“Mi sunt minga vert: mi sunt russ!” Col suo eloquio spiccio, una trentina di anni fa il massiccio sindacalista della periferia milanese mi riassumeva la sua posizione su un problema di riqualificazione urbana. Ovvero il lavoro innanzitutto, poi magari proviamo anche a vedere queste faccende cosiddette ambientali che sembrano stare a cuore a certa gente … Presumo che a tutti sia capitato più volte nel tempo di incrociare queste posizioni, sfumate in un senso o nell’altro, e di sperimentare direttamente come e quanto da allora si sia evoluta e diffusa la sensibilità a queste tematiche, senza nulla perdere sull’altro versante, quello sociale of course.
Ma come si ripete sempre, c’è ancora tanta strada da fare: è ormai quasi scontato riflettere sulla qualità di cosa respiriamo, beviamo, mangiamo; e c’è anche la discriminante fra destra e sinistra, perché l’ambientalismo di destra spontaneamente pensa a pochi eletti che raggiungono la cima, e magari poi si trascinano la massa bue, mentre la sinistra vuole l’acqua pulita subito per tutti, il pomodoro biologico a portata di mano di tutti, perché ne hanno diritto … Però.
Però manca ancora qualcosa nell’equazione, ovvero il mitico territorio, inteso nelle varie forme che assume, di filtro per l’acqua di cui sopra che si purifica, di pompa per far crescere il bel pomodoro, e dulcis in fundo di aggeggio variegato sul quale camminiamo, costruiamo e ci scanniamo ogni giorno che passa.
Pensandoci bene, lo diceva già il vecchio profeta Isaia, “Guai a quelli che aggiungono casa a casa, e uniscono campo a campo, fino a occupare ogni spazio, e diventano i soli proprietari in mezzo al paese!”. Ovvero stateci attenti a non consumare tutto il territorio, perché poi sono guai, e soprattutto a non lasciarlo consumare per pura avidità a pochi (Isaia era di sinistra? ma va?).
Però il Verbo pare proprio difficile da declinare, se dopo migliaia di anni siamo ancora qui ad ascoltare le stupidate di qualche intellettuale organico canzonettista o simili. Che dal punto di vista mediatico può avere un impatto paragonabile a quello di Isaia, ma sul resto naviga (insieme a tanta altra opinione pubblica e soprattutto tifosi) in acque sbagliate, portandone, di acque, a mulini ancor più sbagliati.
Quelli che la chiacchierina cultura archistar ha definito in mancanza di meglio superluoghi (per superare l’handicap del non luogo di Auge) provocano un bel casino ormai da tanto tempo, e rischiano di provocarne ancora di più. Casino in termini di disagi, congestione, degrado dei quartieri ridotti a parcheggi, e casino nel senso più stretto dei decibel, prodotto non più solo dai boati della folla, ma anche dagli amplificatori degli eventi e concerti che i grandi luoghi di raduno umano in forma di massa consumatrice di qualcosa sempre più offrono, con continuità nel tempo. Sport, concerti, eventi, raduni, tutto buono per evocare metri cubi griffati e attrezzati, ma ci si pensa sul serio, a cosa succede, sempre, concentrando qualcosa del genere?
Accade che parta dal punto di vista edilizio e mediatico l’ennesima manovra di accerchiamento per “unire casa a casa, campo a campo …” ovvero metaforicamente un ulteriore assalto all’arma bianca a qualche altro dimenticato brano della Bibbia, ad esempio quello che dice “Essi avranno le città per abitarvi e il contado servirà per il loro bestiame, per i loro beni e per tutti i loro animali … si estenderà per lo spazio di mille cubiti fuori dalle mura della città tutt’intorno” (Numeri, 35:4). In altre parole, basta andare con lo stadio un po’ lontano dalla città, ovvero costruirne uno nuovo su quei campi, e portarsi via tutto il rumore e il fastidio, no? Tanto i campi non servono più, e in fondo anche nello stadio c’è un bel prato.
E poi dai! Ma quanto misuravano in realtà quei “cubiti” della Bibbia? Qui ci vuole precisione tecnica. Facciamo un bel convegno sul tema, finanziato dall’associazione costruttori, dal sindacato cantanti e dagli ultras del calcio!
Insomma ci risiamo. Qualcuno prova l’ennesimo colpaccio, ovvero speculare in città sulle aree del grande stadio e ampi dintorni, e anche sui “mille cubiti fuori dalle mura della città tutt’intorno” di biblica memoria. E per farlo coinvolge l’ennesimo pensoso intellettuale, pure di sinistra, che però inconsapevolmente rivela quanta poca strada si sia fatta in tanti anni nel diffondere cultura e consapevolezza.
A modo suo, e con parole più raffinate, l’intellettualato canzonettaro e tifoso ci sta dichiarando: “Mi sunt minga vert: mi sunt progressista e modern”. Qualcuno glie lo spiega, di informarsi meglio prima di far pubblicità gratis ai palazzinari?