No Turismo?

 

foto F. Bottini

Straordinaria la disparità delle esperienze individuali quando una città cresce grazie al turismo. Per chi è turista si tratta di grande apprezzamento: un’occasione per allontanarsi dalla vita quotidiana, visitare i luoghi più famosi del mondo, incontrare nuove diverse persone, mangiare qualcosa di buono mai assaggiato. Per gli abitanti delle città turistiche, specie nei tempi più recenti l’esperienza pare del tutto diversa: meno case accessibili, meno strutture di servizio e risorse a disposizione, troppo inquinamento. C’è una grande crescita delle proteste in tutta Europa da parte degli abitanti di destinazioni note in tutto il mondo: dalle Isole Canarie, a Malaga, Barcelona, Venezia, Amsterdam. Cosa degna di particolare attenzione, tutte queste proteste e risentimento contro il turismo corrispondono poi ai dati sull’andamento del turismo internazionale, che ci danno nel primo trimestre del 2024 verso l’Europa un incremento degli spostamenti del 7,2% superiore a quello di prima della pandemia, con un totale di 20 milioni di visitatori. Una situazione interessante: abitanti che vogliono diminuire il flusso dei turisti nei propri paesi, ma contemporaneamente un rapido incremento dello stesso volume. Due interessi confliggenti che dovranno inevitabilmente arrivare ad uno scontro.

Una prospettiva storica sul turismo

La storia del turismo in Europa ci fa capire meglio il fenomeno. Le città turistiche da sempre hanno voluto incentivare il massimo dei flussi possibili: più turismo, più reddito. Per esempio, Venezia si promuove come destinazione turistica in modo particolare dagli anni ’80. Si realizzano alberghi di lusso ed eventi di livello internazionale per attirare più persone da tutto il mondo. Lo stesso succede alle Isole Canarie. Promozioni elettroniche sparse per tutto il Regno Unito, la Germania e altri paesi per attirare sempre più persone verso le isole atlantiche. Si promuove il turismo nelle città europee per il suo ruolo nell’economia, che comprende alberghi, ristoranti, guide, commercio e tanto altro.

Nelle Isole Canarie, il 35% del prodotto interno lordo e il 40% dei posti di lavoro vengono direttamente dal turismo e attività più strettamente correlate, con un contributo di oltre 16,9 miliardi di euro al reddito annuo. Complessivamente la Spagna, dove si sono verificate moltissime proteste «anti-turismo», ha visto il 12,8% del prodotto interno derivare da quell’attività nel 2023. In modo analogo, il turismo pesa per il 10,5% del PIL italiano al 2023, contribuendo all’economia generale con 215 miliardi di euro. A Venezia, nel 2020 erano occupate 25.000 persone, ma si calcola come nello stesso 2020 i veneziani residenti nel centro storico fossero soltanto 51.208, contro i 177.759 della terraferma. Se il turismo spinge le economie di tanti paesi europei, perché tanti cittadini protestano?

Le proteste prima e dopo il COVID-19

A ben vedere esistono due epoche distinte di proteste animate da sentimenti simili, ma con diversa intensità: prima e dopo la pandemia. Prima, già erano esplose manifestazioni in varie zone d’Europa, in particolare in Spagna, man mano crescevano i flussi. Una delle più rilevanti si era verificata a Mallorca nell’agosto 2019 quando il gruppo giovanile radicale Arran vandalizzava auto a noleggio rompendo finestrini, tagliando gomme, spruzzando a bomboletta sulle portiere la scritta in catalano «tourism massiu o veïnes» ovvero «o il turismo di massa o gli abitanti dei quartieri». La logica che animava la protesta era il rifiuto dell’inquinamento che sempre il turismo porta con sé, e non a caso Arran se la prendeva con le auto rivolte prettamente a quel mercato. Già alcuni membri di Arran si erano incatenati a una scultura di Gaudi a Barcelona chiedendo condizioni migliori per chi lavora nel settore, sfruttato e con stipendi estremamente bassi.

Poi col COVID-19 si era provvisoriamente bloccata l’attività turistica nel mondo. Durante la pandemia, i viaggi in Europa di non-europei erano crollati del 70%. Erano in molti a prevedere che questa assenza di turisti avrebbe peggiorato l’esistenza di chi abita nelle città meta di visitatori: World Travel e Tourism Council prevedevano la perdita di milioni di posti di lavoro. Previsioni in realtà non sbagliate, visto che dal 2019 al 2020, calavano di 4,9 milioni i posti nel turismo e viaggi. Ma c’era un rovescio della medaglia assai positivo e imprevisto a questi dati economici: meno turismo in Europa dava agli abitanti l’occasione di sperimentare la propria città meno stressata. A Venezia, la pausa consentiva a ciascuno di gustare i vantaggi di una vita più tranquilla senza le masse dei turisti e il conseguente inquinamento. Notava un abitante: «Qui naturalmente ce ne accorgiamo molto di più che in altri luoghi, perché passeggiare per le calli, i campi, o Piazza San Marco senza incontrare anima viva … è un’esperienza davvero straordinaria che ci fa riscoprire cose inedite sulla città e le dinamiche della lentezza».

Dopo le misure di isolamento della pandemia il turismo europeo non solo si è ripreso, ma è rapidamente cresciuto sino a superare i livelli precedenti. Per esempio la Spagna ha accolto 42,5 milioni di turisti nei primi sei mesi del 2024, con un incremento rispettivamente dell’11,5% e 13,3% sul medesimo semestre del 2019 e 2023. In Portogallo, Francia, e Italia, gli arrivi turistici internazionali del 2023 vedono incrementi del 12,1%, 7,8%, e 4,4% rispetto al pre-pandemia.

Ma reagiscono le proteste in tutta Europa e soprattutto in Spagna. Con tra gli altri i territori di Cadice e Lanzarote. A Cadice, un gruppo che si chiama Cadiz Resiste scrive in un eloquente manifesto: «Cadiz Resiste nasce dall’esasperazione, dalla rabbia di fronte a un fatto tangibile: ci stanno rubando la città, i quartieri, le attività, la stessa possibilità di abitare a Cadice. C’è in gioco la nostra stessa identità». In modo simile a Barcelona il mese scorso alcuni militanti del gruppo Assemblea de Barris pel Decreixement Turístic (Assemblea di Quartiere per la Decrescita Turistica) ha pubblicato un manifesto su 13 punti, che chiede limiti agli alberghi, all’accesso di navi da crociera, alla promozione turistica. Il tipo di proteste, molto organizzate e ideologizzate, è sintomo di una crescita di intensità rispetto al pre-pandemia.

Da dove viene il disagio

La ragione principale di queste contestazioni è più o meno identica in tutta Europa: abitazioni diventate inaccessibili, inquinamento, indebita sottrazione di servizi e risorse, assenza di adeguate strutture per gestire i flussi. Sul fronte casa, due gli aspetti principali e complementari: il primo che le abitazioni già un problema di per sé diventino ancora più scarse per la sottrazione con altri usi, il secondo l’impennarsi degli affitti per le case che restano tali. A Venezia, ormai esistono più posti letto turistici che residenti. A Malaga, gli abitanti inquilini in affitto vengono espulsi dalle proprietà che riconvertono ad affitto breve; una situazione che ha messo anche molti nella condizione di abitare in automobile. Si tratta spesso di lavoratori occupati in funzioni essenziali: dagli insegnanti agli operatori sanitari, agli addetti all’ordine pubblico, indispensabili a una efficiente gestione della città. A Ibiza, nelle Isole Baleari, la Polizia fatica a coprire i posti perché le nuove reclute non riescono a trovare una casa. E anche chi la trova è costretto a condizioni di sovraffollamento, condivisione, e comunque affitti che continuano a crescere sempre più.

Per quanto riguarda l’inquinamento, gli abitanti chiedono di introdurre pratiche più sostenibili a tutela delle varie risorse, dell’ambiente, delle strutture locali, dei beni storici. A Venice, le dimostrazioni hanno chiesto di eliminare l’inquinamento acustico da altoparlanti e regolamentare tutte le attività sul Canal Grande sia per l’inquinamento che per i danni del moto ondoso provocato dalle grosse imbarcazioni. Ottenendo in parte qualche risposta dall’amministrazione. Ma si tratta di problemi presenti in tutta Europa. Per le Olimpiadi di Parigi 2024, sono almeno 9,5 milioni ii biglietti venduti per assistere ai Giochi, in una città che conta 11, 3 milioni di abitanti. Si pensava di defecare nella Senna per protesta contro l’inquinamento dell’acqua dopo la conferma della presenza di batteri. Una serie di contestazioni bloccate dall’incombere delle elezioni generali ma che esprimono bene il contrasto tra abitanti e visitatori.

Si sostiene anche la sparizione del commercio urbano tradizionale e servizi a cui fanno riferimento i residenti per approvvigionarsi di beni indispensabili. Oltre alle difficoltà per trovare e mantenere casa anche rispondere alle esigenze quotidiane di sopravvivenza diventa impossibile. A Malaga, è impossibile trovare un ferramenta dato che i turisti non riescono a mantenere in piedi un tipo di negozio del genere. A Lanzarote, manca l’acqua per l’agricoltura e l’uso domestico: anche qui tutto si rivolge solo ed esclusivamente alla domanda turistica lasciando a becco asciutto gli abitanti.

Auspici per il futuro

Molte delle preoccupazioni degli abitanti non hanno a che fare col turismo in sé, ma più precisamente col sovraccarico turistico. Dalla sparizione delle case per abitare a quella di risorse e servizi ai residenti nessuno dà la colpa alla persona turista, si obietta semplicemente alla conversione dei propri territori a contenitore esclusivo di attività turistiche. Tutti chiedono ciò che in tante città è stato chiamato «modello sostenibile» dichiaratamente alternativo alla «deregolamentazione del turismo di massa».

Nonostante siano ovvi i vantaggi economici del settore – facilmente rilevabili nelle percentuali sul prodotto lordo di tante città e regioni europee – i contestatori sono convinti che si sia raggiunto e a volte oltrepassato spessissimo il livello di sostenibilità, sia per l’ambiente che per la qualità della via di chi lo abita. Di fronte alla domanda le pubbliche amministrazioni hanno cercato di introdurre alcune regole. Senza però ottenere gli effetti desiderati. A Venezia si è introdotto un prezzo per l’ingresso in città, che contiene il flusso e contribuisce al bilancio. Sollevando però l’opposizione degli abitanti che temono la conversione della città in un «parco divertimenti» senza disincentivare affatto le presenze. Cosa più importante ci si chiede anche come verranno usati poi gli introiti aggiuntivi di quel biglietto d’ingresso: forse per promuovere ulteriormente il turismo, invece di alleviare i disagi de cittadini?

Si vogliono invece introdurre modifiche alla macchina gestionale, per ricollocare i bisogni dei residenti sopra quelli dei visitatori casuali nelle scelte amministrative. Il turismo deve essere un vantaggio per tutti. In alcuni casi questo tipo di evoluzione sta già cominciando. A Barcelona controllando il sistema di riconversione ad affitti brevi, o le gite organizzate più impattanti in alcune zone, o riorganizzando la mobilità pubblica per tutelare alcune fasce di utenti come gli anziani. Ma si tratta di una evoluzione lenta: le regole possono agire sul breve termine sui comportamenti ma la cultura del turismo si sviluppa su tempi lunghi. Oggi molti turisti temono di andare in alcune città dove possono essere contestati, e le amministrazioni sono di fronte al problema di introdurre queste modifiche a favore degli abitanti: nessuno è contro il turismo, ma contro una sua certa subita versione.

da: Harvard International Review, settembre 2024; Titolo originale: The Misunderstood Rise of Anti-Tourism in Europe – Traduzione di Fabrizio Bottini

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