Nando Mericoni va a cercà donne sur teritorio urbano (corigeme se sbalio)

prostituzione

Foto F. Bottini

Qualche anno fa, in un saggio piuttosto articolato, un critico di architettura internazionale proponeva una immagine piuttosto inedita di distretto territoriale socioeconomico e produttivo italiano. Partendo da settori come la moda e il design, veri fiori all’occhiello nazionali, ne tracciava con grande capacità intuitiva una serie di rivoli che, tagliando trasversalmente spazio, società, flussi e immagini, in pratica con la medesima tecnica usata dalle griffes ci comunicava un concetto forte: il prodotto come frutto di interazioni complesse, e in grado di dar senso ad aspetti che di solito non consideriamo assolutamente. Prendendone alcuni a caso fra quelli citati dall’autore, c’erano il Triangolo della Moda vero e proprio, nel cuore del centro storico, coi pochissimi laboratori direttamente legati alle vetrine della maison, e poi gli infiniti filamenti verso le fabbriche, le consulenze, i fornitori. Affascinante, seguire la logica del ragionamento dal seminterrato sotto la boutique giù per le arterie cittadine intasate di furgoni, e poi le corsie delle superstrade, fino a qualche viottolo sperduto appena asfaltato, dove in un capannone precompresso si sviluppano i prototipi, che poi viaggiano di nuovo, magari via email … Eppure qualcosa non andava proprio, qualcosa non quadrava proprio. Cosa?

La visione soggettiva, vabé

Il fatto è, che tutta quella presunta integrazione aveva un che di parecchio disintegrato, anzi trovava unità a una sola dimensione: il padrone del vapore, o se vogliamo usare un altro linguaggio la centralità totalizzante dell’impresa e del suo capitale. Il Triangolo della Moda continuava a star lì nella sua solitudine di stradine tirate a lucido e mogli di evasori impegnate nello shopping tra valori immobiliari vertiginosi. E la medesima solitudine pervadeva (flussi di comando a parte) le ignare arterie stradali cittadine e regionali, o quei grigi capannoni precompressi in fondo al cul-de-sac della zona artigianale di paese. Nessuna integrazione territoriale, salvo quella nella testa di chi se la faceva per conto proprio, insomma, visto che quel critico non stava neppure lavorando, in teoria, neppure a un documento di piano o programma. Buttava lì un’idea, in fondo, giusto un suggestione. A conferma di questa lettura apparentemente ingenerosa, ci arriva poi non molto più tardi la lettura analoga di un economista del territorio di fama mondiale, che dopo aver tracciato uno schema di integrazione identico dichiarava pomposo: ecco qui la metropoli allargata del terzo millennio. A differenza del critico di architettura, l’economista usava un linguaggio meno evocativo, del genere che mette un po’ in soggezione, e per capire il trucco qui bisognava andare a vedere. Vedere, esattamente, nei riferimenti bibliografici in fondo al suo best seller, per scoprire che tutta quella tiritera era stata ricostruita a partire da una unica fonte, ovvero il medesimo stilista-padrone di cui sopra! E noi a credere al verbo internazionale sulle nostre potenzialità italiane, o sui nostri problemi, giusto perché sta tutto scritto in inglese e con grande capacità argomentativa. In fondo, basta guardare, andare a vedere, e tutto si ridimensiona.

Il buon senso va a puttane

Il medesimo meccanismo, speriamo non si ripeta su una faccenda riaperta dall’idea della giunta Marino, a Roma, per risolvere un classico attrito fra abitanti di un quartiere e attività sgradite, segnatamente la prostituzione di strada in alcune zone dell’EUR. Che ha visto immediatamente entrare in campo l’altrettanto classico benaltrismo, con argomenti del tipo la sessualità, i diritti della donna, la giustizia. Ci mancava solo la promozione di zeppe fosforescenti e abitini leopardati, in quanto strumento innovativo di socialità sostenibile e a misura d’uomo, e le argomentazioni strampalate avrebbero raggiunto un record. Beh, anche in questo caso pare essere entrato in campo il Nando Mericoni che evidentemente alberga anche negli americani, non solo nei romani. Un signore che si firma Feargus O’Sullivan, dal prestigioso sito diretto dal sociologo urbano Richard Florida, titola perentorio: altro che storie, qui è tutto un problema di fallimento urbanistico! Ma andando a scorrere quel pezzo, alla fine di tutta una lunga tiritera esattamente dedicata al nostrano benaltrismo, tra diritti che col territorio e la città ovviamente non c’entrano nulla, si arriva al dunque, l’urbanistica citata nel titolo. Ma lì il pezzo finisce, nel senso che dopo aver detto quanti progetti siano restati sulla carta, ci fa intuire che ecco dove sta tutto il problema, le prostitute con le loro zeppe fosforescenti riempiono il vuoto lasciato dagli architetti e dai costruttori. Ora, c’era bisogno di chiamare il Settimo Cavalleggeri, per questa soluzione finale delle sciocchezze? Al netto della forse incolpevole fede filo-palazzinara. Leggere per credere.

Riferimenti:

Feargus O’Sullivan, Rome’s Prostitution Zone Controversy Can Be Traced Back to Bad City Planning Decisions, The Atlantic CityLab, 10 febbraio 2015

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