Mitigazioni urbane nel cambiamento climatico

La scelta della mitigazione urbana degli effetti del cambiamento climatico si può articolare su tre ampie strategie: (1) ridurre i consumi energetici trasversalmente tra tutti i settori dall’intervento urbanistico a quello sulle infrastrutture; (2) elettrificare e convertire a zero emissioni; (3) migliorare l’immagazzinamento di carbonio attraverso verde e acque urbane, che offrono anche altri vantaggi. Un quarto aspetto di tipo socio-comportamentale deriva dal cambio della domanda di energia e discende dalla messa in campo delle altre tre strategie. La mitigazione urbana affrontata da questo capitolo si organizza su questi tre percorsi [in questo estratto solo il primo n.d.t.] che possono contribuire a una trasformazione di sistema per la radicale de-carbonizzazione. Le aree urbane sono sistemi in cui le varie scelte di mitigazione – specie se integrate – hanno effetti a cascata su trasporti, energia, edifici, uso del suolo, comportamenti. Effetti a cascata sia dentro che fuori i sistemi urbani. La mitigazione avviene a varie scale, da quella di alloggio familiare o isolato al settore e regione urbana, e si può attuare per azioni singole di settore – una per esempio l’incremento di efficienza energetica – che su un sistema.

Nella riduzione locale delle emissioni le aree urbane contribuiscono anche per quanto sta al di fuori dei loro confini amministrativi, utilizzando certi materiali e risorse, aumentando l’efficienza di infrastrutture e consumi energetici, molto più di quanto non avvenga con strategie di settore. Le politiche di mitigazione urbana che applicano interventi multipli integrati eviteranno più emissioni di quelli singoli sommati. L’azione integrata ha anche un ruolo essenziale nei vantaggi al benessere umano. Opzioni e strategie di mitigazione urbana efficaci, efficienti, eque, consentono anche di formulare obiettivi più ampi di sostenibilità. Le interazioni nei sistemi urbani sono concentrate e intense, collegate, e le città risultano così punti chiave di intervento sia per ridurre le emissioni che per altri scopi.

[…] Organizzazione spaziale, forme urbane, infrastrutture

Le forme urbane derivano dallo schema e definizione spaziale nell’uso del suolo, reti di trasporto, progettazione, dalle dimensioni alla configurazione stradale all’orientamento degli edifici, alle correlazioni interne ed esterne con altre città. Il termine infrastrutture comprende sia gli aspetti fisici che quelli ecologici e sociali dei sistemi, oltre all’organizzazione degli enti che erogano servizi consentendo l’attività urbana, e riguarda trasporti, reti idriche e fognarie, gestione e smaltimento rifiuti solidi, telecomunicazioni, generazione e distribuzione di energia.

Forma urbana

Infrastrutture e quattro dimensioni della forma urbana risultano particolarmente importanti nell’orientare l’uso delle energie in città: densità, usi funzionali dello spazio, collegamenti, accessibilità. Le città low-carbon possiedono le seguenti caratteristiche: (1) mescolanza in densità medio-alte di residenza, attività economiche, servizi; (2) elevato intreccio di funzioni diverse; (3) elevati collegamenti stradali; (4) elevata accessibilità, articolata tra brevi distanze di spostamenti e tempi di spostamento brevi consentiti da varie modalità di trasporto. Aree urbane con queste caratteristiche avranno tendenzialmente alloggi di dimensioni minori, lotti edificabili di dimensioni minori, ampie possibilità di spostamenti a piedi, molti incroci di flussi, elevata accessibilità di servizi commerciali. Brevemente definiamo questo insieme di caratteristiche «forma urbana compatta e fruibile a piedi». Che unisce diversi vantaggi, come salute e benessere psicologico, meno consumi di risorse, risparmio di superfici da destinare ad agricoltura boschi e analoghi. Per contro, le forme urbane disperse e auto-centriche si connotano per elevate emissioni di gas serra, segregazione di funzioni, besse densità di popolazione e attività economiche, pochi incroci di flussi.

Dopo il nostro Quinto Rapporto, sono stati pubblicati molti studi sulle correlazioni fra strutture spaziali urbane, forma urbana ed emissioni di gas serra. Si rafforza la tesi dei vantaggi di una mitigazione legata alla riduzione dei chilometri-veicolo attraverso l’organizzazione dello spazio. Con importanti effetti a cascata non solo sui trasporti ma anche altri ambiti e comportamenti, dagli edifici, alle famiglie, all’energia. Vantaggi che è possibile però conseguire quando l’organizzazione spaziale di una città non limita le possibilità di posizionamento e movimento, evitando il carbon lock-in con l’interazione tra infrastrutture e comportamenti sociali. Modificare l’organizzazione delle nuove urbanizzazioni in senso più compatto, fruibile a piedi, a funzioni miste, potrebbe ridurre i consumi energetici urbani del 20–25% al 2050, con un corrispondente di mitigazione potenziale del 23–26%, e costituire la base di altri processi di mitigazione urbana. La natura sistemica di una forma urbana compatta e l’organizzazione spaziale integrata influenza le opzioni Avoid-Shift-Improve contemporaneamente attraverso molti settori, dalla mobilità agli alloggi.

Case insieme alle attività economiche, funzioni miste nello spazio, connessione del flussi

Uno spatial planning integrato, la coesistenza di alloggi e posti di lavoro ed elevata densità, un approccio sistemico, si possono riassumere ad esempio nelle caratteristiche base del TOD-Transit Oriented Development: densità, diversificazione (funzioni miste), progetto di flussi (connettività viaria), accessibilità, distanza dai nodi di trasporto pubblico. Un tipo di strategia spaziale su cinque punti (5D) che dimostrabilmente riduce i km/veicolo e dunque le emissioni da trasporto per risparmio energetico. Gli effetti sulla forma urbana dell’obiettivo di ridurre il fattore VMT-Vehicle Miles Traveled possono variare secondo una serie di fattori. Densità e accessibilità delle mete sono i più elastici, seguiti dal progetto. Ricerche sulla popolazione addensata in 121 diverse aree metropolitane hanno poi rilevato come concentrare persone e posti di lavoro lungo corridoi di trasporto pubblico faccia calare il fattore km/veicolo molto più di quanto avvenga nell’insediamento disperso. Nel caso i tassi di elasticità risultavano più che doppi nelle zone metropolitane dense con trasporto di massa.

Diversi percorsi storici nello sviluppo dei trasporti e dell’assetto del territorio, sfruttabili al fine di città sostenibili, spesso non vengono considerati in quanto tali. Politiche spaziali di scala metropolitana, del tipo di quella cosiddette delle Cinque Dita di Copenhagen, o strategie simili a Stoccolma e Seul, sono state grandi strumenti di organizzazione di regioni urbane e consumo energetico. Tariffe autostradali o congestion charge possono stimolare condizioni in cui i cittadini cambiano stile di mobilità riducendo l’uso dei veicoli privati. È incredibile quanto anche grandi città dense e con molte funzioni miste sul territorio riescano a perdere quelle caratteristiche, tali da contenere le emissioni, come dimostrano le ricerche su 323 centri dell’Est e Sud-Est asiatico.

Mentre la riduzione della CO2 da trasporto privato passeggeri delle forme urbane compatte contro quelle disperse può arrivare al 10% minimo per il 2030. Se lo sommiamo ai progressi nelle tecnologie dei trasporti, secondo alcuni scenari sulla base di 1.727 municipalità a forme compatte possiamo arrivare fino al 64–70% di riduzioni al 2050. La densità di popolazione riduce le emissioni pro capite sia nei trasporti, che nell’edilizia, che nel settore energetico. Quelle nei trasporti valgono soprattutto per il pendolarismo. La relativa accessibilità tra i vari quartieri e zone di una regione, oltre alla densità interna delle singole zone, è molto importante. Realizzare maggiori densità residenziali e di posti di lavoro, diminuire le dimensioni del lotto edificabile, aumentare l’accessibilità economica differenziata degli alloggi là dove ci sono attività economiche, riduce sensibilmente il tasso di auto in proprietà e i chilometri percorsi, aumentando invece quelli della mobilità pedonale, coi mezzi pubblici, in bicicletta.

Alle emissioni dai trasporti ridotte dalla densità di popolazione si devono aggiungere quella dalla coesistenza di funzioni diverse sul territorio, dalla disponibilità di trasporti su rotaia, dall’organizzazione e progettazione stradale. Gli effetti della densità di popolazione e della città più compatta sulle emissioni pro capite di famiglie e imprese si legano anche ad alcune caratteristiche socioeconomiche e stili di vita prevalenti. Modificare i caratteri della forma urbana la struttura spaziale influenza la domanda complessiva di energia a varie scale, specie per quanto riguarda le forme di via, isolato, quartiere e città, oltre che negli edifici (residenza) e mezzi di trasporto (mobilità). Capire gli attuali collegamenti (o sinergie) tra le variabili delle forme urbane per quanto riguarda le emissioni, i loro effetti sul flusso di energie che attraversano i sistemi urbani, è essenziale per interventi adeguati sullo spazio, diversi in ogni caso e al suo interno.

Forma urbana, crescita, sviluppo sostenibile

La riorganizzazione spaziale verso forme urbane più compatte è un intervento di sistema potenzialmente ricco di convergere verso obiettivi di sviluppo sostenibile senza perdere di vista la mitigazione climatica. Forme urbane compatte hanno effetti positivi sulla creazione di posti di lavoro e una crescita green, considerato lo sgravarsi dell’economia locale dalle emissioni di gas e analoghi impatti ambientali, mentre concentrare popolazione e attività dà impulso alla produttività sia in termini di efficienza che di prossimità. Consenso collettivo a questa programmazione integrata può avere effetti molto positivi specie se si tratta di processi partecipati di progettazione. Migliore organizzazione spaziale significa anche vantaggi per la salute e il benessere, ad esempio quando si tratta di equilibrare densità e aree verdi urbane. Gli effetti distributivi dello spatial planning dipendono dagli specifici strumenti con cui si attua la densificazione degli alloggi economici, mentre è meno chiaro se rischi di indurre gentrification: le ricerche danno risposte solo parziali e non definitive.

Ridurre i gas serra su diverse tipologie di sviluppo urbano dipende anche dalla capacità di far convergere mitigazione climatica e vantaggi per salute e benessere. Al tempo stesso, vista la complessità delle relazioni fra mobilità urbana, edilizia, sistemi energetici, reti idriche, ecosistemi e altro, appare molto elevato il grado necessario di impegno pubblico-privato nelle decisioni e coordinamento dell’adattamento climatico. La capacità di attuare riforme urbanistiche coerenti a uno spatial planning verso forme compatte, non è certo identica in tutte le aree urbane, e dipende sia dai contesti che dalle decisioni. Oggi, unire riorganizzazione spaziale, forma urbana, mitigazioni climatiche entro strategie integrate è cosa piuttosto rara nel mainstream politico-amministrativo, con territori che i sono posti l’obiettivo di ridurre del 36–80% le emissioni nei prossimi decenni. Adeguare la propria azione verso una riorganizzazione spaziale coerente significa accrescere la collaborazione tra settori tecnico-amministrativi, con la società civile, verso decisi programmi di mitigazione, a coinvolgere professioni e culture dall’ingegneria civile, all’architettura, all’urbanistica, alla programmazione e sviluppo del territorio, anche in sede di formazione superiore.

Uno spatial planning verso forme urbane compatte rappresenta il prerequisito di infrastrutture efficienti, contro il riscaldamento a scala di zona e per diminuire le temperature. Che possono avvantaggiarsi da diversi parametri di organizzazione urbana, dalle densità, alle superfici dei lotti, al loro sviluppo longitudinale, tutto quanto finisce per mettere in rapporto diretto densità urbana e densità energetica. Il fattore heat-demand density dipende sia dalla densità di popolazione che dalla domanda pro capite, e si presenta sia là dove la densità di popolazione è alta, sia dove è elevata la domanda. Reti a bassa temperatura che sfruttano calore non utilizzato o energie rinnovabili, possono rappresentare una possibilità per evitare il carbon lock-in e una organizzazione secondo i principi di eco-progetto spaziale le può migliorare ulteriormente. Ad esempio sostituire riscaldamento-rinfrescamento ad alimentazione fossile con reti elettriche, diminuisce le emissioni fino al 65%, oltre ad aumentare la consapevolezza delle potenzialità di riconversione della rete. I vantaggi ambientali ed ecologici crescono con l’interazione tra energie urbane e riorganizzazione spaziale. Una interazione che comprende stimoli alla flessibilità della domanda di energia, uso di sistemi informativi geografici, accesso a fonti rinnovabili e riscaldamento da rifiuti urbani.

da: Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change, cap. 8: Urban Systems and Other Settlements – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini

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