Il modello tedesco
I tratti più rilevanti delle politiche di contenimento delle aree urbane in Germania sono il loro forte orientamento quantitativo, basato su un’eccezionale statistica storica del fenomeno, la loro sostanziale condivisione da parte di tutti gli schieramenti politici e l’approccio intersettoriale che caratterizza le strategie adottate.
Come molte delle politiche legate all’ambiente e allo sviluppo urbano, anche la regolazione degli usi del suolo si configura, in Germania, come una politica sostanzialmente condivisa da tutti gli schieramenti. Affonda le radici in due tradizioni di pensiero e fa capo a due filoni legislativi diversi. Il primo è strettamente legato alla tutela dell’ambiente in quanto risorsa “a prescindere”, mentre il secondo si basa sul principio di responsabilità intergenerazionale insito nella teoria dello sviluppo sostenibile. Mentre l’approccio basato sulla tutela ambientale, rivisto e aggiornato dal principio di precauzione, serve ad argomentare la riduzione tout-court dell’erosione di spazio rurale e naturale, l’ottica dello sviluppo sostenibile aiuta a inquadrare le ricadute di un uso oculato dei suoli all’interno del sistema economico e sociale. Se da un lato si sottolineano i benefici per gli ecosistemi e i paesaggi, dall’altro si reclama la necessità di svincolare lo sviluppo economico da quello urbano che, in ultima analisi, aumenterebbe anche la qualità di vita nelle città.
In Germania, il tema dell’occupazione di suolo a fini urbani è entrato da alcuni lustri nell’agenda politica sia del governo federale, sia degli enti locali. La necessità di invertire la tendenza di sottrazione di suolo al territorio aperto e rurale è stata riconosciuta per la prima volta dal governo tedesco nel 1985 nell’ambito della formulazione dei principi di tutela del suolo. Successivamente, il programma di politica ambientale promosso nel 1998 dall’allora ministro per l’ambiente Angela Merkel (CDU) si era posto l’obbiettivo di disgiungere in modo duraturo lo sviluppo economico dall’occupazione di suolo e poneva per la prima volta un obiettivo quantitativo di riduzione dell’occupazione di suolo a fini urbani. Fu allora fissata la soglia di 30 ettari al giorno, pari a circa un quarto della tendenza in atto in quel momento (129 ha/giorno nel 2000), alla quale limitare l’aumento di aree per insediamenti e mobilità a entro il 2020. In termini di occupazione di suolo urbano per abitante e giorno, significa quota 1,3 mq.
L’obiettivo dei 30 ettari al giorno è stato ripreso dal governo rosso-verde all’interno della propria strategia per uno sviluppo sostenibile1. Nonostante si trattasse di un obiettivo piuttosto impegnativo, il Consiglio degli esperti per le problematiche ambientali lo considerava soltanto una meta intermedia e si era espresso a favore della crescita zero nel lungo periodo. Una posizione simile hanno assunto anche altri organi istituzionali (Enquete-Kommission e Rat für nachhaltige Entwicklung), nonché le associazioni ambientaliste BUND, DNR e NABU.
In un clima di sostanziale accordo sull’obiettivo da raggiungere, la riduzione del consumo di suolo, appunto, il dibattito verteva in primo luogo sull’opportunità o meno di stabilire un tetto quantitativo.
Chi era contrario, argomentava con l’impossibilità di giustificare un obiettivo quantitativo sia scientificamente, sia politicamente. Più importante sarebbe stata, dunque, la messa a punto di opportuni strumenti per forgiare “un’economia di rotazione delle aree”: ogni nuova occupazione di suolo dovrebbe essere compensata dalla naturalizzazione di una superficie equivalente.
Altri, invece, si espressero a favore di un obiettivo quantitativo. Secondo il governo di Baden-Württemberg per esempio, la scelta di un obiettivo concreto, anche se non scientificamente incontrovertibile, è comunque importante proprio per la scarsa incidenza di mere dichiarazioni programmatiche2.
La profonda presa di coscienza da parte della politica e delle amministrazioni pubbliche delle dinamiche dell’occupazione di suolo per fini urbani è testimoniato dalle statistiche ufficiali, le quali, in Germania, illustrano con grande accuratezza lo stato attuale e la tendenza storica.
Secondo i dati forniti dall’ufficio statistico federale, la superficie per insediamenti e mobilità è aumentata in Germania nel 2003 di circa 341 km2, pari a 93 ettari al giorno. Nel periodo 1997-2000 si registravano ancora 129 ha/giorno, nel 2001 117 ha/giorno e nel 2002 ancora 105 ha/giorno. Rispetto al valore massimo di 131 ha/giorno a metà degli anni Novanta, nell’arco di tre anni l’occupazione di suolo per fini urbani si è dunque ridotta di quasi un terzo. Anche se non è ancora chiaro se tale flessione sia di carattere strutturale o semplicemente connessa al ciclo economico, è comunque di buon auspicio per le politiche urbanistiche intraprese.
Alla fine del 2003, la superficie insediata complessiva misurava 45.090 km2, pari al 12,6% dell’intero territorio nazionale. Il territorio rurale occupa ancora oltre la metà dei suoli ma, come le aree insediate, anche quelle silvo-pastorali sono in continuo aumento a scapito delle aree agricole.
Mentre la dinamica di urbanizzazione presenta notevoli differenze regionali, apparentemente non legati alle differenze fra Est e Ovest, i valori dello stato di fatto descrivono due realtà molto diverse. Nella Germania dell’Ovest, le aree urbanizzate superano il 14% del territorio complessivo, mentre a Est raggiungono appena il 9%. In rapporto alla popolazione insediata, però, è l’ex Germania dell’Est a presentare valori decisamente più alti. Il consumo di suolo è pari a oltre 720 mq/abitante, quasi il 50% in più della Germania dell’Ovest, dove il consumo supera appena i 500 mq/abitante.
Oltre al dato complessivo, le statistiche ufficiali permettono anche una valutazione della dinamica delle diverse tipologie di usi urbani. Le categorie rilevate sono: le aree edificate e le loro pertinenze; le aree per le infrastrutture della mobilità; le aree produttive (a esclusione delle aree di scavo); le aree per la ricreazione e lo sport; le aree cimiteriali.
L’analisi della dinamica delle singole categorie dimostra come la recente flessione nell’espansione sia dovuta soprattutto a una minore crescita delle aree edificate. Nel 2003, questa componente è cresciuta infatti soltanto dello 0,6%, pari a 138 km2. Tranne a Bremen e Hamburg, in tutti gli altri Länder la crescita di aree per insediamenti è inferiore nel 2003, rispetto al 2002; inoltre, rispetto al 1997-2000 tale crescita si è addirittura dimezzata.
Emerge, inoltre, la domanda costante di aree per la mobilità, mentre risalta l’incremento di aree per la ricreazione. Secondo l’ufficio statistico federale si tratta però in parte di un errore statistico, dovuto all’allineamento del catasto nei nuovi Länder. Inoltre si registra la destinazione ad area di ricreazione di notevoli superfici provenienti dalle attività minerarie dismesse.
Con l’obiettivo dei 30 ettari al giorno, l’approccio tedesco al contenimento urbano si qualifica come fortemente quantitativo. Concetti chiave come città compatta, accorpamento di infrastrutture, aree di compensazione naturale e riconduzione alla naturalità fanno parte di questo orientamento. Lo scopo dichiarato nella strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile è la minimizzazione della diffusione urbana e della segmentazione dei paesaggi naturali, nonché l’arresto della riduzione di spazi rurali e silvo-pastorali.3
Nella strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile non è delineato un compiuto programma di azioni. Vengono però descritti dettagliatamente i principi sui quali esso deve basarsi:
- le scelte di nuova occupazione di aree devono essere sostenute da un quadro attendibile dei costi economici e sociali;
- gli strumenti economici e fiscali possono completare quelli della pianificazione urbanistica e territoriale aumentando notevolmente l’efficacia dell’azione;
- è necessario rafforzare gli strumenti della pianificazione urbanistica e territoriale nonché promuovere la cooperazione fra enti locali;
- il dialogo fra gli attori deve essere incentivato e sostenuto anche tramite la promozione di progetti pilota.
Al legislatore è però chiaro l’intreccio complesso di esigenze ecologiche, economiche e sociali dal quale è accompagnata ogni azione di riduzione di occupazione di suolo. Oltre alla molteplicità di attori responsabili della progressiva erosione di suoli agricoli e naturali, la principale difficoltà nel raggiungere l’obiettivo di 30 ettari al giorno sta proprio nella necessità di mediare fra gli obiettivi dell’ecologia, dello sviluppo economico e della predisposizione dello spazio abitativo necessario. Proprio per questo motivo, argomenta il governo tedesco, risulta necessario slegare il fenomeno dell’occupazione di suolo da quello dello sviluppo economico4.
Le politiche contro il progressivo consumo di suolo fanno ricorso a una vasta gamma di strumenti diversi. Con la “clausola della tutela del suolo” introdotta nel 2004 nel codice dell’edilizia e dell’urbanistica è stato riportato all’interno della legislazione urbanistica l’indirizzo di uso parsimonioso di suolo, favorendo in primo luogo lo sviluppo interno degli insediamenti. Per quanto riguarda, invece, il territorio rurale e aperto, è stato introdotto su scala nazionale il principio della demolizione dei manufatti non più utilizzati. In Italia, soltanto nella recentissima legge di governo del territorio della regione Toscana si trova una simile disposizione.
Oltre agli strumenti di esclusiva natura giuridica, sono allo studio strumenti di carattere economico e fiscale per orientare gli usi del suolo. Ciò riguarda da un lato le politiche per la casa, orientate con maggiore attenzione al patrimonio esistente e al recupero delle aree dismesse. Dall’altro lato, si tratta di riformare la fiscalità generale sostenendo con una diversa tassazione la riduzione dell’occupazione di aree.
In ultima analisi, però, è proprio la definizione di un obiettivo quantitativo a forgiare l’efficacia di queste politiche. La definizione di un obiettivo concreto apre a forme di gestione comunale e di cooperazione intercomunale, con la possibilità del monitoraggio degli effetti ottenuti.
Considerata la dinamica attuale dell’occupazione di suolo in Germania – pari, come si è detto, a oltre 120 ha al giorno nel 2000 – l’obiettivo dei 30 ettari al giorno ne determina una riduzione di tre quarti. Se il fabbisogno di spazi dovesse rimanere invariato, ciò significherebbe che tre quarti delle funzioni urbane che oggi vengono realizzate nel territorio aperto dovranno essere localizzate in aree già urbanizzate. Nello sviluppo urbano futuro, il rapporto fra trasformazione ed espansione dovrà essere uguale a 3:1. È un obiettivo coraggioso, ma la strategia tedesca non si ferma qui. L’obiettivo di lungo periodo è un’economia di ricircolo delle aree già urbanizzate, senza dover ricorrere a ulteriori erosioni di spazi rurali e naturali. E’ evidente che questa formulazione ha un forte carattere utopico. Essa è però ben supportata da una coerente strategia d’azione dal livello del Bund, ai Länder fino ai singoli comuni.
Fine della terza parte. Da: AA.VV, No Sprawl: Perché è necessario controllare la dispersione urbana e il consumo del suolo, a cura di Maria Cristina Gibelli e Edoardo Salzano, Alinea, Firenze 2006 – Le puntate precedenti cliccando sul tag dell’Autore George Josef Frisch a piè di pagina
1 Bundesregierung (2002), Perspektiven für Deutschland. Unsere Strategie für eine nachhaltige Entwicklung, Deutscher Bundestag, Drucksache 15/4100, 17 April, Berlin, p.99.
2 Fra i documenti che spiegano le diverse posizioni si citano: SRU, Rat von Sachverständigen für Umweltfragen (2000), Umweltgutachten 2000. Schritte ins nächste Jahrtausend, Stuttgart; Enquete-Kommission (1998), Schutz des Menschen und der Umwelt: Ziele und Rahmenbedingungen einer nachhaltig zukunftsverträglichen Entwicklung. Konzept Nachhaltigkeit: vom Leitbild zur Umsetzung, Abschlussbericht, Deutscher Bundestag, Drucksache 13/11200, Bonn; RNE, Rat für nachhaltige Entwicklung (2004), Mehr Wert für die Fläche. Das „Ziel-30-ha“ für die Nachhaltigkeit in Stadt und Land. Empfehlungen des Rates für nachhaltige Entwicklung an die Bundesregierung, Texte n. 11, Juli, Berlin; BUND, Bund für Umwelt und Naturschutz (2004), Boden gut machen! Vom Flächenverbrauch zum Flächenkreislauf, Positionspapier; NABU, Naturschutzbund Deutschland (2004), Innenentwicklung versus Grün in der Stadt? Landschaftsverlust durch Siedlungs- und Verkehrsflächen, Bonn; NBBW, Nachhaltigkeitsbeirat der Landesregierung Baden-Württemberg (2004), Neue Wege zu einem nachhaltigen Flächenmanagement in Baden-Württemberg, Sondergutachten, Stuttgart.
3 Bundesregierung (2004), Perspektiven für Deutschland. Unsere Strategie für eine nachhaltige Entwicklung. Fortschrittsbericht 2004, Deutscher Bundestag, Drucksache 15/4100, 27 Oktober, Berlin, pp. 116-127.
4 Secondo il Rapporto sulla tutela dei suoli (Bundeskabinett, 19 giugno 2002), la diminuzione del consumo di aree negli anni Settanta e Ottanta, in un periodo, dunque, tendenzialmente di crescita economica, testimonia che questo sia possibile. “E’ già stato possibile slegare l’utilizzo di aree insediative dallo sviluppo economico”, p.15.