanze di cui sopra, si aggiunge che, quantunque lungo quasi tutta la periferia della città si trovino nuove costruzioni, queste però si addensano specialmente lungo determinate direttrici: più importanti fra esse quella rappresentata da via Giambellino e via Lorenteggio; quella delle vie laterali a via Rubens e via Rembrandt fra piazzale Segesta a nord e piazzale Giovanni dalle Bande Nere a sud; quella compresa fra via Gattamelata e via Gallarate da una parte e le Ferrovie Nord dall’altra; quella rappresentata da via Imbonati, via Pellegrino Rossi e via Comasina; quella da viale Zara e viale Fulvio Testi; quella rappresentata dai viali Monza e Padova; quella delle laterali di via Pacini sino oltre la ferrovia; quella compresa fra viale Argonne e viale Corsica e quella rappresentata da corso Lodi e via Marochetti.
Estratto da «Urbanistica» n. 19-20, 1956, numero monografico dedicato al nuovo Piano Regolatore di Milano