Ci sono più di novanta milioni di metri quadri di immobili destinati a ufficio che non trovano inquilini. Migliaia e migliaia di cubicoli, sale conferenza, angoli caffè e ristorazione, tutti inutilizzati e spettralmente silenziosi. È una gran massa di spazio vuoto — circa il 13% del totale di quel mercato — che si potrebbe magari riconvertire in appartamenti bilocale, o negozi, alberghi, classi scolastiche, magari studi per artisti. Almeno è quello che pensano e discutono nell’immediato amministrazioni urbane e operatori immobiliari, mentre le ricerche stimano che il valore di quegli uffici possa crollare fino a quasi il 40% rispetto alle quotazioni pre-pandemia. Ciò che si presenta come una catastrofe per molte proprietà potrebbe diventare un’occasione, quella di convertire a diversi usi quegli uffici e trasformare i nuclei terziari centrali in quartieri in cui si possa anche abitare, specie con gli Stati Uniti in passivo di oltre tre milioni di abitazioni.
Esponenti politici e del mondo economico da New York, Chicago, Filadelfia e Seattle si sono riuniti in seminari di studi e discussione organizzati dalla Brookings Institution, scambiando idee sul futuro delle proprie downtown terziarie. Si raccolgono dati sulle quote occupazionali e residenziali, le tendenze immobiliari e delle quotazioni, sicurezza, mezzi pubblici nelle varie città. Nell’insieme si spera di rafforzare la vitalità di centri rimasti più vuoti e silenziosi negli ultimi tre anni, anche se comunque sindaci come London Breed di San Francisco o Eric Adams di New York implorano gli impiegati degli uffici di «non starsene a casa in pigiama tutto il giorno» per usare le parole di Adams. La ricercatrice della Brookings Tracy Hadden Loh coordinatrice e promotrice dei seminari spiega che «Non stiamo certo pensando a una rivitalizzazione da macchina del tempo».
Non si potrebbero almeno riconvertire alcuni di quegli uffici vuoti in abitazioni? Specie nelle città in cui salgono gli affitti e c’è pochissima offerta, si tratta di una delle possibilità più gettonate. Ma anche di un problema complesso. I palazzi per uffici vengono concepiti in modo assai diverso da uno spazio residenziale. Distanze delle colonne di servizi, sistemi di finestre, pareti troppo o non abbastanza distanti una dall’altra. Cosa più importante ancora, l’immobile commerciale storicamente è più dispendioso per unità di superficie di quello ad appartamenti. A Washington, D.C., su venti candidati alla conversione se ne è trovato solo uno di edificio adatto, racconta Josh Bernstein, responsabile della Bernstein Management, che opera in entrambi i comparti. Solo la trasformazione viene a costare 4000-5000 dollari al metro quadro utile, in certi casi supera il costo di costruzione di un fabbricano nuovo.
Una recente analisi di Moody’s sugli uffici di New York rileva che solo il 3% degli edifici sarebbe adatto alla conversione in appartamenti. L’affitto medio di un appartamento a New York è poco meno di 600 dollari al metro quadro, circa il 36% della resa di un ufficio, senza contare i costi della trasformazione: «Molto facile teorizzare la conversione uffici-residenza, assai più difficile realizzarla e trarne profitto» scrive l’analista di Moody’s. Ma se il valore degli uffici si abbassa abbastanza, notano alcuni esperti, inizia la convenienza della riconversione. Fra il 2016 e il 2021, sono stati convertiti ad altre funzioni nel paese 218 complessi a uffici, vale a dire 36 all’anno, secondo i calcoli del gruppo immobiliare CBRE. Circa il 40% di queste trasformazioni d’uso sono in edifici ad appartamenti, per un totale di 13.420 alloggi. Quest’anno un piccolo incremento, sinora 42 riconversioni. Ma chi pensa al futuro delle downtown prova a riflettere in modo più innovativo.
Emma Wiseman, artista specializzata in burattini, aveva cominciato a lavorare su un film horror appena prima della pandemia, un soggetto in cui dopo una apocalisse sopravvivevano solo accessori per ufficio e come risme di carta o graffette. Poi ha visto tutti quegli uffici vuoti star lì anni mentre la gente rimaneva chiusa in casa. Oggi scrive agli esperti immobiliari chiedendo perché mai quegli spazi non possano essere riconvertiti alla produzione artistica. «È tristissimo vedere tutte questi luoghi concepiti per il lavoro inutilizzati». A Chicago, Michael M. Edwards, coordinatore del gruppo Chicago Loop Alliance, guarda i discontinui andamenti della ripresa in centro. Ha ricominciato a tornare nel suo ufficio nella primavera 2020, e ricorda quel girare in bicicletta per le vie di grattacieli vuoti e finestre sbarrate. Saliva sul treno e notava il silenzio, l’assenza dei pendolari in giacca e cravatta che un tempo lo circondavano. Edwards conta molto su un programma lanciato dall’amministrazione per convertire uffici in 1.000 unità abitative, il 30% economiche, lungo l’arteria commerciale di LaSalle Street.
Più gente vive downtown, sostiene Edwards, più persone si sposteranno facilmente verso il lavoro. E pare parte di una tendenza più generale: sono circa 40.000 le persone che vivono nell’area del Loop, rispetto alle 13.000 di dieci anni fa. Gli appartamenti nel Loop si affittano a quote più alte di quanto accadeva prima della pandemia, indice di quanto le persone siano interessate ad abitare in quegli attivissimi spazi centrali. «Si sta al centro delle cose» commenta Edwards, che lì un tempo abitava. «Dieci minuti a piedi per andare al lavoro, e di colpo si sono saltate quelle due ore da pendolare». Anche a New York, parecchie proprietà immobiliari a gran voce richiedono di riconvertire in residenziale. Si nota che esiste una diversa richiesta in crescita di spazi a ufficio lussuosi – detti Spazi di Categoria A – verso quanto si definisce un «salto di qualità». Lasciando vuoti gli spazi di qualità interiore, costruiti prima degli anni ’80. «Alcuni sono destinati a diventare edifici fantasma» commenta Bill Rudin, la cui azienda di famiglia possiede e gestisce sia complessi terziari che residenziali. «Il mercato ci dice di fare qualcosa di innovativo, inusuale, ma che come si è dimostrato funziona».
L’area di Lower Manhattan rappresenta un modello di riferimento per le possibilità di riconversione parziale da uffici a residenziale. Per ragioni finanziarie nei primi anni ’90 lo Stato di New York approvava una riduzione fiscale in un programma detto «421-g», a sostegno della variante d’uso da terziario a residenza. Così 1.200.000 mq di proprietà immobiliare a uffici a Lower Manhattan, vale a dire il 13% del totale, tra il 1995 e il 2006., è stata convertita a residenziale. «Sono cose già successe» spiega in una intervista Maria Torres-Springer, delegata del sindaco di New York per l’economia e il lavoro, aggiungendo che la Governatrice dello Stato Kathy Hochul e il Sindaco Adams hanno congiuntamente proposto di modificare la legge statale per un maggiore sostegno alle riconversioni: «Non stiamo certo con le mani in mano».
Torres-Springer aggiunge, comunque, che non si tratta di un processo tanto veloce.«C’è molto da fare prima di iniziare a convertire. In realtà sono poche migliaia gli alloggi realizzati così nell’ultimo decennio nella nostra area». Alcuni esponenti del mondo economico di New York più impegnati nella trasformazione di Lower Manhattan, come Carl Weisbrod, già a capo della Downtown Alliance, notano come la legge schivi la questione delle case economiche, oggi centrale in qualunque politica locale o statale. Filadelfia ha approvato un proprio programma di tagli fiscali nel 1997, stimolata da quanto accaduto a New York City, e l’ha allargato nel 2000. Ci sono state 180 conversioni di edifici e un incremento del 55% degli abitanti downtown. La crescita economica di Filadelfia è stata lenta negli ultimi decenni rispetto a quanto successo a New York o San Francisco, ma molte città oggi si interessano di quel programma di tagli fiscali, come racconta Paul Levy, presidente del Center City District. «Siamo un po’ una tartaruga che è rimasta in coda per un lungo tempo. Ma improvvisamente vediamo tutte queste lepri col fiato corto degli edifici terziari inutilizzati».
Sempre più proprietà immobiliari chiedono alle amministrazioni ai vari livelli di costruire sistemi di incentivi a facilitare la conversione da uffici a case. Bernstein a Washington, ad esempio, racconta di incontri con gli amministratori eletti per discutere degli squilibri tra domanda e offerta degli spazi a fronte di una oscillazione di valori e tassi di occupazione. A Washington ci sono stati solo 11 casi di trasformazione d’uso in vent’anni, secondo dati del 2019, e ce ne sono in corso altri cinque. L’azienda di Bernstein ha acquisito un fabbricato a uffici degli anni ’60 per convertirlo in albergo-appartamenti. «Dal mio punto di vista sembra di osservare una catastrofe al rallentatore. Non dovremmo sprecare così l’occasione offerta da una crisi. Tutte le città hanno l’occasione di re-immaginare il proprio nucleo terziario centrale, ma non si può farlo senza incentivi pubblici».
da: The New York Times 27 dicembre 2022; Titolo originale: What would it take to turn more offices into housing? Traduzione di Fabrizio Bottini
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