Copenhagenize: spunti teorico-pratici per il ciclismo urbano

foto F. Bottini

Copenhagenize è uno studio che collabora con le amministrazioni locali a migliorare le strutture per la ciclabilità. Fondato a Copenhagen, da cui trae cultura ed esperienze, ma oggi con sedi a Barcelona, Montreal, Bruxelles. Tra le cose principali che ci può insegnare in particolare l’esperienza di Copenhagen c’è che il ciclismo è per tutti, non solo per i più sportivi in tuta aderente e mezzi tecnologici, e che la maggior parte delle persone preferisce non indossare il casco. Se il ciclismo e le sue pratiche sono così diffuse anche le infrastrutture dedicate sono migliori e le persone si sentono sicure. Ma la cosa che colpisce di più girando in bicicletta per Copenhagen, oltre le strutture, sono i comportamenti. E vale sia per gli automobilisti che per i ciclisti che per i pedoni. Ed ecco probabilmente il problema principale per tutte le altre città, alcune in particolare molto esplicitamente ostili al ciclista. Mentre sarebbe assai più adeguato se anche chi guida un veicolo sia stato o comunque capisca e condivida i comportamenti del ciclista e i due si rispettino vicendevolmente.

Un po’ di storia

Su un arco di tempo che ormai supera il secolo, si può dire che ci sia poco di davvero nuovo nel ciclismo, a parte la pratica della condivisione del mezzo. La questione centrale rimane avere a disposizione percorsi dedicati sicuri e connessi a rete. Non c’è nulla di particolare da inventare, salvo condividere e diffondere informazioni e pratiche dalle varie città, usando una specie di tecnica del copia-incolla. Naturalmente in alcune occasioni sono necessarie soluzioni particolari, a seconda della disponibilità effettiva di spazi. Là dove per esempio la sezione standard della pista ciclabile a Copenhagen tenderebbe ad essere di 2,30m, man mano si diffonde l’uso popolare dei modelli cargo bike si potrebbe anche allargare fino a 3m.

Bisogna studiare a sufficienza andandoci in bicicletta ogni città controllando cosa funziona, cosa non va, cosa manca del tutto o va migliorato. E non sempre si tratta di strutture fisiche. A Copenhagen il ciclista si sente un po’ speciale. Piccoli dettagli come ringhiere a cui appoggiarsi agli incroci, o cartelli che ti ringraziano per aver scelto di uscire in bicicletta. C’è anche la figura del «dottore delle biciclette» che quando ne nota una messa nei posti sbagliati che ostacola il passaggio la sposta, la rimette in sesto se necessario gonfiando le gomme e oliando la catena, e lascia un biglietto di spiegazione. Ci sono anche le occasioni di lavoro socialmente utile come le officine delle biciclette Pop up, che a Oslo diventano anche un metodo per integrare i ragazzi rifugiati. Le cargo-bike occupano spazio in più ma si possono usare in tanti modi diversi dal trasporto bambini, al furgone da lavoro a pedali, o per consegne di cose pesanti, addirittura chioschi bibite o ristorazione.

Alcune cose apprese dall’esperienza e che servono in varie città

A seconda delle specifiche gerarchie stradali esistono quattro tipi di percorso ciclabile:

  • Gli spazi condivisi in ambienti a bassa velocità
  • La segnaletica orizzontale delle strisce dipinte
  • Il cordolo separatore dalla carreggiata
  • La pista totalmente autonoma rispetto alla strada specie là dove le velocità dei veicoli sono elevate

Nei casi di spazi condivisi possono esserci dossi di rallentamento o altre misure di limitazione del traffico consentendo ai ciclisti di muoversi senza difficoltà. Un contesto che funziona bene nella viabilità locale e di quartiere dove quando la via se è ampia a sufficienza può essere a parcheggio vietato almeno su un lato per tratti di pista più dedicati.

La segnaletica orizzontale delle strisce dipinte e a terra rappresenta un metodo semplice ed economico, sfruttato da moltissime città, che però può comportare diversi problemi a seconda di come viene concepito. Una pista ciclabile delimitata solo da una striscia dipinta può essere facilmente invasa dalle auto di passaggio o che ci si parcheggiano sopra. Anche le fermate dell’autobus rappresentano un ostacolo.Quando il percorso a segnaletica orizzontale si colloca tra le auto parcheggiate a lato strada e il flusso di traffico il ciclista può essere esposto alle portiere che si spalancano improvvisamente. Un ciclista deve essere sempre considerato un pedone che si sposta un po’ più rapidamente, non un veicolo, e in quanto tale dovrebbe sempre collocarsi insieme ai pedoni di fianco alle auto in sosta.

Tra gli esempi non del tutto positivi c’è il caso di Amsterdam dove pure circolano tantissimi ciclisti. Come quando la pista a segnaletica orizzontale sta sul lato trafficato dei veicoli parcheggiati o nonostante l’invadenza di questi non viene almeno protetta da elementi modulari sporgenti fissati al suolo di solito dotati di catarifrangenti.

I cordoli di separazione possono dividere anche le quote come a Copenhagen dove le piste larghe circa due metri e mezzo sono distinte dal marciapiede posto più in alto. Quando possibile meglio anche distinguere chiaramente il percorso con un diverso colore.

C’è poi il caso dei percorsi separati autonomi bi-direzionali che a differenza di quelli collocati su entrambi i lati della via si inseriscono forse meglio in reti continue. Eliminano i casi di conflitti e promuovono comportamenti più corretti agli incroci. Ma succede anche che non siano sempre adeguati, per esempio se mancano spazi come quelli di una striscia verde o altro ambiente aperto come quelli tra un nucleo edificato, o extraurbani, o lungo corsi d’acqua oppure linee di binari dove scarseggiano anche gli incroci. Nel caso di piste bidirezionali di questo tipo meglio separare con cura la mobilità pedonale.

Parcheggio biciclette

Man mano il ciclismo urbano si diffonde diventa sempre più un problema trovare spazio per la sosta dei mezzi. È importante attrezzarlo bene. Spesso gli architetti non ci pensano a sufficienza salvo puoi risolvere con troppa fretta. Deve essere sicuro, vicino alle mete di chi ci va in bici (a davanti agli ingressi non nascosto sul retro). Per soste prolungate il parcheggio biciclette deve essere coperto e molto sicuro.

Alcune tendenze emergenti

Aumentano le utenze di bike sharing per segmenti di spostamenti più lunghi fatti in autobus o tram. Si discute anche sul fatto che i mezzi in condivisione debbano avere o meno delle postazioni fisse. Certe città sperimentano il tipo senza postazioni e sarà interessante osservare come si evolve la cosa nei vari casi.

da: Parental Gap Year 2018 (si consiglia di guardare l’originale soprattutto per le numerose foto con didascalia che qui sono state omesse sia per ragioni di copyright che di spazio); Titolo originale: Copenhagenize Masterclass on bicycle friendly urban places – Traduzione di Fabrizio Bottini

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