Un incarico che Pia Long, profumiera e co-fondatrice della Olfiction di Londra, non poteva rifiutare. Un’agenzia pubblicitaria le chiedeva di studiare un’essenza che evocasse l’esperienza di stare dentro una vecchia auto a benzina. Profumo pensato per «teste di petrolio» che potrebbero sentirsi a disagio al volante di un’auto elettrica, ed espressamente concepito per la nuova Ford Mustang Mach-E GT che non ne brucia nemmeno un po’. Il cervello di Long iniziò immediatamente ad elaborare. Aveva appena letto Nose Dive: A Field Guide to the World’s Smells, di Harold McGee, che trattava della composizione chimica degli odori quotidiani, naturali o artificiali: dall’abitacolo di un’auto, a una carrozza, alle stalle per i cavalli. Arrivato il momento di concepire il nuovo profumo, era esclusa in partenza la possibilità di usare proprio la benzina, che contiene il cancerogeno benzene. «Sarebbe stato un profumo velenoso – spiega Long – e bisognava cercare le medesime proprietà ma dentro un sistema di sicurezza».
Una vera sfida quella di riprodurre l’odore di un’automobile alimentata a benzina. Long creò prima di tutto l’aroma che evocava un cruscotto, composto degli ingredienti di gomma, cuoio, ecopelle, plastica, fumo, tintinnio di metallo, cavalli (in fondo l’auto era una Mustang). Esagerando con l’olio di zenzero, un’essenza che ricorda un po’ la gomma bruciata; usando benzaldeide che ricorda la mandorla ma superando certe quantità odora in modo «quasi pericoloso». La Ford spedì il profumo battezzato Mach-Eau, a rappresentanti ed eventi sportivi come il Festival della Velocità di Goodwood nel Regno Unito. Ma questa produzione limitata creò una domanda assai più larga, oltre alla curiosità dei media. «Eravamo sommersi da richieste di campioni da tutta Europa e dagli Stati Uniti» ricorda Anna Stanley, condirettrice per le comunicazioni di Ford Europa. Anche direttamente a Olfiction arrivavano email con richieste analoghe, da persone che avevano annusato Mach-Eau a qualche evento o ne avevano letto online, ma Long doveva deluderli: il prodotto non era in commercio.
Ho avuto la fortuna di ottenerne un campione. Finalmente aperta la boccetta di Mach-Eau, l’odore dominante al mio naso non allenato è un profumo muschiato; ma dopo averlo debitamente strofinato sul polso, l’aroma si trasforma in qualcosa di assai più coinvolgente e complesso. Provo a descriverlo anche facendomi aiutare da qualche amico: «sa di automobile costosa», «una sauna tra le montagne» o addirittura «stare seduti su una sedia da giardino di plastica»: insomma un profumo resinoso con una traccia di dolce (vaniglia? liquirizia? borotalco per neonati?) e richiami di plastica e vernice. In realtà non profuma affatto di benzina. Più come una sensazione che comprende la benzina, una sentimentale nostalgia dei bei tempi passati.
È divertente il fatto di immaginare come le auto elettriche abbiano bisogno di profumare in un certo modo per riuscire a competere con quelle a combustibile, ma non è un’idea del tutto priva di senso. Certo l’adozione della propulsione elettrica incombeva da un bel po’, ma si tratta di una evoluzione nel principale modo di muoversi americano che incontra delle resistenze. In alcuni casi da ostacoli logistici, la catena delle forniture, le stazioni di ricarica, i prezzi non certo economici dei veicoli. Ma appare sempre più evidente come esistano importanti barriere psicologiche e culturali da affrontare. Una ricerca da poco pubblicata sulla rivista Nature Energy rileva come moltissimi pensassero che l’auto elettrica fosse del tutto inadeguata a rispondere alle necessità di trasporto quotidiane, sottovalutandone di gran lunga le effettive possibilità fino al 30%.
La nostalgia è uno dei blocchi mentali che impediscono il passaggio al nuovo tipo di veicolo, così ci dice il marketing. Le auto elettriche del decennio scorso come la Chevy Volt, erano pubblicizzate su sfondi di lampi di energia in filmati dove si enfatizzavano novità e tecnologia, con modesti risultati nelle vendite. Più recentemente i produttori hanno fatto più leva su cose familiari, ripescando la tradizione salvo alimentarla a pila. Quando finalmente Ford ha lanciato sul mercato l’attesissima versione elettrica del suo camion F-150 — il veicolo più popolare di tutti i tempi negli USA – la scorsa prima, c’era così tanta domanda che le liste d’attesa coprono i prossimi tre anni di consegne. Oppure consideriamo la campagna 2019 «Normal Now» di Electrify America che utilizza foto e caratteri tipografici d’epoca per rassicurare il pubblico sul fatto che l’auto elettrica è ordinaria amministrazione come un computer o un cellulare. Ma la questione resta però: riuscirà mai quell’auto elettrica a profumare di buono come la benzina che non brucia più?
Benzina che compone lo sfondo della vita americana, così presente e indispensabile da passare del tutto inosservata. Carburante di origine fossile che chiunque conosce in modo intimo. Oltre il 90% dei nuclei familiari usa un’auto, e la stragrande maggioranza dei veicoli circolanti sulle strade sono a benzina. Per fare un paragone: solo un terzo dei fornelli da cucina americani sono alimentati da gas naturale. Esiste un vero e proprio «campo di forza» culturale che circonda il carburante, secondo Matthew Metz, di Coltura, ente senza scopo di lucro che lavora ad accelerare l’allontanamento dai combustibili fossili.«Se guardiamo a un distributore non vediamo scritta da nessuna parte la parola benzina» spiega. Ci sono ricerche accademiche assolutamente casuali sull’argomento; nessuna campagna ambientale si concentra specificamente su quello, che però da sola è responsabile di un quinto delle emissioni negli USA. Qualunque titolo di giornale sui prezzi che si impennano e le «brutte sorprese al distributore» pare dare per scontato che tutti debbano riempire i serbatoi. «Praticamente nonostante la benzina sia una delle merci principali in circolazione e indispensabile alla vita quotidiana finiamo per non vederla affatto» conclude Metz.
Quell’odore penetrante però è difficile da ignorare. Annusarne uno sbuffo mi riporta di colpo all’infanzia dei distributori su in Indiana dove mia mamma faceva il pieno alla Toyota Previa di famiglia (che io avevo soprannominato «la Previ» dopo che la A finale si era staccata col tempo dalla carrozzeria argento del minivan). Aspettavo dentro guardando passare il traffico, slacciavo la cintura e aspiravo quell’aria stranamente profumata.In casa mi dicevano che bruciava le cellule del cervello ma l’odore mi piaceva molto comunque. Non solo a me. Piace anche a Lizzo. O a Kim Kardashian. Un odore controverso, come gli Sharpies, la vernice fresca, o la pasta da modellare Play-Doh, destinato fatalmente o a pizzicare l’olfatto o a darci un improvviso ma di testa.
Come dice quella moderna convinzione che su internet si trova tutto, cercando con Google prodotti che c’entrano con la benzina si hanno abbondanti spunti. La Stinky Candle Co. — che vanta la capacità di enfatizzare «le nostre esperienze olfattive quotidiane» – propone una candela alla benzina che i recensori descrivono ricca di sfumature dal carburante per aerei al barbecue. Con Etsy, passiamo alla candela di soia «carburante da corsa», oppure in alternativa l’essenza «distributore», o la colonia «pompa». Nel comparto lusso del segmento la candela Diesel di D.S. & Durga intende evocare sedili di cuoio, divisori laccati, «sbuffi di carburante bruciato» come stare su una classica Mercedes Benz. Ma cosa ci sarebbe nella benzina che porta la gente ad annusarla così?
Secondo una teoria l’aroma si collega ai ricordi di viaggi estivi, sci d’acqua, automobili d’epoca. Secondo la profumiera Long, l’odore di benzina sarebbe «identitario e nostalgico»: cresciuta in Finlandia negli anni ’70, quando erano popolarissimi gli sport dei motori e le forti puzze, pare ovvio che evochi l’infanzia. È anche possibile che la benzina evochi inconsapevolmente altri tipi di esperienza passata. Il benzene è uno dei 20 prodotti chimici più ampiamente diffusi negli USA secondo l’American Cancer Society, lo si trova in parecchi detergenti, pesticidi, plastiche; qualcuno pensa che si possa addirittura accostare al concetto di «nuovo giocattolo» da bambini.
Esiste poi la teoria che la sostanza benzina funzioni come una droga. Respirandola il benzene avrebbe un effetto calmante sul sistema nervoso attivando un meccanismo premiale, e stimolando dopamina. Ne risulta un breve momento di euforia. In grandi quantità inebria, ed ecco perché viene classificata tra le sostanze inalanti dall’Istituto Nazionale di Sanità. Mentre per la divisione di marketing della Ford, l’odore di benzina evoca fortemente l’idea di energia. Tra le ragioni per cui è stato commissionato Mach-Eau c’è quella di rendere più compatibili «teste di petrolio» e veicoli elettrici, spiega Stanley, visto che «sono ancora in tanti a non legare il veicolo elettrico al concetto di potenza». Nelle ricerche di consumo si è rilevato che il 70% degli europei sentirebbe la mancanza dell’odore di carburante e quindi dell’idea di potenza passando all’elettrico, col 20% ad affermare che si tratta proprio del difetto principale. Un quarto delle risposte dice che guidando un elettrico mancano le prestazioni di un motore a scoppio.
Secondo l’anti-combustibili fossili Mets in effetti questa teoria di Stanley sulla correlazione benzina-energia qualche fondamento ce l’ha. «La potenza di andare dove si vuole. Da un punto di vista molecolare si tratta di energia molto concentrata. Il settore petrolifero stesso è potere. Quindi allontanarsi dalla benzina è perdere potere per la gente, una cosa che non si vuole affrontare».
Ma francamente ci sono un sacco di motivi per «affrontarla» invece. Oltre a riscaldare il pianeta i veicoli a combustibile fossile sono una «fonte principale» di inquinamento atmosferico, secondo il Ministero dei Trasporti. Vengono ritenuti corresponsabili di una vasta gamma di patologie: asma, polmonite, bronchite, attacchi cardiaci, cancro ai polmoni. E a rischio non c’è soltanto chi respira sul ciglio della strada: anche l’aria dentro gli abitacoli risulta inquinata, talvolta di più, girare in auto per l’America è il modo peggiore per esporsi ogni giorno agli inquinanti. Quel dolce odore di benzene ha un rovescio della medaglia. «La benzina probabilmente è la cosa più cancerogena con cui abbiamo a che fare quotidianamente» spiega Daniel Jaffe, professore di chimica ambientale alla University of Washington. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità «non esiste nessun margine di sicurezza» nell’esposizione al benzene. Contenuto naturalmente nella benzina manche ulteriormente aggiunto per migliorare l’efficienza del carburante e le prestazioni del motore. Dopo che a fine anni ’80 l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente ne ha iniziato la regolamentazione sono diminuite le quantità nei carburanti, precisa Jaffe.
Passare alle elettriche non risolverà tutti i problemi delle auto a benzina. Ad esempio ci sono gli pneumatici in grado di inquinare anche più degli scarichi, oltre al fatto che per produrre l’energia elettrica di nuovo si usano combustibili fossili, ovvero che quando si ricarica in qualche modo si stanno alimentando emissioni. Infine il veicolo elettrico significa non allontanarsi dalla cultura dell’auto come chiederebbero tanti ambientalisti, ovvero avere città progettate per camminar, usare la bicicletta, i trasporti pubblici. «Secondo noi il veicolo elettrico è la cosa più logica per adesso» commenta Janelle London, condirettrice di Coltura. «Ma certamente sogniamo un futuro senza automobili in cui potremo riappropriarci delle strade». E tante nuove forme di trasporto si devono confrontare con la nostalgia, o per lo meno con ciò che le persone avvertono come familiare e amico dal passato. Quando le auto si sostituirono ai carri a trazione animale, i progettisti faticavano a concepire modelli accettabili dalla clientela. «Carrozze senza cavalli» ma simili alle loro antenate nelle forme esteriori e aspetto generale. Nel 1899, un creativo mise sul davanti di un veicolo una finta testa di cavallo, chiamandolo Horsey Horseless, nella speranza di generare meno confusione tra i veri cavalli sulla strada, spesso molto disorientati da quelle strane carrozze.
Esiste un termine a definire nuove tecnologie concepite per assomigliare a cose più vecchie: scheumorfismo. Qualcuno ha anche osservato che le stesse auto elettriche sono scheumorfiche, utilizzando una serie di dispositivi e accessori che assomigliano troppo ai modelli a benzina, divesi da decisioni di progetto ottimali. I costruttori hanno tentato di «risolvere» quello strano silenzio del veicolo elettrico scimmiottando il brum-brum di un muscoloso motore a scoppio. La Tesla Modello S, ad esempio, ha tra gli opzionali l’attivazione del rombo di un Dodge Hellcat, completo di cambio graduale delle marce. Ci si adatta a ciò che è tradizionale, familiare, e nel caso di Mach-Eau la Ford ne imita addirittura l’odore. Un po’ mi chiedo se questa nostalgia collettiva non venga da un ardente desiderio di passato, o dalla paura profonda di ciò che è sconosciuto. La benzina ci ricorda un passato più semplice, ma ci sta anche complicando il presente pompando nell’atmosfera altri gas che riscaldano il pianeta. Una forza che conforma al tempo stesso il nostro ambiente e l’atmosfera politica.
Per chi ama l’odore di carburante, è sicuramente fascino. «Davvero difficile capire da dove deriva quel gradimento o fastidio, ma è molto istintivo» spiega la profumiera Long. Ma esiste una parte gestibile della nostra percezione degli aromi, e la stessa Long dice che lavorando con le varie essenze nel tempo ha modificato il suo senso dell’olfatto. Il concime, ad esempio, oggi le evoca gelsomini e lillà, dato che feci e fiori condividono una base olfattiva comune detta indole. «Praticando la profumeria abbastanza a lungo succede che quando si annusa indole la mente in automatico compila una sorta di modulo, tale per cui alla fine si odorano fiori». Le memorie contestuali e le conoscenze legano poi qualunque esperienza a un dato aroma. Per quanto mi riguarda, sapendo quel che ne so sugli effetti planetari, l’odore di benzina ha perduto parecchio del suo fascino. Certo profuma ancora di dolce, mi evoca le memorie dell’infanzia, ma ha anche un sottofondo di distruzione. Una volta compilato quel modulo mentale profuma per quel che è: veleno. Se mi dovesse capitare di aver voglia di uno sbuffo di benzina, da ora in poi mi attaccherò alla mia boccetta campione di Mach-Eau.
da: Grist, 1 agosto 2022 – Titolo originale: Saying goodbye to the dangerous, alluring scent of gasoline – Traduzione di Fabrizio Bottini