Come cambiano le sorti dei grandi carnivori europei. Dopo migliaia di anni di persecuzioni che hanno portato alla totale scomparsa delle tigri dai denti a sciabola, delle iene, dei leoni delle caverne, in anni più recenti si è assistito a un grande ritorno dei sopravvissuti in tutto il continente. Orsi, lupi, linci, ghiottoni, crescono esponenzialmente man mano si attuano le misure di conservazione decise decenni or sono. Oggi in Europa vivono 20.500 orsi bruni, con una crescita del 17% dal 2016, e poi 9.400 linci euro-asiatiche, 12% in più. Sul continente 1.300 ghiottoni, più 16%, mentre la popolazione dei lupi fa un balzo di ben il 35% fino a 23.000. Il record appartiene comunque allo sciacallo, concentrato nelle zone meridionali: dal 2016 è cresciuto del 46% fino a raggiungere le 150.000 unità.
Animali un tempo cacciati come dannosi per trasformare i loro territori all’agricoltura oggi ritornano. L’ululato del lupo, il bramito dell’orso, il rumore delle zampe tra foreste e pianure, si fanno ancora sentire in tutta Europa. La ripresa più straordinaria di un antico carnivoro pare quella della lince iberica Lynx pardinus. Restavano meno di un centinaio di esemplari di questo predatore solo un quarto di secolo fa, confinati a un piccolo territorio della Spagna meridionale. Lynx pardinus, più piccola di quella euro-asiatica, era il felino più a rischio del pianeta. Oggi da «quasi estinta» si riclassifica come semplicemente «vulnerabile» dopo quella crescita straordinaria. Ma ci sono volute decisioni e azioni politiche di non poco conto, come l’introduzione in Andalusía del divieto di collocare trappole come facevano i proprietari dei terreni; poi convincenti campagne per indurre anche dentro le riserve di caccia qualche rispetto in più per la specie, nonché un investimento di 33 milioni di euro a finanziare il programma di conservazione. A cui sono seguiti altri programmi e fondi soprattutto dell’Unione Europea per allargare il ripopolamento della lince in altre zone di Spagna e Portogallo.
Una vicenda che colpisce, anche positivamente, ma solleva questioni controverse che si discutono alla Conferenza sulla Biodiversità di Roma questa settimana. Come potrà convivere l’Europa con tutta questa popolazione in crescita di lupi, orsi, linci? Come è possibile indennizzare adeguatamente chi viene colpito dagli attacchi dei predatori a greggi di capre o renne? E chi deve farsi carico di questi indennizzi? Domande essenziali, perché il ritorno dei predatori può anche entusiasmare qualcuno, ma rischia di riaccendere aspre battaglie tra conservazionisti e popolazioni locali. Due anni fa i cacciatori hanno ucciso 54 lupi in una spedizione in Svezia, sollevando le furie dei conservazionisti, ma anche l’approvazione di contadini e allevatori locali che li considerano un pericolo per la propria vita e attività. Però come si è domandato qualche ricercatore alla conferenza romana sulla biodiversità: chi è più locale di qualcun altro?
Gli studiosi, guidati da Hanna Pettersson del Leverhulme Centre for Anthropocene Biodiversity all’università di York, sostengono come non sia affatto scontato decidere a chi appartenga il territorio in Europa, e che ciò sta producendo «l’introduzione di strategie ingiuste per rapportarsi coi carnivori». È un problema specificamente europeo. In altre parti del mondo le popolazioni indigene hanno particolari diritti e tutele, ma in Europa esiste una sola popolazione indigena: i Sami che abitano zone a cavallo tra Svezia, Norvegia, Finlandia e Russia. «Nel resto del continente i locali sono praticamente tutti coloro che non vogliono capire come e con chi sviluppare meccanismi di coesistenza». Pettersson e i suoi colleghi hanno scritto la propria opinione in un saggio appena pubblicato da People and Nature.
Le emergenze più problematiche per i carnivori oggi sono la diffusione di orsi nei Pirenei, lupi in Italia e ghiottoni in Scandinavia. «Il punto è che dovremo cambiare totalmente metodi – continua Pettersson – in passato potevamo anche convivere con quantità di predatori ma risultava perfettamente accettabile anche controllarli con la paura e la violenza. Oggi è impossibile. Non si può semplicemente andare a sparare a un orso o a un lupo senza rischiare una sanzione o addirittura l’arresto. Occorre sviluppare strategie articolate coinvolgendo le popolazioni locali a orientarci nelle scelte migliori nel rapporto coi carnivori in certe aree, per far sì che il loro ritorno in Europa sia sostenibile». Se si gestiscono male i danni causati dai predatori arriveremo a inutili e controproducenti campagne di abbattimento, mentre il semplice sottovalutare i problemi significa imporre scelte dall’alto alle popolazioni locali e mancare gli indennizzi del tutto indispensabili ai danni. «Si devono unire conoscenze scientifiche e questioni locali. Proprio ciò che adesso non si fa mai».
da: The Guardian, 23 febbraio 2025; Titolo originale: Europe’s big carnivores are on the rise – but can we live with bears next door? Traduzione di Fabrizio Bottini