L’innovazione tecnologica, nei trasporti come altrove, deve sapersi adattare al contesto storico, culturale, sociale. Una cronologia ragionata degli eventi che – soprattutto nella fase di maggior crescita – segnano le tappe della London Underground, propone una possibile lettura del rapporto complesso ma positivo fra città, cittadinanza, e infrastrutture “impattanti”.
She had a penetrating sort of laugh.
Rather like a train going into a tunnel.
(P.G. Wodehouse)
Premessa
Il 31 dicembre del 1884, Cesare Beruto presenta al Consiglio comunale di Milano la sua relazione per il piano regolatore e di ampliamento della città. Rispondendo alle obiezioni di numerosi consiglieri sulle varie difficoltà tecnologiche e organizzative connesse all’attuazione del piano, Beruto indica senza esitazioni un modello: “esiste la Metropolitan Railway, la quale ne vinse di quasi insormontabili sottopassando, per centinaia di chilometri, la città di Londra in ogni verso”. Siamo agli albori dell’urbanistica moderna italiana, mentre già oltre Manica i Tre Uomini in Barca di Jerome si affannano verso le stazioni delle ferrovia suburbane, incrociate con la sotterranea, per dirigersi verso una meritata vacanza: lontano dalla città, ma rimpiangendone quasi subito l’efficienza, la vivacità, le comodità. Tutto quanto, pochi anni dopo, Ebenezer Howard illustrerà nel “primo Magnete” del suo schema della Città Giardino. Tutto quanto è reso possibile, tra l’altro, da quel sistema complesso che si snoda sottopassando, per centinaia di chilometri, la città di Londra in ogni verso. Un sistema complesso che la Milano di Cesare Beruto sta ancora aspettando, insieme a molte altre città italiane, e che qui ci limitiamo a descrivere semplicemente, schematicamente, in una volontariamente agiografica cronologia ragionata.
1837 – alla morte del re Guglielmo IV, sale al trono la giovane nipote Vittoria, ultima della dinastia Hannover, il cui regno è destinato a segnare profondamente tutto il XIX secolo. Londra, Metropoli per eccellenza, Capitale dell’Impero e del mondo industriale, è ancora la città sinistra e labirintica che spaventa l’Oliver Twist di Dickens. I mariti londinesi che devono andare da un capo all’altro della città per affari, salutano le mogli in lacrime, rassicurandole sulle ampie possibilità di raggiungere la meta e tornare sani e salvi a casa, prima o poi. La “mobilità” si basa su soluzioni ampiamente ereditate dal passato: molti spostamenti a piedi, e poi carrette, carrozze, portantine, qualche tentativo sporadico di trasporto organizzato a trazione animale. Ma è la “macchina infernale” di George Stephenson a portare rapidamente al punto di crisi il sistema: tutte le linee ferroviarie finiscono, prima o poi, per convergere sulla Capitale, rovesciando per le sue strade, in quantità impensabili prima, persone e merci. Il Duca di Wellington esprime addirittura il timore che tramite ferrovia possano raggiungere il cuore dell’Impero, nientemeno, truppe francesi ostili e pronte a rovesciare il trono. Il Duca, a ben vedere, non è molto lontano dal vero: anche se non si tratta di armati francesi, ma di pacifici contadini e uomini d’affari britannici, l’invasione quotidiana rischia davvero di mettere in ginocchio quella che (per usare la terminologia inventata lustri più tardi da Patrick Geddes) è una vera e propria “madrepora umana”. La soluzione sarà presto trovata, in un adattamento del “problema”, ovvero adattando tecnologicamente e organizzativamente la ferrovia alla città. Nasce così la prima idea di metropolitana, promossa tra il sarcasmo dei più, inizialmente, dal procuratore municipale Charles Pearson, il quale sostiene l’idea generale, anche se in effetti piuttosto vaga, di far passare il treno attraverso la città sistemandolo, semplicemente, sotto le strade anziché sopra. È comunque, la sua, un’intuizione vincente, al cui interno finiscono per convergere, con più o meno fortuna, numerose innovazioni che sino a quel momento avevano vissuto di vita propria.
1843 – in 25 marzo apre il tunnel sotto il Tamigi realizzato dall’esule realista francese Marc Brunel con il suo brevetto per un metodo di scavo innovativo, basato sull’osservazione degli scavi di un parassita del legno, il “teredo navalis”. Brunel, durante un periodo di prigionia per bancarotta, osservò il modo in cui quello che era comunemente chiamato “baco delle navi” si apriva la sua strada. Il sistema consiste essenzialmente in uno “scudo” di ghisa largo 11 m, alto circa 7 e profondo 2,5, diviso in 36 postazioni di lavoro, all’interno di ciascuna operano un minatore e un muratore. Ad ogni avanzamento dello scavo corrisponde una tamponatura di mattoni, e l’intera struttura è spinta in avanti da un sistema a vite. Dopo un lavoro lungo e complesso, durato 17 anni e con gravi problemi come lo “sfondamento” del tunnel da parte del fiume nel 1828, che provoca sette vittime, il tunnel fu finalmente aperto al pubblico. Pensato originariamente per un traffico di pedoni e carri a trazione animale, dimostra la possibilità di effettuare con successo scavi a grande profondità. Un cronista dell’epoca lo descrive come oggetto di “ammirazione dell’Europa civile, e per il visitatore la più meravigliosa delle curiosità d’Inghilterra”. Sarà inaugurato come galleria ferroviaria nel 1869 dalla East London Railway Company, e dopo un restauro rispettoso delle forme anche architettoniche del manufatto a partire dal 1996, è stato ripristinato in servizio nel 1998.
1863 – il 10 gennaio la Metropolitan Railway inaugura il primo tratto di ferrovia sotterranea, che collega Bishop’s Road, a Paddington, con Farringdon Street nella City. In tutto, si tratta di un percorso di 6 km. Non è stato un traguardo facile da raggiungere, perchè l’iniziale entusiasmo del procuratore municipale Pearson nel sostenere l’idea di una ferrovia sotterranea si è scontrato con la generale diffidenza per quello che viene considerato un progetto folle, infernale, che nella migliore delle ipotesi farà crollare tutte le case della città, al solo scopo di costruire, nella descrizione umoristica del Punch, un “treno delle fogne”. Alla fine però, la prospettiva di realizzare un raccordo circolare tra le varie stazioni ferroviarie delle linee foranee, secondo uno schema simile a quello che a Parigi stanno portando avanti Napoleone III e il prefetto Haussmann (ma con un salto tecnologico e concettuale che si rivelerà vincente), riesce ad attrarre investimenti e fiducia. Una fiducia che supera anche opposizioni di tipo “religioso”, come gli attacchi del predicatore Cumming, specialista nel profetizzare la fine del mondo, e che ora indica ai suoi fedeli una nuova data fatidica per l’Apocalisse: l’inaugurazione della Metropolitana, che consentirà al Demonio in persona di entrare in città dal sottosuolo. Perché, chiede Cumming, se proprio una ferrovia urbana si deve fare, non farla in sopraelevata? Gli investitori britannici non sembrano intenzionati a dargli retta, a differenza dei cugini di oltre Atlantico, che di lì a pochi anni con la loro “L” (che sta per “El”: la lettera L appunto, e le prime lettere di “Elevated railway”) invaderanno il cielo delle maggiori città, fino a strozzare il centro di Chicago con il cappio di intrichi ferroviari che da lì in poi gli darà il famoso nomignolo di “Loop”: il Nodo. Londra, contro tutte le profezie di sciagura, continua a credere nelle potenzialità della sotterranea.
1868 – apre il primo tratto su iniziativa di una nuova impresa che ha annusato le opportunità di un buon affare: la Metropolitan District Railway. La nuova linea collega South Kensington con Westminster, e nasce da un progetto inizialmente piuttosto ambizioso, che dichiarava formalmente (nel 1864, anno di fondazione dell’impresa) di voler completare un anello ferroviario interno a Londra a nord del Tamigi, e inoltre un più ampio anello metropolitano sia a nord che a sud del fiume, secondo lo schema di sviluppo a fasce concentriche che quasi un secolo più tardi costituirà ancora lo schema di sviluppo regionale nel “Greater London Plan” di Patrick Abercrombie. Alla metà del XIX secolo il problema sembra essere ancora, soprattutto, quello di venire incontro alla domanda di mobilità, per fare un esempio, delle dame di Kensington, che discutono tra loro di quando “andare a Londra” a fare compere. Il primo tratto è inaugurato il 1 ottobre 1868, da Kensington High Street a Gloucester Road, quando nella zona occidentale Earl’s Court è solo una zona di orti, e Fulham e Hammersmith ancora villaggi. Quando nel 1871 il Primo Ministro, William Gladstone inaugura ufficialmente il sistema di mobilità della District, non moltissimo è cambiato, salvo le potenzialità di sviluppo: la Grande Londra ha in quel momento meno di 4 milioni di abitanti, ma in meno di trent’anni, all’alba del Ventesimo secolo, la popolazione sarà vicina ai sette milioni, mentre il suburbio avrà assunto in pieno le caratteristiche dell’area metropolitana, proprio grazie al sistema integrato di mobilità di cui la District si è fatta portatrice. E sarà proprio in questo ambiente, che nasceranno e avranno modo di essere sperimentate le innovazioni sociali e insediative della città giardino, del decentramento industriale, del moderno pendolarismo.
1870 – si inaugura il primo tratto di sotterranea “tube”, realizzato con la tecnica che sostituirà completamente quella iniziale, a gallerie voltate tradizionali scavate perlopiù lungo il percorso delle strade esistenti. L’idea di base risale al 1862, quando l’ingegnere Peter Barlow inizia ad approfondire gli studi sulla penetrazione nel suolo argilloso dei grossi cilindri metallici utilizzati come piloni centrali nell’Old Lambeth Bridge. Le difficoltà incontrate col metodo Brunel a Wapping-Rotherhite erano piuttosto note, ed è del 1867 la pubblicazione, a firma di Barlow, di un opuscolo dal titolo “Alleviare il traffico sulle strade di Londra”, che riporta per la prima volta un disegno di tunnel “a tubo”, sensibilmente diverso da quello che la Metropolitan stava allora realizzando col sistema “cut and cover”, letteralmente “taglia e ricopri”. Nel 1868 si inaugurano i lavori di un’impresa che vuole essere, soprattutto, dimostrativa delle potenzialità della nuova tecnica. Il primo Tube, sotto il fiume, collega la zona della Torre a Bermondsey sull’altra sponda, con un servizio di un solo vagone che fa la spola tra le due estremità trascinato da un cavo. Si tratta di uno dei primi tentativi di risolvere la questione della forza motrice, visto che le tradizionali locomotive a vapore sembrano poco adatte all’uso in sotterranea e rendono l’aria difficile da respirare. Il problema, affrontato anche dall’ingegner Stephenson con una sperimentale “locomotiva senza fuoco” – a ricarica di vapore – sarà risolto più tardi solo con l’elettrificazione delle linee. Il fallimento finanziario dell’operazione si deve, tra l’altro, al suo essere un’opera puntuale, non integrata direttamente ad altri sistemi di mobilità: i passeggeri raggiungono il livello del tunnel attraverso un pozzo verticale, e risalgono in superficie all’altra stazione, sulla sponda opposta del fiume, attraverso un altro pozzo. L’innovazione tecnologica, senza dubbio interessante, non ha i presupposti di successo commerciale insiti nella capacità di sommarsi facilmente ad altri modi di movimento. Non a caso, l’iniziativa è abbandonata in concomitanza con l’apertura del Tower Bridge nel 1894, lasciando in eredità l’elemento del “tube”, che da solo non ne ha garantito il decollo, ma che opportunamente inserito in una logica di sistema sarà la carta vincente della mobilità metropolitana.
1884 – è completato l’anello che costituisce la Circle Line: da Notting Hill verso est fino a King’s Cross e Liverpool Street, poi dalla Torre verso ovest secondo un percorso che in linea di massima segue la sponda settentrionale del fiume, servendone i principali poli. Come già accennato, quella dello sviluppo a fasce concentriche è una delle caratteristiche di lungo periodo dell’area londinese, e coerentemente con questa tendenza operano anche le varie iniziative private nella prima epoca della metropolitana. Quella dello sviluppo di una circolare interna che colleghi le due estremità della Metropolitan (al tempo, Paddington e Farringdon) con le principali stazioni del nord, ma servendo anche il sud (Victoria, Charing Cross, Blackfriars), è una strategia sostenuta e incoraggiata dalle varie commissioni parlamentari che si occupano del problema nei primi anni Sessanta del XIX secolo. Le due compagnie interessate in particolare alla realizzazione del cerchio sono la pioniera Metropolitan e la District: la prima realizza rapidamente dagli anni Sessanta la propria estensione occidentale, mentre la seconda entra in competizione per quanto riguarda il servizio nella zona della City. Questi contrasti tra le due società sono ricomposti, con sanzione parlamentare, nel 1879, e il cerchio (è proprio il caso di dirlo, stavolta) inizia a chiudersi, nonostante nuove difficoltà “tecniche” siano insorte, di cui una particolarmente curiosa dal punto di vista organizzativo: per evitare la replica di proteste e possibili blocchi dei lavori, i cantieri degli scavi a cielo aperto funzionano solo di notte, ed ogni mattina sono ricoperti per ripristinare il traffico di superficie. Dall’inaugurazione del 1884 in poi, anche se con proporzioni diverse, entrambe le compagnie utilizzano gli stessi impianti del Circle.
1890 –la City and South London Railway apre il primo tratto ferroviario elettrificato a grande profondità del mondo, mettendo in collegamento, con un tunnel sotto il Tamigi, da King William Street nella City, a Stockwell sulla sponda meridionale, per un percorso totale di 5,2 km. Come già accaduto, anche in questo caso si sommano innovazioni pianificate ed altre di adattamento, che si riveleranno in seguito più importanti delle prime. Il nuovo collegamento nasce, soprattutto, come esperimento riguardo a un nuovo tipo di tecnica “tube”, che proposto con successo al Crystal Palace negli anni Sessanta attende ora la prova del mercato. L’idea, sostenuta dall’ingegnere James Henry Greathead, è di un tunnel a sezione circolare entro il quale sia possibile far circolare un treno che, come imposto preventivamente da apposito atto del Parlamento, non potrà in alcun modo utilizzare per motivi di sicurezza e di salute la trazione a vapore. Gli scavi sono avviati nel 1886 con un pozzo verticale nella zona del London Bridge, che scende in profondità per 25 metri, dal quale saranno poi calate sezioni di tubo in acciaio del diametro di poco meno di 4 metri, destinate ad ospitare vagoni trainati da una fune. I lavori procedono senza particolari difficoltà, e il condotto è ultimato nel giugno 1887, con una modifica radicale: la compagnia ha deciso di tentare un esperimento di avanguardia, e i convogli saranno a trazione elettrica. La grande popolarità della nuova metropolitana è testimoniata, tra l’altro, dal fatto che il giornale Punch la chiamerà affettuosamente “scatola di sardine ferroviaria”, dal costante affollamento dei vagoni. La linea inaugurata nel 1890 è lunga in tutto poco meno di 5 km, offre i suoi servizi per una tariffa di 2 pence (anticipando nei fatti il nomignolo “twopenny” di dieci anni dopo), e soprattutto da un contributo essenziale all’affermazione della trazione elettrica, che a cavallo tra i due secoli trionferà completamente grazie all’intervento dell’imprenditore americano Charles Tyson Yerkes, e alle fusioni societarie in questo senso di cui sarà architetto.
1900 – inaugurato dal Principe di Galles, apre su iniziativa della Central London Railway, il percorso da Sheperd’s Bush, verso est fino a Bank. La nuova linea è soprannominata la “twopenny tube” dal prezzo della tariffa unica, e costituisce parte di quella che ai nostri giorni è la Central Line. La compagnia era stata fondata dieci anni prima, proprio con l’obiettivo di realizzare una connessione con la tecnologia “tube” sull’asse portante di Londra, costituito dalla linea che collega il suburbio occidentale alla City, e che sul versante stradale corrisponde a Oxford Street, relativi prolungamenti a est e ovest (High Holborn, Bayswater Road), e corrispondenti nodi (Oxford Circus ecc.). Anche la questione della tariffa unica “twopenny”, e della rapida connessa popolarità del nomignolo, rappresenta una scelta organizzativa precisa, determinata da una strategia consapevole. Inizialmente, come accade per i treni tradizionali, anche la Central Line era stata pensata suddivisa in due distinte classi di carrozze e prezzo, salvo poi optare per la “twopenny”, al punto che per molti anni l’idea di partenza, pur abbandonata, resterà nelle altrimenti incomprensibili differenze di arredo e qualità dei sedili. Con l’estensione del servizio, sarà invece abbandonata nel giro di pochi anni la tariffa unica, con aumenti del 50% per i tragitti più lunghi. Come già accennato, l’inizio del XX secolo segna anche la definitiva affermazione della trazione elettrica, che nella metropolitana di Londra ha una forte accelerazione con l’entrata nel mercato delle compagnie locali dell’imprenditore americano Yerkes. Il nuovo venuto, esperto in risanamenti societari di compagnie di trasporto, e di rilancio nel segno della elettrificazione, entra in un mercato “locale” dove il rapporto fra scala dei problemi, dimensioni delle imprese coinvolte, e relative strategie di sviluppo, ha raggiunto un punto di stallo, anche tecnologico. In breve tempo, grazie anche alla capacità di attrarre capitali internazionali, l’imprenditore originario di Chicago, Charles Tyson Yerkes, con la sua Underground Electric Railways of London diventa elemento dominante della scena londinese. Nel primo decennio del nuovo secolo le tre linee più importanti si devono a questo gruppo, che battezza “Yerkes Tube” un insieme di tecniche di importazione soprattutto americana, relative alla fornitura di energia, ai sistemi di segnalazione, agli ascensori nelle stazioni, al materiale rotabile e via dicendo. L’insieme delle riorganizzazioni societarie progettato da Yerkes si compirà dopo la sua morte, avvenuta nel 1905.
1906 – già negli anni Sessanta si era tentato un attraversamento in tunnel del Tamigi nella zona di Waterloo, con un sistema a propulsione pneumatica dei treni e una sezione a “tube”. Gli scavi erano iniziati, ma erano stati abbandonati nel 1868. Curiosamente, l’ex tratto iniziale del percorso è ora la cantina dei vini al National Liberal Club. I lavori riprendono nel 1906, quando si forma la Baker Street & Waterloo Railway, e il 10 marzo apre il tratto fra Baker Street, la stazione di Waterloo oltre il fiume, e Kennington Road più a sud. Dalla contrazione dei nomi delle due località il nome con cui sarà poi conosciuta: “Bakerloo”. Lo stesso anno, la Great Northern, Piccadilly and Brompton Railway inaugura il 15 dicembre un tratto fra Hammersmith e Finsbury Park, che costituisce ora parte della Piccadilly Line. Tutte queste, altro non sono se non tappe di crescita della London Electric Railway voluta da Yerkes. Il 27 marzo dell’anno successivo la Bakerloo si estende fino a Great Central (Marylebone); il 22 giugno la linea Charing Cross Euston and Hampstead apre il tratto da Charing Cross a Golders Green e Highgate. L’inaugurazione della linea di Hampstead è accompagnata dall’offerta di una giornata di viaggio gratuito per i passeggeri, che in ben 140.000 approfitteranno dell’occasione. La ricerca di popolarità, anche a scapito dei mancati introiti dei biglietti, si deve ancora una volta al tentativo di trovare consensi popolari e superare opposizioni varie all’apertura di nuovi tratti e cantieri. In questo caso specifico, le difficoltà sono determinate (forse per la prima volta) da problemi paesaggistici, in particolare dal timore che lo scavo di un tunnel sotto Hampstead Heath, che minaccerebbe la vegetazione della rinomata località. L’opposizione è superata, “opponendo” alle migliaia di firme della petizione ambientalista, i 140.000 viaggiatori a sbafo, e forse anche dal fatto che ormai la località non è più in nessun modo una meta da scampagnata fuori porta. Proprio in questi anni, a confermare ciò che la metropolitana si limita a seguire o anticipare, la zona sta diventando un quartiere residenziale della Grande Londra, ruolo che sarà enfatizzato dalla scelta di localizzare il quartiere giardino più famoso del mondo, ovvero quello progettato da Raymond Unwin, Barry Parker, Edward Lutyens, e sponsorizzato dalla Garden Cities Association.
1908 – appare nelle stazioni per la prima volta il nome di “Underground”. È il segno di un mutamento d’epoca, segnato dall’elettrificazione, dal dominio delle società del gruppo Yerkes, dall’avvenuta unificazione dell’immagine dei trasporti metropolitani come sistema, e non più somma di singole iniziative. Questo si deve, come accennato, alla preponderanza della Underground Electric Railways of London, che si pone come obiettivo proprio quello di creare sinergie di mercato con la concorrenza: non assorbendola ma potenziandone un ruolo complementare, anche nella comunicazione pubblicitaria. La strategia di marketing coordinato porta a manifesti dove le varie linee sono evidenziate come percorsi indifferenziati di un medesimo schema, di cui fa parte integrante il logo “UndergrounD”, che diverrà familiare agli utenti delle varie compagnie non come abbreviazione della UERL, ma come simbolo dell’intera rete. Ancora nel 1908 scompare a soli 33 anni l’architetto Leslie Green, che pure aveva tentato, a modo suo, di costruire un’immagine unitaria del sistema di trasporti metropolitani. Come a Vienna qualche anno prima Otto Wagner, anche Green tenta con gli strumenti dell’architettura di dare senso unitario a ciò che unitario non è ancora, tecnicamente e organizzativamente. Il suo lavoro si colloca nell’ambito delle compagnie che fanno capo al gruppo Yerkes, che nascono, come già detto, dal recupero di società preesistenti, risanamenti, rifusioni, innovazioni, e quindi presentano anche sul versante tecnico (e indirettamente di immagine e qualità) notevole frammentazione. Green tenta in qualche modo di simboleggiare con le sue architetture una prospettiva unitaria che al momento è reperibile solo nei progetti di impresa, con l’utilizzo di stili e materiali costanti nei progetti per le stazioni e gli arredi, in cui lo stile edoardiano e le finiture di terracotta rendono immediatamente riconoscibile all’utente la presenza, pur in contesti differenziati, di un “presidio” di trasporto collettivo: dal suburbio di Hampstead, a Oxford Circus, dalla sponda nord del Tamigi a Elephant & Castle, Leslie Green contribuisce a trasformare la stazione della metropolitana da novità tecnologica a familiare e nello stesso tempo monumentale elemento di vita quotidiana della città moderna.
1913 – la modernizzazione sotto il segno dell’energie elettrica, alla base del grande progetto “monopolista” di Yerkes, inizia a permeare di sé anche elementi immediatamente più vicini alla percezione del pubblico. È del 1908 l’introduzione delle macchinette elettriche per i biglietti, e dal 1911 alla stazione di Earl’s Court, uno dei principali punti di interscambio della zona ovest, vengono installate le prime scale mobili. Come si accennava riguardo ai progetti di stazioni ad architetture relativamente standardizzate, o al marketing coordinato tra le varie linee concorrenti in assoluto, ma complementari nella fornitura di mobilità integrata, diventa sempre più importante la percezione del pubblico, che probabilmente passati i primi entusiasmi per le novità, anche tecnologiche, necessità di ulteriori elementi, più stabili, di familiarizzazione. Appare nel 1913 il famoso medaglione, “the Roundel”, dove in un cerchio attraversato da una barra orizzontale si combinano un marchio di facile riconoscibilità anche senza leggere o guardare con attenzione, e insieme la possibilità di inserire nello spazio delimitato dal circolo sia la tradizionale sigla UndergrounD, sia altre scritte o immagini sui servizi, la convenienza, o altre caratteristiche del trasporto collettivo metropolitano (per esempio l’invito ad utilizzare le scale mobili, che in un primo momento ispirano diffidenza nei settori più tradizionalisti del pubblico). Esiste, anche, una teoria non confermata né smentita, secondo la quale il Roundel rappresenti, in modo estremamente stilizzato, la città di Londra (il cerchio), attraversata dal Tamigi (la barra orizzontale), e che in modo subliminale riesca a dare all’utente una vaga ma stabile sensazione di sicurezza, pur nella varietà ed opportunità della grande Metropoli. E c’è davvero bisogno di riconoscersi in simboli rassicuranti, se è vero che negli anni che precedono la prima guerra mondiale si compie un disegno di “socialismo municipalista” iniziato alla fine degli anni Ottanta, dove nel segno della elettricità e in generale della innovazione tecnologica al Londra (e non solo a Londra) si erano resi accessibili ad una enorme nuova utenza servizi di trasporto (e non solo di trasporto) prima impensabili, in qualche modo iniziando a superare il divario tra qualità della vita urbana e qualità della vita rurale. Detto in altre parole, l’immagine dei Tre Magneti proposta da Ebenezer Howard per indicare “A peaceful path to real reform”, ha iniziato in qualche modo a trasformarsi: la città ha ancora tutti gli elementi di vivacità sociale ed economica che ne fanno calamita per gli spiriti più vitali, ma non ha più tutta l’aria irrespirabile prodotta dalla combustione per il vapore; la campagna ha ancora enormi provviste di aria pura e cibi genuini, ma i trasporti sempre più facili se non altro attenuano e rendono meno inevitabile il perpetuarsi di un marxiano “idiotismo della vita rustica”; la città giardino (il terzo e risolutivo dei Tre Magneti) non è più solo l’ennesima utopia socialisteggiante, ma può essere toccato con mano – almeno in nuce – uscendo un po’ prima dal lavoro e comodamente facendosi dieci fermate della Charing Cross, Euston & Hampstead Railway. Sembra impossibile che siano passati poco più di vent’anni, da quando Jerome, George, Harris e Montmorency vivevano la loro vacanza di tre uomini, una barca e un cane, nella “selvaggia natura” della campagna nella valle del Tamigi.
1919 – la Metropolitan Railway entra direttamente nel nuovo mercato immobiliare che ha contribuito a definire con l’aumentata accessibilità della fascia suburbana. Il termine “Metro-Land”, coniato nel 1915, assurge nel decennio successivo alla fine della guerra mondiale a simbolo di una nuova era nell’urbanizzazione dell’area metropolitana, dove ormai non solo le società di trasporto pianificano in modo integrato investimenti nelle linee e valorizzazione dei propri progetti immobiliari, ma l’intero mercato si appoggia, in modo più o meno diretto, sulle “dorsali” fisiche o di immagine rappresentate dal trasporto pubblico. Un manifesto del 1922 propone tariffe scontate per Metro-Land, un nome che via via marchia iniziative editoriali, modi di dire, in definitiva un vero e proprio “stile di vita” e di aspettative, totalmente indotto dalle campagne pubblicitarie di valorizzazione immobiliare. Non è un caso se proprio ora anche il design, sinora elemento importante ma episodico, entra in forma stabile e strutturata negli uffici delle imprese di trasporto, coerentemente a quanto in vari campi e modalità sta avvenendo più o meno in tutta Europa. Su iniziativa di Frank Pick, lo Underground Group costituisce un “ufficio stile” autonomo, basato sull’idea che nel trasporto tutto non solo deve funzionare perfettamente, ma anche apparire perfetto: architetture e impianti tecnici, pubblicità e sistemi di avvisi, arredi e illuminazione, tutto deve contribuire a comunicare efficienza, affidabilità, comodità d’uso, confidente familiarità. La stessa “filosofia” che, in seguito, sarà adottata e ulteriormente sviluppata con la creazione del London Transport e dei relativi grandi programmi di sviluppo e miglioramento della rete.
1933 – ancora al design, ma con un elemento innovativo di notevole entità, appartiene la creazione di un nuovo “logo”, che si affianca per sempre sia al Roundel che alle nuove immagini suburbane di Metro-Land. Il disegnatore di impianti elettrici dipendente della Metropolitana, Harry Beck, realizza nel 1933 la mappa diagrammatica (basata sugli schemi di circuiti elettrici) che ne diventerà uno dei più noti simboli, noto in tutto il mondo e largamente imitato da moltissime aziende di trasporto fino ai nostri giorni. Inizialmente, l’Azienda è piuttosto riluttante ad accettare quello che nei fatti è l’esatto opposto sia delle rappresentazioni bucoliche di Metro-Land e delle varie campagne promozionali, sia delle pur stilizzate mappe-guida realizzate su supporto geografico tradizionale. Il pubblico, al contrario, sembra invece cogliere rapidamente la corrispondenza fra l’idea di fatto a-spaziale fuori scala dello schema di Beck, e la percezione dello spazio tipica del viaggio in metropolitana che sperimenta quotidianamente. La stessa cosa che, più o meno, avverrà poi in altre città, contesti culturali, modalità di trasporto. Sempre nel 1933, a partire dal 1 luglio, lo Underground Group e la Metropolitan Railway diventano parte del London Passenger Transport Board, che coordina e controlla (di fatto ora, e non solo nelle strategie di marketing e immagine) ferrovie, autobus, tram, e filobus nella Capitale. Il London Transport, come presto sarà chiamato dal pubblico, è una corporation pubblica che opera su una superficie di circa 5.000 kmq nell’area metropolitana londinese, in un raggio fra i 30 e i 50 km di distanza dal centro (convenzionalmente rappresentato da Charing Cross). Per la prima volta dal 1863, si rende possibile il coordinamento delle varie modalità, distanze, tempi di trasporto, e insieme dei possibili impatti delle varie politiche. La nuova autorità presenta in tempi abbastanza rapidi ampi programmi di estensione e integrazione del servizio, a partire dai settori nord e est. Si pensa a nuove linee, alla elettrificazione di ferrovie foranee ancora a vapore della London & Northern Eastern Railway, e soprattutto alla continuità fra servizio ferroviario regionale e trasporto metropolitano di servizio all’area centrale. Nell’insieme, questo piano è conosciuto come “New Works Programme” da svilupparsi dal 1935 al 1940, ed entro la data finale se ne saranno state realizzate le estensioni nord della Bakerloo e alcune della Northern. A questa data, comunque, è già scoppiata la guerra, e qualunque progetto di grande respiro (il direttore generale Frank Pick lo chiama addirittura “atto di fede per la trasformazione della civiltà urbana”) è obbligatoriamente procrastinato.
1940 – a causa dei bombardamenti nazisti, fino alla primavera del 1945, molti tunnel della Metropolitana saranno utilizzati sia come rifugi durante i raids, sia come depositi provvisori per le opere d’arte del British Museum (sulla linea Piccadilly), sia per altre funzioni meno note, come l’impianto di industrie di interesse bellico. Ma mentre i londinesi si riparano come possono dalla Luftwaffe e dalle V2, maturano le conseguenze degli studi conclusi nel 1937 dalla Royal Commission for the Distribution of the Industrial Population, meglio nota col nome del suo presidente, “lord justice” Sir Montague Barlow. Si precisano così, per una Metropoli che giustamente anche Winston Churchill vede parimenti minacciata dalle bombe e dalla congestione di attività varie, le linee del futuro riassetto che prenderà il via con la ricostruzione: decentramento produttivo, residenziale, di servizi, riqualificazione e rivalorizzazione delle aree più interne, tutela dell’ambiente e del paesaggio sia come elemento di qualità della vita, sia come irrinunciabile base di riconoscimento culturale nazionale. Nasce da questi presupposti uno dei più celebri schemi di sviluppo metropolitano di tutti i tempi: il Piano per la Grande Londra redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Sir Patrick Abercrombie, che la tipografia statale rende pubblico in volume illustrato nel 1945. Ai fini di queste note, basta ricordare che l’impianto generale del Piano riprende quello di uno sviluppo suburbano controllato, della massima accessibilità da e per il nucleo centrale, della massima mobilità all’interno della regione metropolitane e da questa ad altri poli economici. Prevede, infine, una corona di nuovi insediamenti denominati “New Towns”, che riprendono lo schema alla base dei Tre Magneti di Ebenezer Howard: spazi verdi, pianificazione delle infrastrutture, attenzione ai bisogni sociale e alle preferenze del pubblico, oltre che alle esigenze immediate della produzione industriale. Uno schema che, come accennato, anche lo sviluppo della rete metropolitana aveva in qualche modo seguito, pur con qualche contraddizione (Metro-Land è la banalizzazione commerciale e speculativa dell’idea di città giardino), ma che stavolta si scontra con un elemento nuovo, “importato”, come era già successo con lo “Yerkes Tube” e l’elettrificazione delle linee, da oltre Atlantico: lo sviluppo della motorizzazione privata. Patrick Abercrombie divide il futuro della Grande Londra in quattro anelli, quello più interno che contiene anche la Contea di Londra, quello suburbano, la cintura di verde agricolo e l’anello più esterno. Se si guardano meglio gli schemi a grande scala emerge però chiaro che questi anelli concentrici hanno maggior corrispondenza con la rete stradale/autostradale, che non con quella delle linee ferroviarie urbane e suburbane. In altre parole, il trasporto collettivo non sarà più “monopolista” o quasi, rispetto alla mobilità, ma dovrà in un modo o nell’altro competere e/o integrarsi con l’auto privata di massa. Con il senno di poi, è possibile dire che coni quattro anelli del Greater London Plan si inaugura la suburbanizzazione come la conosciamo oggi: non a caso già negli schizzi di nuove città e quartieri fanno capolino (siamo nel 1945) shopping centres e altri servizi che, ormai lo sappiamo, mal si conciliano con l’esclusività del trasporto su rotaia, per quanto capillare e articolato. La metropolitana da ora in poi dovrà convivere con questo sempre più ingombrante “cugino”.
1948 – il London Passenger Transport Board è nazionalizzato, e rinominato London Transport Executive
1969 – la Regina Elisabetta II inaugura la nuova Victoria Line, che raccordando numerose altre linee negli snodi principali (stazione Victoria, King’s Cross, etc.) collega l’area metropolitana centrale da nord a sud. È la prima linea nuova nell’area centrale di Londra dall’inizio del secolo
1975 – in un grave incidente sulla Northern Line, alla stazione di interscambio Moorgate, rimangono uccise 43 persone. Sono introdotte nuove, più rigide misure di sicurezza
1977 – la linea Piccadilly si estende a ovest fino a collegare direttamente al centro i terminal 1, 2,3 dell’aeroporto intercontinentale di Heathrow
1979 – il Principe di Galles Carlo inaugura la Jubilee Line destinata a una capacità di 30.000 passeggeri l’ora, e un’estensione di 16 km
1986 – la linea Piccadilly si allunga ulteriormente a ovest, a servire il terminal n. 4 di Heathrow
1987 – un gravissimo incendio provoca 31 morti alla stazione di King’s Cross. Si studiano nuove misure tecnologiche e organizzative per la sicurezza, che entreranno in vigore due anni più tardi
1997 – il capo del governo conservatore, John Major, promette la privatizzazione della metropolitana se vincerà le elezioni. Il capo dell’opposizione, Tony Blair, lo accusa di voler svendere un bene squisitamente pubblico e di pubblico interesse, per il tornaconto di pochi
1999 – ristrutturazione finanziaria e organizzativa della London Underground, per un nuovo ruolo dei privati nella gestione dell’impresa. La linea Jubilee è estesa, a servire un arco che va dal nord-ovest attraverso sud, fino al nord est, da Stanmore a Stratford
(articolo pubblicato su Metronomie, n. 23, 2002)
Bibliografia essenziale sulle tappe evolutive della rete di metropolitana londinese
W.J. Passingham, Romance of London’s Underground, first published London, 1932; reissued by Benjamin Blom, Inc., New York 1972
The Moving Metropolis. A History of London’s Transport since 1800, Edited by Sheila Taylor, Introductions by Oliver Green, Laurence King Publishing in association with London’s Transport Museum, London 2001
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