(f.b.) Il monito a non gettare frettolosamente il bambino con l’acqua sporca nell’urgenza di cambiare le cose, vale in modo particolare quando si tratta di quello sporco micidiale su quattro ruote che chiamiamo era dell’automobile privata di massa a combustione interna. Che ci lascia in eredità dopo decenni di monopolio quasi assoluto nella organizzazione della mobilità e dello spazio urbano tanti problemi, tra cui spicca quello in sé più surreale perché derivante da una specie di contraddizione in seno all’automobilismo. Cioè che l’automobile in realtà è pochissimo mobile, sta quasi sempre ferma, in media circa il 95% della propria esistenza, e codici e norme della costruzione urbana su misura per lei le hanno riservato comodi posti per farlo, sparsi ovunque: il mare di parcheggi che costituisce tanta parte della superficie non edificata delle nostre città, spesso localmente molto più grande del verde. Ma si diceva di badare bene a non gettare il bambino con l’acqua sporca, e oggi quel bambino pare impersonato piuttosto bene proprio dalle aree a parcheggio: si parla di una riduzione fino al 90% dei numero di auto circolanti nel futuro prossimo, grazie alle innovazioni tecnologiche, organizzative, ai diversi stili di vita e composizione urbana; e molte delle ipotesi di riuso di quegli spazi per la sosta paiono azzerarne anche le potenzialità di spazio collettivo accessibile sinora garantito da quella sporca funzione automobilistica. La rassegna di casi locali americani raccolta annualmente da Streetsblog e presentata da Angie Schmitt qui di seguito (eventualmente con qualche mio commento intermedio) ci propone una specie di stato dell’arte tendenziale, diciamo pure composito.
(a.s.) I lettori hanno votato, e per quest’anno è la città di Providence ad aver conquistato l’ambito Cratere d’Oro grazie al proprio impegno pluridecennale nel recupero di spazi pubblici utilizzati per le auto. La capitale dello Stato di Rhode Island sconfigge abbondantemente Pittsburgh, aggiudicandosi il 55% dei consensi dei lettori. Le due città erano arrivate al confronto finale a partire dal gruppo iniziale di 16 casi considerati interessanti per i radicali miglioramenti dello spazio urbano, da cratere automobilistico a luogo di incontro. Erano parecchie, le città candidate al premio, ma Providence col caso di Capitol Hill si è dimostrata la migliore.
Verso la metà del secolo scorso la sede parlamentare statale del Rhode Island era quasi circondata da una specie di fossato da castello composto però di grigio e morto asfalto. C’erano anche altre barriere a dividere il luogo dal centro della città, come la ferrovia, mentre il fiume scorreva sotto. Al punto che negli anni ’80 nel Guinness dei Primati, quel parcheggio piazzato sopra il corso d’acqua veniva classificato «il Più Largo Ponte del Mondo». Ma già a partire dal decennio precedente lo Stato e la Città di Providence si erano assicurati i finanziamenti federali per interrare i binari della ferrovia. Venne scoperto il fiume Woonasquatucket, e realizzati percorsi pedonali immersi nel verde di un parco sulle sponde. Oggi l’area è quasi irriconoscibile e contiene tra l’altro «centomila metri quadrati di spazio commerciale, e circa il doppio di uffici, mille stanze d’albergo, cinquecento alloggi; si sono creati diecimila posti di lavoro fissi» riassume un esperto locale.
L’attuale sindaco della città si dimostra molto fiero della vittoria e dichiara a Streetsblog: «A Providence investiamo nella costruzione di spazi pubblici molto attivi che promuovono esperienze di relazione speciali, rivolte sia agli abitanti che ai visitatori, dalla Passeggiata sul Fiume al Parco fluviale». Uno degli aspetti peculiari della votazione di quest’anno è che senza dubbio le città stanno facendo dei passi avanti. I parcheggi sono sostituiti da appartamenti, ristoranti, parchi, spazi per le persone dove prima c’erano crateri di automobili. In passato quando il concorso riguardava il peggio, cioè luoghi ancora allo stato di cratere invece di ex crateri, cercavamo certamente di prenderla alla leggera, ma la situazione risultava comunque deprimente, come a Lansing, «vincitrice» l’anno scorso, con la sede del parlamento statale circondata da piazzole di sosta.
(f.b.) Ora, senza dubbio da parecchi punti di vista possiamo davvero parlare, come fa il Sindaco di Providence, di «spazi sottratti alle auto e restituiti ai cittadini», ma è davvero così, è tutto oro ciò che ci viene sventolato davanti agli occhi? Forse da un punto di vista della generale qualità urbana, accessibilità pedonale, del verde, ambientale, ma da quello dello spazio pubblico? Forse basta dare un’occhiata alle foto del prima e poi, e considerare quei «calcoli dei miglioramenti» forniti dall’esperto per avere almeno qualche dubbio sull’equilibrio non strettamente monetario tra costi e benefici delle trasformazioni urbane, ovvero il do ut des della trattativa tra gli ingressi privati e le varie successive amministrazioni che hanno garantito il passaggio dal vecchio assetto all’attuale. Dove c’era parcheggio, accessibile a tutti per quanto in auto, grigio asfalto ma permeabile, attraversabile, adesso ci sono tutti quei bellissimi e qualificati ma privati posti letto, negozi, (pochi) alloggi, uffici. È uno scambio equo? Dal punto di vista urbano, ambientale, diciamo persino etico? La questione resta ovviamente aperta, declinabile differentemente nelle varie situazioni, ma senza dubbio cruciale. L’auto ci aveva conservato per un secolo quei luoghi disponibili, e adesso lo sono solo in minima parte per tutti. Abbiamo separato l’acqua sporca dal bambino?
Riferimenti:
Angie Schmitt, Your Parking Madness 2019 Champion: Providence, Streetsblog, 23 aprile 2019