Il movimento del Tea Party ha fatto un bel colpo elettorale nelle ultime elezioni Usa. Ma pensiamo come il 30% dei suoi sostenitori sia convinto che il Presidente Obama è nato fuori dal paese, e quindi non abbia diritto di esserne presidente, mentre solo il 12% ritiene che il riscaldamento globale sia un problema grave.
Negli Usa, le convinzioni anti-ambientaliste hanno molto spazio a destra, dove si ritiene che qualunque azione sul cambiamento climatico sia un segnale di indebita interferenza pubblica nella sfera delle decisioni individuali, “big government“. Un punto di vista che si considera “conservatore”, ma che conservatore non è affatto.
In realtà il pensiero conservatore è una ricca fonte di argomentazioni a favore della tutela dell’ambiente e per affrontare il cambiamento climatico. E vorrei sostenere qui che la stessa eredità filosofica e politica dell’ambientalismo sia sostanzialmente conservatrice, non radicale. Se l’azione necessaria ad aumentare la nostra sicurezza e quella delle generazioni future può oggi apparire di stampo radicale, si tratta solo di un puro riflesso, di quanto noi si sia perso il contatto con questa tradizione conservatrice.
La destra Usa ha abbandonato questa tradizione. Che pare invece avere un risveglio grazie agli esponenti Conservatori britannici. Essere il “governo più verde di tutti i tempi” forse può contrastare col credo dei conservatori. Ma la sfida della salvezza del pianeta è difficile da porre in termini adeguati per la destra o il centrodestra.
Il buon governo da sempre si pone il problema di migliorare la qualità della vita dei cittadini e le loro prospettive future. La responsabilità di tutelare le risorse ereditate è un aspetto dell’essere conservatori più spesso legato a cose come istituzioni politiche, religiose, cultura, finanza. Ma i medesimi principi si possono applicare anche all’ambiente.
Il grande padre del pensiero politico conservatore contemporaneo, Edmund Burke, lo spiega così: siamo “possessori temporanei di una rendita di vita” in questo mondo, e abbiamo l’obbligo morale di non scialacquare l’eredità della natura, a meno di “lasciare a chi verrà dopo di noi … solo delle macerie anziché una casa”. Rispetto del passato e responsabilità per le generazioni future significano dovere di conservare le nostre risorse e proteggere l’ambiente.
Le azioni necessarie a proteggere il futuro hanno anche vantaggi più immediati. Favoriscono la sicurezza nazionale. Passare a fonti energetiche rinnovabili e decentrate rende la Gran Bretagna meno dipendente da importazioni dall’estero e meno soggetta alle fluttuazioni dei mercati energetici. Un tipo di autosufficienza che certamente piace ai conservatori.
Andare verso fonti energetiche più verdi significa anche più occasioni per le imprese. Quest’anno, per la prima volta, gli investimenti nelle energie rinnovabili hanno superato quelli nelle tradizionali. La nostra competitività economica dipende dalla capacità di essere all’avanguardia nelle tecnologie ambientali. É quello il percorso per lo sviluppo.
Da secoli la spinta politica è orientata principalmente all’aumento del livello di vita delle persone, e soprattutto ai suoi aspetti materiali. Siamo oggi arrivati a un punto storico in cui non è più possibile una prospettiva di vita tanto angusta. Migliorare la qualità della vita delle persone è tutt’uno cn la tutela dell’ambiente. Obiettivo che comprende non solo difenderci da minacce globali come il cambiamento climatico, ma anche rendersi la responsabilità di aspetti più locali, come le inondazioni, o i graffiti, o la gestione dei rifiuti.
Un approccio conservatore alla tutela dell’ambiente comprende anche unire i principi di responsabilità, tutela, sicurezza, alla centralità della dimensione locale. Significa controllare i nostri spazi verdi, la qualità dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo, della terra su cui abitiamo e lavoriamo. É l’ambiente che percepiscono le persone, che sperimentano ogni giorno, di cui discutono, che amano o odiano: comunque, ciò che rappresenta il contesto immediato delle nostre vite.
L’ambiente locale influenza il modo in cui viviamo, il rispetto – se ne abbiamo – per la comunità. Non a caso è proprio la comunità al centro del progetto di quella che David Cameron definisce “big society”. Non si tratta semplicemente di far impegnare le persone nella gestione delle questioni locali, ma di tutto quanto si trasforma quando ciò avviene.
E tutto questo scaturisce da quanto possiamo chiamare valori conservatori tradizionali.
Che però potranno svilupparsi solo se l’azione governativa sull’ambiente mantiene un legame con le aspettative della popolazione. La gente vuole cose per sé, una esistenza migliore. E l’obiettivo delle politiche deve essere di spingerli a farlo in modo attento all’ambiente. Ovvero, si avrà progresso solo da soluzioni in grado di orientare il mercato, sostenendo, non obbligando, a fare la cosa giusta.
Riconoscere la necessità di un orientamento politico, significa anche respingere decisioni in stile persecutorio, che non faranno nulla per cambiare le cose e anzi allontaneranno la gente. Dobbiamo confrontarci con le sfumature della natura umana.
Conservare il patrimonio naturale, le bellezze del paesaggio, l’ambiente della campagna; promuovere la giustizia sociale attraverso gli interventi sulle città e l’energia da fonti pulite; migliorare la salute, la sicurezza nazionale, la competitività economica: tutte sfide che richiederanno di agire, sia in Gran Bretagna che negli Usa.
Ma finché non verranno proposte nel linguaggio spontaneo dei conservatori, non si faranno molti progressi. Se il Tea Party riflettesse sull’ambiente da un autentico punto di vista conservatore, magari la cosa potrebbe anche fargli un gran bene.
da: The Guardian, 11 novembre 2010 – Titolo originale: Why environmentalism is a conservative concern – Traduzione di Fabrizio Bottini