Se ci soffermiamo sugli ambienti urbani contemporanei in generale, non solo sulle periferie delle grandi città, riconosciamo senza problemi un diffuso disagio sociale risultato di una crisi della città, e derivante dalle risposte spesso elusive che l’urbanistica ha dato alla domanda popolare di sicurezza. Uno tra i principali temi dell’attuale crisi della città è proprio il rapporto tra sicurezza e città, dove il concetto di sicurezza è influenzato da problematiche diverse e di diversa origine ed entità: degrado urbano, vandalismo, microcriminalità e segregazione sociale; la risposta dell’urbanistica nel pianificare quella concentrazione di conflitti che è la città, deve quindi tener ben presente il tema della sicurezza, cioè il rapporto tra forme dello spazio e comportamenti umani. Ma specificamente all’interno di interventi per la rigenerazione, c’è spazio per politiche di sicurezza, che magari partano da una pianificazione partecipata? Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto aver ben chiaro cosa si intende per città sicura.
Gli spazi pubblici urbani, spesso unici ambiti di rigenerazione, se ben trattati sono considerati dalla pianificazione elementi capaci di assicurare qualità, includendo le esigenze di controllo del territorio e di partecipazione delle comunità locali. Purtroppo ultimamente più che di spazi collettivi e reti di spazi pubblici, si è parlato di militarizzazione della città, sia con barriere fisiche che con barriere mentali, queste ultime a limitare la fruibilità degli spazi pubblici e la libertà d’uso. L’urbanistica dovrebbe invece interagire con la convivenza civile, la cura dei beni comuni, l’inclusione e l’integrazione. «La partecipazione è questione complessa – ci ricorda Giancarlo De Carlo – per uscire dalla sterile situazione di isolamento in cui si trova l’urbanistica, è importante che la gente partecipi ai processi di trasformazione delle città e dei territori, ma è anche importante che la cultura urbanistica si interroghi su come rendere l’urbanistica intrinsecamente partecipabile» (De Carlo, 2002). In effetti, se prendiamo in considerazione anche solo una porzione di città, siamo di fronte a un grande numero di attori locali che possono essere la base della riuscita di una politica urbana: attori politico-istituzionali, sociali, economici, ma anche privati cittadini e associazioni.
«Città sicura» per chi la vive, poi, non vuol dire un luogo necessariamente al riparo da microcriminalità e dal vandalismo, da lavavetri, mendicanti, o da qualche eccesso della movida: vuol dire un istituzione pronta e preparata a contenere al minimo il degrado, e ad aumentare la socialità, in un sistema quasi autosostenuto. Il decoro, l’integrazione sociale e lo sviluppo urbano non si ottengono limitandosi a aumentare i controlli e mantenere l’ordine pubblico. E allargando poi l’orizzonte, una popolazione che si sente sicura influisce sulla stabilità economica e sull’attrattività dei luoghi, anche se in questa prospettiva si incrociano problematiche diverse, come criminalità organizzata o terrorismo.
Nelle grandi città, in modo un po’ superficiale ed a grandi linee, possiamo individuare due tipi di insicurezza che hanno portato rispettivamente a due diversi tipi di interventi: il primo riguarda i centri e i percorsi dello shopping, passeggio e luoghi d’incontro delle grandi folle, dove un eventuale attacco proviene dall’esterno, tipicamente da terroristi, e ci si protegge con barriere New Jersey, grandi fioriere e panchine; il secondo invece riguarda alcune periferie, dove il pericolo proviene dall’interno, dal degrado sociale di questa porzione di città, e si combatte con sistemi di videosorveglianza, pubblici e privati, o ronde di cittadini, in un clima che ricorda un po’ «l’occhio» che tutto vedeva del fumetto V per Vendetta di Alan Moore.
Il peso dell’urbanistica
Ovviamente, la materia che disciplina l’assetto del suolo pubblico in termini di opere pubbliche e servizi ha un peso molto rilevante sulla percezione della sicurezza della città da parte dei suoi abitanti. Sentirsi sicuri dal punto di vista del cittadino significa essere certi dell’esistenza di servizi fruibili nel territorio (e che funzionino), della corretta pianificazione degli spazi (e che siano spazi ben mantenuti) e partecipare a progetti di città che siano contro la disintegrazione del tessuto sociale: tutto questo nel complesso poi si tradurrà nella fiducia nelle istituzioni e in comportamenti rispettosi dei beni comuni, in un circolo virtuoso. Altrimenti si sa benissimo infatti, che degrado produce altro degrado.
È nei quartieri residenziali costruiti negli anni ’60-’70 per rispondere ai bisogni abitativi dell’epoca, vuoi per la loro posizione periferica, vuoi per la carenza di spazi aperti ed attrezzature collettive, vuoi per la carenza di servizi e integrazione degli abitanti, che appare chiaro il degrado urbanistico-sociale della città moderna: questi quartieri oggi rappresentano un laboratorio per gli esperimenti di nuove strategie ed equilibri; meglio se semplicemente ricostruendo nuove geografie di relazioni tra gli attori locali e modificando leggermente gli spazi, piuttosto che veri e propri interventi «à la Haussmann» sul costruito. In conclusione, il progetto di paesaggio urbano, oltre a riconfigurare gli spazi aperti dei quartieri e a pensare a connessioni spaziali e funzionali tra le diverse parti della città, deve individuare pratiche e politiche efficaci di sicurezza urbana, welfare locale e partecipazione dei cittadini. «Esiste una contiguità tra le politiche urbane, politiche sociali e politiche per la sicurezza» (Mazza, 2001).
Riferimenti Bibliografici:
De Carlo G. (2002), postfazione a Marianella Sclavi, Avventure urbane. Progettare la città con gli abitanti, Elèuthera
– Mazza A. (2001), Le politiche di sicurezza urbana integrate ai processi di rigenerazione urbana partendo dai nuovi strumenti della pianificazione partecipata, Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica, Facoltà di Architettura, Università degli studi di Napoli
– L. 18 aprile 2017, n. 48, «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città»