L’impronta ecologica
Qualunque cosa facciamo — o qualunque cosa comperiamo — ha una impronta ecologica. Si tratta di un metodo per calcolare la quantità di anidride carbonica prodotta da una attività o processo di trasformazione. L’impronta viene di norma definita in termini di «tonnellate equivalenti» di CO2 o altri gas serra prodotti. Ciascuno di questi gas ha diversi effetti sul cambiamento climatico. E anche diverse durate nel tempo per la presenza nell’atmosfera. Per rendere il più semplice possibile il calcolo dell’impronta tutti i gas vengono convertiti in un equivalente di anidride carbonica, che comprende sia la quantità che la durata. Il calcolo della nostra impronta individuale implica quantificare ciò che direttamente o indirettamente facciamo. Diretto e indiretto distinguono quanto possiamo controllare il nostro contributo a quell’impronta.
Diretti sono i contributi di CO2 da riscaldamento o condizionamento degli spazi abitativi o di lavoro; gli spostamenti per varie ragioni; l’elettricità per illuminare o azionare dispositivi e macchine.
Indirette sono le emissioni di CO2 a cui contribuiamo per la produzione, lavorazione, trasporto di beni dalla casa all’auto, o di più immediato consumo come cibo, bevande, abbigliamento e altro. Indiretto è per esempio il contributo che dà fruire del tempo libero facendo attività che richiedono viaggi, attrezzature e altri acquisti, magari utilizzando cose come tende, sci, imbarcazioni. Ma anche andare al cinema, a teatro, frequentare una palestra. Oppure ancora usufruire di servizi commerciali, da quelli finanziari, a un parrucchiere, o andare semplicemente a scuola. Anche i contributi diretti hanno comunque una componente indiretta dato che non possiamo di solito scegliere come viene prodotta l’energia elettrica che consumiamo. Ma sempre più operatori offrono programmi «green».
Possiamo comunque in qualche modo operare anche sui nostri contributi indiretti per esempio chiedendosi sempre se quel nostro consumo risponde davvero a un bisogno oppure potremmo anche farne a meno, oppure consumando prodotti locali senza gli impatti del trasporto su lunghe distanze, o addirittura coltivandoci da soli alcune delle cose che consumiamo come alcune verdure: può essere anche divertente tenere un orto o fare delle conserve! La cosa più importante da ricordare sull’impronta ecologica è che va ridotta al minimo possibile. Secondo i calcoli del World Resources Institute, il massimo sostenibile l’anno è inferiore ai duemila chili di anidride carbonica. E pensiamo che nel 2002 ogni americano ha avuto una impronta di 20 tonnellate: DIECI volte tanto.
Proviamo a fare la differenza pensando e comportandoci in modo consapevole
Usando una falciatrice manuale invece che a motore
Mantenendo correttamente puliti ed efficienti i filtri degli impianti di condizionamento
Accendendo la lavastoviglie solo quando è pieno carico e col programma di risparmio energetico
Acquistando confezioni riutilizzabili o in materiali riciclabili
Installando erogatori doccia del tipo che risparmia acqua calda
Sostituendo la lavatrice attuale con un modello a risparmio d’acqua-energetico
Regolando il boiler a temperature al massimo di 40°
Non surriscaldare le stanze o tenere temperature troppo basse
Alzare il termostato quando fa caldo e abbassarlo quando fa freddo
Sostituendo le lampadine ordinarie con quelle ad efficienza energetica
Facendo il bucato in acqua fredda o appena calda non bollente
Installando un sistema di riscaldamento solare per l’acqua
Riciclando carta, cartone, vetro, metalli
Isolando adeguatamente il boiler caldaia con apposito contenitore se ha più di cinque anni
Isolare la casa dagli spifferi di aria con le strisce adesive su porte e finestre
Ridurre (è semplicissimo) di almeno un quarto il volume della spazzatura
Non usare l’automobile due giorni la settimana (ci si può spostare a piedi, in bicicletta, coi mezzi pubblici o in car-pooling)
Isolare pareti e soffitti
Liberandosi di dispositivi vecchi a bassa efficienza energetica e sostituendoli con altri più efficienti
Piantando alberi attorno a casa; usando per la copertura un colore più chiaro se si è in un clima caldo, o scuro se il clima è freddo
Sostituire l’auto principale con un modello a basso consumo
In caso di sostituzione periodica dei serramenti installare quelli ad elevato isolamento termico
Adattamento e Contenimento
La risposta al cambiamento climatico globale si ritiene articolata in due grandi ambiti: l’adattamento e il contenimento. Il primo riguarda le azioni con cui proviamo a convivere col cambiamento, mentre il secondo (che riguarda in massima parte le istituzioni) agisce a contenere quel cambiamento. Adattarsi è indispensabile perché contenere (cioè rallentare il cambiamento climatico globale) è una azione che somiglia molto al fermare una grandissima nave che procede veloce: ci vuole certamente del tempo! La CO2 permane in atmosfera per un periodo di circa cento anni, e ciò significa che quanto stiamo sperimentando oggi non dipende neppure dalle nostre, di emissioni, ma da quelle dell’epoca dei nostri nonni. L’anidride carbonica che immettiamo oggi in atmosfera cambierà l’esistenza dei nostri figli e nipoti. Altri gas serra hanno una permanenza più lunga e i loro effetti dureranno su parecchie generazioni. Con queste conoscenze scientifiche di base riflettiamo allora su quanto il cambiamento interessi noi, e poi i nostri figli e nipoti e pronipoti. Dato che ogni essere umano ha bisogno di cibo, acqua e alloggio per sopravvivere, ecco di seguito alcuni spunti di riflessione.
Mangiare, bere, abitare
Da dove viene l’acqua che beviamo? Da un ghiacciaio o da nevi perenni la cui massa si sta riducendo. Dobbiamo quindi considerare la possibilità di fonti alternative a quell’acqua che scende dai monti. In casi estremi anche trasferirsi in zone dove non è un problema accedere all’acqua. Acqua e temperature sono fondamentali per la produzione alimentare. Quanta di questa produzione con costi ragionevoli avviene nella nostra area? Stanno cambiando anche aree e stagioni delle colture, migliorando o peggiorando la convenienza di alcune produzioni. Occorre riflettere in modo aperto sulle alternative alimentari e le disponibilità determinate dal clima. Bisogna far sì che lo spazio in cui abitiamo possa conservare il calore d’inverno e il fresco in estate. Sul breve termine aumenterà certamente il costo dell’energia prima che le nuove fonti raggiungano il livello commerciale. Quindi la scelta migliore è sempre il risparmio.
Trasporti e tempo libero
La transizione a nuove fonti di energia aumenta il costo della mobilità. Quindi è nel nostro interesse ridurre le distanze da percorrere per ragioni di lavoro, scuola, servizi, o trovare alternative per svolgere le medesime funzioni. Se la salute lo consente, andare a piedi o in bicicletta oltre a ridurre l’impronta ecologica fa anche bene al fisico. La rapidità del cambiamento climatico influisce anche sulle nostre scelte per il tempo libero. Ad esempio, se abitiamo in un’area dove si prevede meno neve nel futuro, potremo ancora andare a sciare o scorazzare in motoslitta? Ci sono altre attività alternative? E con quale impronta ecologica?
Formazione e lavoro
Per qualunque lavoro resteranno importanti le cognizioni e capacità scientifiche e matematiche. Adattamento e contenimento spingeranno entrambi verso nuove filiere di prodotti e servizi, dando impulso ad alcune esistenti. Esistono alcuni tipi di lavoro che dal cambiamento climatico trarranno giovamento, mentre altri diventeranno obsoleti. A partire dal 2000 alcuni paesi hanno fatto cospicui investimenti pubblici in tecnologie «green». Non gli Stati Uniti. Mentre la Cina produce ad esempio metà delle celle solari e pannelli fotovoltaici sul mercato avviandosi a una posizione dominante. Cercando lavoro oggi e in futuro pensiamo sempre al ruolo delle tecnologie ambientali. In definitiva però anche se esistono contributi individuali importanti al contenimento del cambiamento climatico, si tratta di qualcosa che interessa soprattutto governi e grandi imprese.
da: Mark Apel, Lauren McDonell, Jay Moynihan, Darien Simon, Viviane Simon, Climate Change Handbook: A Citizen’s Guide to Thoughtful Action, Oregon State University, 2011 – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini