(popolazioni brianzo-orobiche e anche qualche inurbato incivilito milanese: riconoscete i toponimi)
Venne il giorno della battaglia.
Imber, il ragno, uscì dalla valle ancora coperta di neve, e camminò incontro al sole seguendo il corso del fiume. Attraversò boscaglie e canneti, sollevando nubi di polvere bianca dalle piccole spiagge, ed arrancò nel fango della palude strisciando il ventre bianco sulle ninfee appena sbocciate. A valle del guado, sulla sponda orientale, Ela lo stava aspettando.
Ela, la rupe, stava di guardia alla porta per le pianure. Era lì da migliaia di secoli, a guardare il fiume districarsi dal groviglio della palude e precipitarsi schiumando giù per le rapide, verso la pace delle fronde di salice e delle infinite praterie. Per il fiume, e solo per il fiume, la porta delle pianure era aperta.
Imber strisciò fuori dalla boscaglia all’improvviso, e lanciò attraverso il fiume il suo filo. Ela iniziò a soffiare un vento gelido, che squassava le acque del fiume, scagliando verso il cielo come pagliuzze gli alberi della sponda occidentale. Imber provò con tutte le sue forze ad attraversare il fiume, ma ad ogni suo tentativo, Ela rispondeva con un vento più gelido e impetuoso. Il sole passò attraverso la porta per le pianure, e poi scomparve dietro le colline. Imber ed Ela, esausti, si addormentarono profondamente.
Così li trovarono i piccoli uomini, sbucati da chissà dove in un giorno qualsiasi. Ela rannicchiata tra le querce, e Imber aggrappato al suo filo. Salirono su Imber, ed iniziarono ad usarlo per attraversare il fiume. Diedero un’occhiata a Ela, e cominciarono a strappare i boschi, a perforare la terra, a piantare pali.
Però i piccoli uomini sono furbi: dopo tante generazioni, continuano a chiamare quel posto con i nomi del ragno e della rupe. Imber la riva occidentale, Ela la sponda orientale. Probabilmente, hanno capito che il ragno e la rupe stanno preparando un’altra battaglia.
Intanto, dormono.