Avete mai sentito qualcuno dire seriamente che la città gli piace perché ci sono gli edifici alti fitti che si fanno ombra uno con l’altro e si incombono addosso? Macché: tutti quelli che amano, o apprezzano, o volentieri sopportano l’ambiente urbano denso, lo fanno per un sacco di motivi di cui però quell’aspetto tendenziale, più o meno accentuato e declinato, è soltanto il sintomo infallibile e più evidente a colpo d’occhio. Questi signori e signore (grandi o piccini che siano) il sintomo della densità edilizia o addirittura dell’incombenza nei casi estremi, lo cercano per cercare in realtà relazioni, stimoli, reti, articolati in tutte le varie forme che di norma qualificano la città. Chi cerca una forte interazione spazio-tempo tra residenza e lavoro, per esempio, vede in quella grande prossimità e varietà di edifici, spazi, strutture, proprio la possibilità di trasformarli nel contenitore dei propri auspicati ritmi. I quali, val pur sempre la pena precisarlo, non derivano da soli «gusti personali» magari di carattere simbolico, estetico, etico, ma possono e quasi sempre devono avere fondamenti economici, familiari, di investimento sul lungo periodo. E la medesima cosa si può dire per una miriade di altri soggetti e fasce di età, reddito, segmenti di consumo e aspirazioni individuali.
Qualità urbana
Densità edilizia come sintomo visibile di potenzialità, è anche sinonimo di messaggio esplicito, di do ut des se vogliamo metterla così: vuoi venire a stare qui dentro? Sappi che insieme ai vantaggi troverai anche dei problemi da risolvere, degli attriti di vario tipo a cui adeguarti, delle situazioni in cui si porrà di continuo l’alternativa tra modificare i tuoi comportamenti o modificare quelli altrui. Una visione eminentemente «condominiale», e nel suo piccolo molto politica, ma al contempo specificamente urbana, dove convivenza non significa amore eterno e assoluto, ma patti chiari amicizia lunga senza neppure dimenticare qualche momento di serenità garantito. A ben considerare, nulla di più lontano ed estraneo da tutto quanto circonda, e in realtà costituisce, l’aspirazione alla residenza e vita suburbano-rurale moderna. Qualunque comunicazione, commerciale e ahimè addirittura economicamente disinteressata, sembra coccolarsi questo orientamento di scelta di vita coi medesimi criteri di metodo di quella urbana: anche lo spazio fisico qui sembra evaporare, trasformandosi nella propria immagine ideale, che dura e resiste anche quando se ne scopre l’inconsistenza reale. Dato che di solito dalla città si «scappa», più che dirigersi in positivo verso qualcos’altro, questo qualcos’altro diventa un ideale teorico, con l’eccezione della qualità abitativa dell’alloggio, da parete a recinzione.
Qualità virtuale suburbana
Le persone che dicono «vado a vivere in campagna» non solo si costruiscono un’idea del tutto campata in aria di cosa sia, questa campagna, non solo vengono artificiosamente foraggiate da certa pubblicità e comunicazione (commerciale e addirittura «di informazione») con altre favole buone o cattive sul loro futuro o presente ambiente di vita, ma finiscono proprio per relegare l’idea di vita alla casa, ritenendo che il resto in qualche modo venga da sé. Certo, così come succede con la scelta e l’aspirazione urbana, anche qui possono e devono subentrare considerazioni realistiche, pratiche e di proiezione, per esempio su cosa comporta rendere spesso del tutto schizofrenico il rapporto casa lavoro, casa servizi, addirittura casa tempo libero quando si sa in fondo che quella «immersione nello spazio aperto» è quasi sempre del tutto immaginaria. E però tutto finisce per focalizzarsi sulla casa e solo su quella, a volte saltando a piè pari anche i problemi di tempo e di denaro di quel pendolarismo continuo che ci si autoimpone per essere di fatto «urbani part time». Se tutto questo è vero, e cioè che in buona parte la divaricazione città-suburbio ha molto a che vedere con la consapevolezza o meno con cui si pensa alla vita, a ciò che si sceglie e a ciò che la situazione ci impone, ben venga questa utile trovata di alcuni agenti immobiliari, che di fatto «densificano virtualmente il suburbio» senza alcun intervento edilizio-urbanistico, semplicemente arricchendolo di relazioni, reti, riferimenti. Leggere per credere questo breve articolo dal Realtor: il far aumentare i piani degli edifici, le cubature, l’infrastrutturazione e i servizi, potrebbe essere semplicemente una scelta coerente e consapevole, poi.
Riferimenti:
Janet Siroto, 4 Huge Mistakes You Might Make Moving From a City to the Suburbs, The Realtor, 17 dicembre 2018
Immagine di copertina da: A. C. Spectorski, The Exurbanites, 1958