Le attività produttive integrate nell’organizzazione della Città Giardino (1921)

Letchwort, zona industriale nella planimetria generale

Senza attività economiche una città giardino non può né nascere né continuare ad esistere; dunque non solo è importante pensarla come luogo salubre e gradevole per abitare, ma anche essenziale organizzarla secondo i massimi criteri di efficienza economica. A ben vedere il termine «Città Giardino» ispira proprio l’idea di un organismo ben equilibrato e definito che funziona perfettamente nelle sue attività di vita e lavoro, concepito sin dall’inizio per far sì che si mettano a disposizione spazi adeguati a tutto. L’obiettivo sarebbe di fare di ogni città giardino qualcosa di autosufficiente definito e di dimensioni equilibrate, né troppo grande per conferire identità, ma grande a sufficienza per contenere varie attività e occupazioni per gli abitanti; e alimentare quella vitale varietà di interessi e mescolanza di classi sociali tanto essenziale a definire una comunità, rendendo possibile armonia e unità, la cui carenza oggi rallenta il progresso, in qualunque senso incluso quello economico. In una grandissima città l’identità si va a smarrire, e di conseguenza l’abitante in media si interessa pochissimo delle cose locali; mentre in un centro di dimensioni più adeguate, gradevole da abitare e dotato di spirito civico espresso in ordine locale, ci si può sentire parte di una comunità. Cittadini di un luogo non certo inospitale, ci si interessa del governo locale, con uno sguardo che va ben oltre gli interessi lavorativi.

Città giardino è vivere sani, e non soltanto perché le case sono ben costruite e localizzate, con abbondanza di spazi attorno per giocare e respirare aria aperta e sole, ma anche perché gli orti e i campi della cintura agricola forniscono direttamente verdure e latte fresco, invece dei prodotti di provenienza lontana e incerta a cui in un modo o nell’altro è condannato l’abitante di qualunque città. Se si lavorano meno ore per qualunque motivo (anche ahimè in qualche momento di crisi) l’orto offre l’occasione di impiegare utilmente la propria energia. In un luogo senza le incombenti nubi di fumo della grande città, c’è una atmosfera più pulita, tende e lenzuola restano candide più a lungo, chi amministra la casa risparmia in sapone da bucato e fatiche nei lavori di pulizia. Persone più in forma, meno fatiche domestiche, più salute: la città giardino è soprattutto vita sana ed economia prospera. Per capire meglio i vantaggi offerti alle attività produttive, consideriamo gli svantaggi di una qualunque altra città. Conosciamo gli effetti nefasti delle abitazioni di bassa qualità, ma non si è mai provato ad applicare criteri analoghi agli spazi della produzione.

In tante città le fabbriche stanno dove stanno non perché quello fosse ritenuto il posto più adatto allo scopo, ma solo perché c’era disponibile un terreno senza particolari vincoli. Ricordo il caso di una scelta di localizzazione invece di un’altra esclusivamente per ragioni di affidabilità del proprietario. Capita anche che gli stabilimenti siamo in realtà ben collocati, ma in assenza di qualunque programma urbanistico poi si sia consentito che le case li circondassero completamente, impedendo qualunque possibilità di ampliamento, le strade di accesso siano le stesse che servono le abitazioni, inadeguate al traffico industriale e dei lavoratori. Oltre ai limiti dell’organizzazione urbana casuale alla fabbrica, la mescolanza di case e fabbriche inevitabilmente vuol dire abitazioni inadeguate, e quindi conseguente minore qualità del lavoro.

Fabbriche che non si possono allargare perché circondate da altri edifici, sollevano il problema della insufficiente illuminazione. Bisogna ricorrere alla luce artificiale, che non solo significa una spesa, ma risulta meno salubre di quella naturale. In assenza di qualunque programmazione delle zone industriali, chiunque può insediare un impianto anche là dove magari usando materiali infiammabili costringe chi sta vicino a pagarsi altissimi premi assicurativi anti incendio senza alcuna colpa propria. Spesso vediamo case mal collocate rispetto alle industrie, e viceversa. Raramente c’è qualche tipo di coordinamento, e poi magari si consente anche di occupare la sponda di un canale a un impianto che non ne ha alcun bisogno, impedendone l’uso ad altri per cui un servizio del genere sarebbe essenziale. Ben oltre il gravare sulle attività produttive le imposte immobiliari hanno conseguenze economiche generali. In tanti centri industriali queste imposte sono elevate, il che significa un problema. Tra i principi della città giardino spicca il fatto che i valori dei terreni alla fine appartengono alla comunità e dunque si evita il ricorso a tasse immobiliari alte. Nelle altre città si spende anche molto denaro pubblico per rimediare ai difetti di costruzione e realizzazione edilizio-urbanistica, spese per le strade, spese per servizi fognari, tutto evitabile se si fosse organizzato meglio l’insieme.

Cattive situazioni abitative producono cittadini disagiati, e ciò si traduce in bassa produttività del lavoro quando chi è abile deve trascorrere troppo tempo nella cura di chi è disabile, e a sua volta pesa sulla comunità e le sue strutture per essere curato, mantenuto, riabilitato, deviando così energie di tanti concittadini. Le attività produttive prosperano quando la qualità del lavoro è elevata: e pesa come una tassa sulla produzione questo spreco improduttivo di energia e risorse pubbliche. Ogni azione per alleviarlo è un aiuto all’industria, e l’organizzazione della città giardino va in quella direzione.

Un altro fattore di spreco nelle città è la congestione del traffico stradale. Chi l’ha sperimentato ne conosce i danni in termini di perdita di tempo, ma pochi ne valutano il danno monetario complessivo. L’uomo d’affari bloccato in un taxi osserva materialmente un centesimo dopo l’altro andarsene nel tassametro, ma sa anche benissimo il valore monetario del suo tempo perduto; chi guida un furgone, o l’impiegato sull’autobus sempre bloccato nel medesimo ingorgo, saranno pagati per il tempo perduto, mentre i motori consumano carburante a vuoto. Uno spreco che non si limita all’ingorgo bloccato, ma vale per qualunque rallentamento causato da strade inadeguate. Se si potessero calcolare effettivamente insieme il valore del tempo perduto dagli uomini d’affari, di quello dei loro dipendenti stipendiati, della benzina sprecata, si valuterebbe il grave costo imposto così alle attività produttive.

Anche quando le abitazioni dei lavoratori non sono disordinatamente mescolate alle fabbriche, spesso si rileva come chi lavora debba spostarsi su lunghe distanze per andare e venire. Un viaggio che avviene in condizioni scomode, e ciò ancora anche a parte i costi monetari significa stanchezza, spreco di energie, meno efficienza sul posto di lavoro. La tendenza mostrata negli anni recenti dalle imprese a spostarsi fuori dai centri sovraffollati, nonostante i costi e le fatiche del trasloco, rende evidente il disagio reale che abbiamo descritto e la sua consapevolezza; ma non serve a molto semplicemente spostarsi, se non lo si fa verso un luogo organizzato come la città giardino, dove gli sviluppi sono pianificati e le difficoltà che potrebbero presentarsi in futuro già risolte.

Tutto si può risolvere, nella città giardino, gestita da un organismo che non solo ne controlla la planimetria, ma è proprietario dei terreni e responsabile dei servizi e delle attrezzature necessarie. Sin dall’inizio c’è un piano regolatore che distribuisce le attività sul territorio nel modo più efficiente e gradevole. Gli spazi del lavoro occupano luoghi con facile accessibilità in ferrovia, canali, e le strade sono concepite appositamente per il tipo di traffico che dovranno sostenere. Gli affacci diretti sulle linee ferroviarie vengono limitati, o addirittura proibiti in certi casi. Certe attività possono accedere ma con alcuni vincoli, e se necessario il servizio dei treni è comune a più impianti produttivi.

Nella scelta della zona da dedicare alle industrie, vanno considerate anche le fonti energetiche, idriche e via dicendo. Molte attività consumano grandi volumi di elettricità, gas, acqua, ed è economico collocarle accanto ai luoghi di produzione o distribuzione, per risparmiare sul trasporto e le condutture, e non sfruttare le medesime fonti anche per usi domestici interferendo. Particolare attenzione deve essere prestata alle zone destinate a tipi definiti di industrie e per sostenere la cooperazione tra di esse. Ad esempio è possibile localizzare insieme diverse piccole imprese dentro un medesimo edificio di grandi dimensioni attrezzato, un tipo di attività che in genere non può economicamente permettersi sedi proprie. Molte produzioni sono interdipendenti o utilizzano semilavorati o prodotti collaterali di altre, quindi se si insedia un impianto grande, accanto ad esso si può prevedere la localizzazione di ciò che definiamo attività satelliti.

Si può anche collocare gli impianti senza che interferiscano con la qualità dell’abitare. L’attività produttiva è essenziale per la vita, ergo per l’urbanista scegliere il luogo migliore per essa sarà il primo pensiero, ma dovrà sempre tenere in conto le necessità degli abitanti, scegliendo per le case la posizione più vantaggiosa salubre e gradevole. Vicina alle attività produttive così che possano essere raggiunte facilmente, ma lontana a sufficienza per evitare rumori, polveri, cattivi odori. Ciò è possibile soltanto se fin dal principio esiste un piano generale per l’intera città, comprese le correlazioni e comunicazioni tra le varie parti.

Oltre al verde di pertinenza delle case ci saranno ogni tipo di spazi per il tempo libero, campi da gioco, e aperta campagna, dove il residente possa distrarsi senza allontanarsi troppo. Sinora tutto il ragionamento riguardava principalmente una città giardino nuova, realizzata in un luogo scelto ad hoc. Il che comporta notevoli vantaggi, dato che parte dalla possibilità di provvedere da subito tutto il meglio utile all’efficiente produzione e all’abitare sano e gradevole. Va bene avere questo modello sempre presente, dato che la moderna città giardino migliore si organizza così, ma ciò non significa certo rinunciare a pensare alle città esistenti come se fossero errori irrimediabili; anzi ci spinge a studiarle per capire quanto trasformazioni e ricostruzioni possano essere concepite economicamente e scientificamente, per avvicinarle in modo graduale al modello ideale, risolvendo i problemi attuali di inadeguatezza e scarsa salubrità.

Accennavo prima a come si possa perdere identità abitando in un grande centro urbano, ma non dimentichiamoci che la grande città presenta anche tanti vantaggi. E dopo aver realizzato tutte le città giardino quelle grandi resteranno comunque: come è possibile applicare ad esse gli ideali garden city? Se prosegue la tendenza attuale delle attività produttive a uscire dai centri congestionati, esse lasceranno più spazio di azione. Ovvero l’occasione di programmare riqualificazioni estese alle parti costitutive, delle città, ridefinite nei confini così da possedere ciascuna un centro di vita civile, che faccia sentire i cittadini parte di una comunità. Molte città allargano i propri limiti, ma nel farlo risulta importantissimo mantenere l’identità originaria dei nuclei così incorporati, far sì che i rappresentanti eletti localmente possano essere partecipi in quanto tali di una entità maggiore e non indistinguibili entità di nessuna importanza. E molto si può realizzare in questo senso con una adeguata programmazione.

Le antiche mura oltre a dare un senso di protezione a chi risiedeva al loro interno comunicavano esclusione a chi stava fuori. Oggi c’è bisogno di un confine che segni distinzione ma priva di antagonismo. Cosa meglio dunque, se non una fascia di spazi aperti, o nel caso in cui l’edificazione sia già continua e quella fascia ininterrotta ormai impossibile, un ambito più piccolo ma ben mantenuto a fascia lungo le vie principali su quel confine, con simboli architettonici che rammentino in qualche modo le porte nelle mura. Ci sono tante piccole città esistenti dotate di caratteristiche tali da farne ottime candidate e diventare sviluppandosi una perfetta città giardino. Hanno anche i vantaggi della propria storia, delle tradizioni, della consapevolezza civile. Cittadine che con un piano generale ispirato ai medesimi principi che abbiamo sommariamente esposto, mescolando nelle trasformazioni il vecchio e il nuovo senza distruggere gli spazi storici, ponga le premesse della convivenza tra attività economiche e abitare salubre.

Una città giardino è integrazione al più alto livello, e applicare il principio a un centro esistente vuol dire che ciascuna zona di vita civile avrà dimensioni avvertibili e confini chiari. Sarà così possibile indurre a unirsi varie circoscrizioni amministrative in una unica entità di governo locale, a programmare una scala ampia dove ogni componente cresca nella migliore efficienza. Al tempo stesso il piano lavora a mantenere distinte le varie zone, lasciando che gli abitanti possano trasformare il proprio spazio locale e governarlo individualmente secondo i propri orientamenti, pur dentro una cornice generale. Si potrebbe pensare che questa dissertazione abbia riguardato troppi aspetti intangibili, che non sia entrata nelle pratiche.

Posso solo replicare che in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando c’è da pensare che forse in passato si avrebbe dovuto riflettere di più sulla psicologia sociale, sull’organizzazione delle comunità e di una convivenza armoniosa e fluida; avremmo risparmiato tanti sforzi sprecati in continui aggiustamenti successivi, ed evitato tanti conflitti con inutile spreco di fatica e denaro. I promotori della città giardino hanno rilevato che le attività produttive non possono operare economicamente (vale a dire nella migliore efficienza e senza debilitanti attriti) quando chi ci lavora non può costruirsi una esistenza salubre nel corpo e nella mente. L’ideale quindi è di realizzare città organizzate in modo che vita e lavoro si sviluppino entrambi nelle condizioni più favorevoli.

da: C.B. Purdom (a cura di), Town Theory and Practice, Benn Brothers, London 1921 – Titolo originale: The Town Plan – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini

Dalla medesima raccolta in questo sito vedi anche: Theodore G.Chambers, La città circondata da una greenbelt agricola ; Raymond Unwin, La dimensione urbana ideale per socialità e cultura

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