Secondo la manualistica ufficiale, la superficie minima necessaria per realizzare un nuovo quartiere residenziale è di circa venti ettari per mille abitanti. Ciò comprende gli esercizi di vicinato, scuole dell’obbligo, chiesa, edifici pubblici per servizi, strade, parcheggi. Si tratta di una base minima, con una densità di circa 80 abitanti ettaro, che però con una adeguata composizione spaziale e di tipi edilizi può scendere molto facilmente a poco più di 60. Spazi aperti a un minino di 3 ettari circa ogni 1.000 abitanti, ma più probabilmente si salirà ai 4 ettari. Consigliamo nei calcoli preliminari per l’area urbana nel suo complesso di prevederne 20-30 ettari ogni 1.000 persone, comprendenti anche le superfici per le scuole superiori.
Densità generale
Se sommiamo le superfici per tre zone omogenee urbane, secondo quanto indicato con 10.000 abitanti abbiamo da 270 a 300 ettari, ovvero una densità territoriale di 37 o 32 persone, e quindi fissiamo in 37 persone ettaro il massimo possibile. Ma è quasi certo che ci saranno superfici ancora disponibili da qualche parte della città, che si tratti di ferrovia, o corsi d’acqua, boschi o pendii magari bellissimi ma certo non utilizzabili come campi da gioco. Ma in una new town può anche darsi che la domanda di spazi per la ricreazione superi il limite massimo che abbiamo supposto, di 4 ettari ogni mille persone, da qui la preferenza per una densità di popolazione più vicina al limite inferiore di 32 abitanti ettaro che a quello superiore di 37.
Planimetrie e organizzazione
Nell’organizzazione di qualunque area della città occorre confrontarsi innanzitutto coi limiti spaziali ed economici, per quanto riguarda sia le funzioni da introdurre, alcune idee d’uso, o considerazioni estetiche. Quindi lo studio della planimetria e della distribuzione per zone omogenee, deve essere affrontato come lavoro di gruppo. Mentre la tendenza man mano si scende di scala è quella di far progettare lo spazio a un solo tecnico. I destinatari finali abitanti o esercenti, proprietari o inquilini, propendono sempre per una certa individualità di ambienti o alloggi, pur in linea di principio concordando sulla necessitò di un tutto armonico, e si tratta di un aspetto da non trascurare. Ciascuna parte della trasformazione deve essere attentamente valutata per sfruttare le occasioni offerte dal luogo, conferire identità e varietà, entro un tutto armonioso. Una certa standardizzazione e unitarietà può risultare inevitabile, specie per i quartieri residenziali; ma anche il desiderio di individualità può trovare risposta lavorando intelligentemente sui progetti e il verde. Troppa varietà può anche sconcertare, e se certo l’uniformità è inaccettabile, la medesima armonia di insieme si può ottenere attraverso stili, materiali, organizzazione degli edifici e delle altezze. Un giusto equilibrio fra unitarietà e individualità richiede attente considerazioni, sia estetiche che pratiche.
Se si deve tener massimo conto degli orientamenti dell’utenza, dovrebbe bastare una diversificazione della domanda, a offrire ampia occasione per i progettisti. Si può rendere architettonicamente interessante una composizione di edifici residenziali accostandone di diversi tipi, a schiera, in linea, a più piani. Sono possibili innumerevoli combinazioni, in genere anche in rapporto alle particolarità naturali del sito, e il sistema delle vie sarà influenzato dal tipo di composizione scelto. Il verde può essere distribuito in varie forme e dimensioni. Gli edifici di norma saranno arretrati sia rispetto alle strade che ai percorsi pedonali, ma gli affacci possono essere organizzati sia a verde sul fronte che a corte aperta, che in modalità intermedie; vanno valutate le preferenze dei destinatari, residenti ed esercenti, oltre alle possibilità di chi farà servizi come la consegna della posta o simili di accedere facilmente. Sarà utile consultare esperti di gestione e manutenzione.
Le arterie principali della città, specie se mantenute libere da affacci, insieme ad altri caratteri fisici dei luoghi contribuiscono a organizzare l’insieme per parti residenziali o quartieri abbastanza definiti. Un effetto simile hanno poi le localizzazioni delle scuole, dei nuclei di negozi, chiese, bar e luoghi di incontro. L’unità di vicinato costituisce un concetto naturale e utile, anche se non la si deve pensare come autosufficiente, un luogo a cui gli abitanti possano sentire di appartenere più che alla città nel suo insieme. Per molte finalità culturali e sociali si guarderà al centro principale, vero spazio civico. Non è possibile fissare una dimensione ideale dei quartieri, né una loro indicativa forma. A sostenere un nucleo commerciale di piccole dimensioni, e corrispondente a una scuola elementare, si ritiene indicativa la quantità di 10.000 abitanti, soggetta ad ampie oscillazioni. In ciascuno dei quartieri ci sarà un centro, con negozi, servizi, spazi di incontro e riunione. Ci saranno anche altri luoghi più sparsi di servizio nel quartiere. Non si ritiene utile specificare quali tipi di edifici debbano essere presenti, né dove collocarli. Certo vanno riservati degli spazi per costruirli, ma scopi e caratteri dipendono dai bisogni specifici.
Controlli sulla progettazione
Occorre introdurre preventivamente la necessità che l’agenzia responsabile approvi localizzazioni, prospetti, materiali degli edifici, sia nuovi, che ampliamenti, che accessori come le recinzioni. Per alcuni spazi aperti si deve garantire la conservazione. Tutto oltre ai normali regolamenti edilizi. Non si deve trattare di un controllo rigido, ma insieme attento e flessibile. Bisogna evitare progetti dozzinali, o che contrastino l’uno con l’altro, e collaborare tra committenza e costruttori. Ci sono opinioni diverse su cosa possa essere più adeguato, e ci saranno divergenze sul genere di particolarità, che può spiccare troppo rispetto all’armonia generale unitaria. Le decisioni dell’ente di controllo devono comunque basarsi sulle indicazioni di un solo consulente, perché si tratta di valutazioni di gusto, impossibili in una logica di gruppo. Può svolgere questa funzione l’architetto capo dell’ente, visto che gli edifici poi si devono collocare nel quadro generale, che comprende anche aspetti analoghi. Si parla anche spesso della possibilità di incaricare un architetto o gruppi di architetti esterni, ma visto che si tratterebbe di persone non interne al lavoro di gruppo per la nuova città, si teme un approccio solo negativo: magari efficace negli aspetti peggiori dei progetti di trasformazione edilizia, ma di scarso contributo in quelli positivi di concezione a scala di quartiere o urbana. Lo stesso architetto capo dell’ente può contare eventualmente sui consigli della Royal Fine Arts Commission per le opere più importanti, ma va tenuto conto che rivolgersi a entità esterne, singole o di gruppo, rende poi più difficile applicare idee innovative alla città nel suo insieme. Infine anche l’opinione dell’architetto capo può essere scavalcata da quella dell’ente, per motivi di ordine finanziario o altro.
Sta all’ente assicurarsi la collaborazione dei migliori architetti nelle varie fasi di realizzazione della new town. Nel centro principale o negli altri secondari eventuali, si può presentare l’esigenza di una certa unità architettonica, e il modo migliore per realizzarla è di incaricare un solo professionista o gruppo del progetto di insieme, sempre sotto il controllo dell’architetto capo dell’ente. Un metodo alternativo è che il progetto di massima esterno del complesso venga delineato dall’ufficio dell’architetto capo, mentre poi per i singoli edifici si proceda agli incarichi ad altri architetti, ciascuno dei quali possa entro certi limiti interpretare il tema. Esistono varie scuole di pensiero riguardo ai principi di architettura, e l’ente deve tenerlo presente anche nella scelta dell’architetto capo. Non tutti sono disponibili a riconoscere meriti a una scuola che non è la propria, e questo può influenzare le scelte. Di conseguenza in generale pare poco ragionevole insistere su particolari caratteri architettonici a scala urbana, per quanto lo si ritenga auspicabile. Anche se è ovvio che due stili in forte conflitto, pur ciascuno dotato di propri valori, non si possono ricomporre facilmente nella medesima via o complesso. Così si comprende l’influenza fondamentale dell’architetto capo e delle sue capacità nel risultato finale.
da: Final report of the New Towns Committee, Her Majesty’s Stationery Office, Londra 1946 – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini