C’è vita tra il pianeta A e il pianeta B

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Foto F. Bottini

L’uomo non è di legno, dice un adagio maschilista, che si presta però suo malgrado anche a qualche interpretazione meno cretina. Non è di legno, l’essere umano, perché difficilmente riducibile alle dinamiche di qualsiasi meccanismo, spingi di qui, tira di là, e tutto si mette in moto come di dovere. Intendiamoci: è immensamente utile riuscire anche a isolare certi segmenti della nostra vita quotidiana, certe identificabili scatole spazio-temporali che rispondono in un modo o nell’altro proprio a principi assimilabili alla meccanica. Serve a capire meglio, magari a migliorare la performance, come si usa dire, ma da lì a spiegare tutto ce ne passa, o perlomeno di strada ce n’è ancora tanta da fare. Parlando di strada, si evoca immediatamente il nostro muoverci nello spazio, di solito appunto legato alle varie forme che assume la strada, dalla carreggiata, ai binari, alle gallerie, ponti, piazze, svincoli, marciapiedi.

E pluribus unum: un incubo

Ecco, basta questa molteplicità di significati e forme della strada a intuire quanto di astratto esista nel pensare anche un solo istante alla nostra mobilità come spostamento lineare da un punto all’altro. Quelli che si costruiscono un universo immaginario pensando che muoversi voglia, ad esempio, dire prendere la bici nell’androne di casa e andare a depositarla nell’androne dell’ufficio a un paio di chilometri di distanza, o sono consapevoli di stare in un soggettivo laboratorio di riflessione strumentale, oppure non ci azzeccano proprio. Una ricostruzione del genere ahimè corrisponde invece spesso alla mobilità automobilistica privata, ma solo ed esclusivamente per un motivo: tutto il mondo è stato per decenni pianificato e costruito attorno ad essa, e così davvero quel teorico e meccanico andare da A a B con l’auto assomiglia davvero all’esperienza reale. Ma siccome l’uomo non è di legno e mal si presta a funzionare meccanicamente, succede che provare a ridurre la sua vita a una serie di segmenti lo faccia uscire pazzo.

I can get some satisfaction

In fondo ce lo racconta anche l’aneddotica nazionalpopolare di tutto il mondo da decenni: cosa c’è di più alienante e stressante della tiritera garage-superstrada-parcheggio dell’ufficio, cinque giorni la settimana? E magari il sesto la medesima egira da A a B stavolta per il centro commerciale, e il settimo verso la piazzola di sosta del laghetto pesca trote. E perché? Proprio perché il nostro istinto-necessità di movimento non è quello, e vorrebbe esprimersi in modi diversi, ricchi articolati, esattamente come ci esaspererebbe essere obbligati a mangiare tre pilloline al giorno tutta la vita, invece delle colazioni pranzi spuntini che ci pare e piace. Oltre l’aneddotica nazionalpopolare, adesso abbiamo anche la verifica sistematica di questa (piuttosto inutile e sadica, ci aggiungerei) alienazione imposta dal ridurre i nostri spostamenti al meccanico A-B, cancellando in modo artificioso tutto il mondo che ci sta in mezzo, e a cui abbiamo invece sacrosanto diritto.

Un gruppo di lavoro composto da urbanisti sociologi e geografi ha provato a intervistare un campione significativo di pendolari, per capire il loro livello di soddisfazione nello spostamento quotidiano proprio in rapporto ai modi di spostamento, naturalmente nel quadro generale di una ipotesi di allontanamento “sostenibile” dalla monocoltura automobilistica. Sono stati considerati i movimenti prevalentemente a piedi, in bicicletta, in treno, in autobus, metropolitana e automobile. E ne escono vincenti di gran lunga i metodi “attivi”, ovvero quelli stimolanti, che consentono di fare e pensare, di interagire, ed essere così maggiormente gratificati. Che differenza, ad esempio, la possibilità di leggere o aprire la posta in tranquillità sul treno, rispetto allo stress del messaggino ricevuto mentre si guida nell’ingorgo verso lo svincolo. O il vantaggio di poter prendere una direzione diversa per guardare meglio la fioritura nel parco, rispetto alla calca nel vagone della metropolitana all’ora di punta. Poi sicuramente ci saranno alcuni rovesci della medaglia: ma sono soddisfazioni!

Riferimenti:

Evelyne St-Louis, Kevin Manaugh, Dea van Lierop, Ahmed El-Geneidy,The happy commuter: A comparison of commuter satisfaction across modes, Transportation Research, settembre 2014

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