Rassegna di regolamentazioni urbanistiche americane (2003)

I. Introduzione

Una delle componenti essenziali nella ricchezza delle aree metropolitane americane è l’organizzazione insediativa, che definisce ogni cosa, dalla densità alla composizione socioeconomica degli abitanti. Questa organizzazione è in parte conseguenza delle decisioni delle amministrazioni locali – spesso con scarso coordinamento, preveggenza, o semplicemente orientamenti da parte delle entità regionali o statali – sui caratteri fisici dello sviluppo. Fra le decisioni più importanti, quelle su come regolamentare l’uso dello spazio; una prerogativa gelosamente conservata dalle amministrazioni locali. Le regole urbanistiche contribuiscono ai molti problemi metropolitani. Gli economisti attribuiscono in parte gli alti costi dell’abitazione alle norme che limitano l’offerta e aumentano la qualità delle case e dei quartieri, in particolare nelle aree costiere. Chi sostiene i diritti delle famiglie a basso reddito incolpa alcune regole di zoning della mancanza di occasioni residenziali nelle aree suburbane. Chi è impegnato sui temi ambientali contesta che le destinazioni a bassa densità esasperano lo sprawl urbano, e di conseguenza aggravano la riduzione degli habitat naturali e il degrado qualitativo di aria e acqua. Gli urbanisti hanno rilevato che alcuni tipi di norme spostano verso altre località l’urbanizzazione, portando a un eccessivo consumo di suolo e a un aumento dei tempi di spostamento in auto.

Pure le regolamentazioni urbanistiche per quanto riguarda la casa promettono vantaggi. In realtà, la loro origine è radicata nella promessa di questi vantaggi. In teoria, esse possono offrire un meccanismo efficiente sia per contenere l’esposizione alle “esternalità”, ovvero agli effetti negativi dell’edificazione sulle proprietà adiacenti, sia per ridurre preventivamente queste esternalità. Per quanto riguarda le amministrazioni che le utilizzano, naturalmente, le regole consentono agli abitanti di ridurre la concorrenza per i servizi pubblici, equilibrare il bilancio, tutelare preziosi spazi aperti, e di conseguenza aumentare il valore delle proprietà e la ricchezza dei proprietari. Le norme urbanistiche possono anche produrre buone forme di urbanizzazione che altrimenti non si verificherebbero in loro assenza, orientando il mercato delle aree a sostenere alte densità, funzioni miste, forme insediative adeguate al trasporto pubblico che il mercato non riesce ad offrire in quantità sufficiente. Ma, nonostante la loro importanza fondamentale, si sa troppo poco sull’attuale situazione della regolamentazione dell’housing negli Stati Uniti.

La mancanza di una base conoscitiva nazionale precisa sulle norme urbanistiche ha reso difficile iniziare un panorama generale sui loro costi e benefici. I grandi titoli dei mezzi di comunicazione e l’attenzione generale tendono a concentrarsi su programmi diversi dalla normativa – emissione di titoli e land trusts – per l’acquisizione di spazi aperti. Gli studi accademici si focalizzano su alcuni strumenti, quali il contenimento dell’espansione urbana, le tariffe di impatto, le limitazioni ai permessi di edificazione. In generale le ricerche sono state ostacolate dalla mancanza di dati organizzati che consentano una valutazione generale delle regole nei contesti locali.

Per una panoramica più comprensiva delle condizioni nelle quali viene ora realizzata la maggior parte delle abitazioni negli Stati Uniti, abbiamo indagato le amministrazioni locali nelle 50 principali aree metropolitane per capire come si regolamenta l’uso dello spazio e si promuovono le case economiche. In queste aree metropolitane abitano oltre 160 milioni di persone – il 57% della popolazione degli Stati Uniti – su una superficie di quasi 800.000 kmq di territorio.
Questo studio riferisce i risultati dell’indagine (condotta nel 2003) durante la quale 1.800 città, municipi e contee hanno risposto a domande relative alle norme urbanistiche che influenzano la costruzione di abitazioni. Le risposte ci consentono di trarre una conclusione sulla natura delle norme urbanistiche a scala metropolitana, dove le regolamentazioni locali si combinano a generare risultati a scala regionale spesso inattesi.

In breve, la ricerca rileva che i tipi di regolamentazione fondamentali, come lo zoning e la pianificazione generale, continuano ad essere impiegati nelle circoscrizioni amministrative in area metropolitana di tutto il paese. Altri strumenti connessi alle riforme nell’uso dello spazio – come la crescita pianificata o il coordinamento delle infrastrutture – sono ancora poco diffusi. Comunque, il quadro cambia notevolmente a seconda delle aree del paese. Le zone metropolitane del Nord-est e Midwest tendono a usare regole che escludono gran parte delle modalità di crescita, mentre quelle del West usano norme che consentono e gestiscono la crescita. Forse dipende da questo il fatto che le zone con regole urbanistiche tradizionali tendono ad avere densità inferiori, e meno occasioni di case economiche per i bassi redditi e minoranze, di quelle che hanno adottato un nuovo paradigma di governo della crescita e dello sviluppo.

II. Le premesse

Se si escludono i fondamentali parametri costituzionali della Takings Clause, le norme urbanistiche negli Stati Uniti sono decisamente un problema locale. Dato che la costituzione USA dice poco rispetto all’organizzazione del territorio – o anche rispetto al governo locale, del resto – il problema resta responsabilità delle costituzioni statali, dei parlamenti, dei tribunali. I governi statali, a loro volta, storicamente hanno delegato le decisioni in questo campo alle amministrazioni locali – città, villaggi, municipi, contee – e solo di recente e in modo incompleto hanno cominciato a adottare il coordinamento dei piani locali l’uno con l’altro, o con obiettivi regionali e statali. E anche se esiste sorprendentemente una base comune standard per la pianificazione suburbana, esistono di certo moltissimi approcci locali.
Questo capitolo esamina l’evoluzione delle norme urbanistiche negli USA e riassume brevemente la ricerca sugli effetti di queste norme.

A. Le regole base: zoning e pianificazione generale

La forma più comune di regolamentazione urbanistica locale del paese è lo zoning. Detto semplicemente, lo zoning attiene la separazione di un’area in sezioni, o zone, con regole diverse a governare le attività. Elettori, costruttori, operatori immobiliari, per lungo tempo hanno sostenuto lo zoning per la sua capacità di stabilizzare i valori e tutelare le abitazioni unifamiliari. Ma se esiste la percezione che queste regole aumentino il valore delle abitazioni, esse possono anche imporre una serie di costi sociali, come l’esclusione di abitanti a fasce di reddito medio-basse, la congestione da traffico, il decentramento metropolitano. Spesso questi costi non sono avvertiti.

L’uso originario dei controlli del tipo zoning rispondeva a problemi di sanità pubblica. Limitazioni negli usi dello spazio vengono applicate sin dalla fine dell’800, come strumento per confinare funzioni “nocive” a certe aree della città. Ma già molto presto lo zoning si afferma anche come meccanismo di separazione per razze. Nonostante la Corte Suprema USA abbia giudicato incostituzionale lo zoning razziale nel 1917, le municipalità continuano ad adottarlo e ad applicarne le ordinanze negli anni successivi. Lo zoning dura poi molto di più in quanto strumento per dividere le persone per classi, in particolare controllando le abitazioni multifamiliari.

Sin da 1926 la Corte ha successivamente sostenuto zoning e altri strumenti di controllo urbanistico non solo per la loro capacità di prevenire le attività nocive, ma anche perché si rapportano in modo razionale alla salute pubblica, alla sicurezza e al benessere. Da allora lo zoning è stato lo strumento preferito di controllo dello spazio in America. In alcuni casi, esso si è evoluto dalle proprie radici del primo ‘900, di sistema rigido di separazione funzionale di singole porzioni di terreno, verso una forma più flessibile che consente discrezionalmente una composizione funzionale entro porzioni più ampie di territorio.

D’altra parte, la pianificazione generale storicamente ha avuto un sostegno molto meno entusiasta di quello riservato allo zoning. Un piano generale è una affermazione di principio sull’organizzazione del territorio futura e gli obiettivi di crescita entro una particolare circoscrizione amministrativa. Chiamato via via master plan oppure general land use plan, questo piano serve principalmente ad attenuare i conflitti fra i diversi usi del territorio. Ma funge anche da coordinatore di aspetti quali i trasporti, lo sviluppo economico, l’abitazione, il verde, gli spazi e strutture per il tempo libero.

Le amministrazioni locali hanno iniziato ad adottare piani generali ad un ritmo sostenuto dopo l’approvazione da parte del Congresso dello Housing Act nel 1954. La legge richiedeva ai governi locali di adottare un piano generale di lungo termine se volevano assicurarsi i finanziamenti per il rinnovo urbano o le abitazioni. Di fatto, molte città hanno approvato il proprio primo piano generale come conseguenza dello Housing Act. In molti stati, le prescrizioni urbanistiche non sono molto diverse da quelle vigenti all’approvazione della legge nel 1956; di conseguenza molti piani regolatori ancora oggi somigliano parecchio a quei primi strumenti.

A partire dalla fine degli anni ‘60, comunque, alcuni governi hanno cominciato ad imporre la pianificazione alle amministrazioni locali. La California l’ha fatto dal 1971, e immediatamente dopo ha chiesto che anche le ordinanze di zoning fossero rese coerenti alla pianificazione generale. Nel 1973, l’Oregon ha adottato una legislazione sulla pianificazione della crescita a livello statale, che richiede alle amministrazioni locali di adottare piani generali conformi ad una serie di obiettivi statali. La Florida ha adottato un programma generale per la protezione delle “aree critiche”, richiedendo pure alle amministrazioni locali per la prima volta di redigere dei piani.

Nella seconda metà degli anni ’80 una seconda ondata di stati – Washington, New Jersey, Vermont, Rhode Island, Georgia, e Maine – ha approvato leggi che richiedono o fortemente incentivano una pianificazione locale orientata ad un migliore governo della crescita, coerente con obiettivi di scala statale. La Florida ha apportato ulteriori modifiche al proprio sistema, intensificando il ruolo statale di approvazione dei piani locali. Tennessee e Delaware hanno aggiunto criterio di governo della crescita alla propria legislazione urbanistica negli anni ’90, in risposta alle pressioni create dal rapido sviluppo suburbano.

Il più noto recente esempio di legge basata su questi principi è quella urbanistica del Maryland approvata a metà anni ’90. Il cui cuore (la legge si applica a scala di territorio di contea) prevede che l’amministrazione locale individui «zone prioritarie di finanziamento» per i fondi statali in infrastrutture. Si parla di «crescita governata» a descrivere l’uso strategico dell’urbanistica, oltre che di politiche fiscali e normative, a orientare lo sviluppo secondo predeterminate direzioni. Inclusi strumenti tecnici di governo del territorio, oneri urbanistici e edilizi, programmi infrastrutturali, tutto a orientare i modi di urbanizzazione. Crescita governata è intesa come qualcosa di diverso da crescita controllata, quest’ultima a significare qualcosa che viene limitato e contenuto. E che ha come strumenti moratorie o quote massime. Una distinzione importante.

B. Regolare ritmi, dimensioni, direzioni dello sviluppo urbano

In alcuni Stati la strumentazione normativa ora va ben oltre lo zoning, verso una famiglia di strumenti intesi ad influenzare ritmi, direzione, e infine quantità dello sviluppo urbano. Una delle più significative innovazioni urbanistiche degli ultimi trent’anni è stata il fatto di prevedere e inserire gli impatti della crescita sulle infrastrutture locali e sistemi ambientali, sia a dimensione di unità insediativa minima (lottizzazioni e piani particolareggiati) che più ampia (dimensione di quartiere e urbano-metropolitana). Le amministrazioni locali ora utilizzano a questi scopi vari strumenti supplementari. Vengono imposte tariffe di impatto sulle autorizzazioni edilizie a titolo di condivisione anticipata dei costi capitale di vari sistemi infrastrutturali; si sono evolute leggi statali di regolamentazione degli obiettivi e ammissibilità di queste tariffe. Il principio di “convergenza”, spesso adottato attraverso le ordinanze per le infrastrutture pubbliche, richiede che le amministrazioni locali verifichino l’impatto dell’urbanizzazione man mano essa si sviluppa. Se una proposta di insediamento minaccia di incrementare il volume di quanto servito da una determinata infrastruttura, in modo tale da mettere in discussione l’accettabilità dei livelli del servizio erogato, al richiedente può essere negata l’autorizzazione a costruire.
Come alternativa (talvolta come aggiunta) a misure di adeguamento alla crescita infrastrutturale, esistono strumenti di contenimento o completo blocco della crescita.

Ciò accade talvolta perché i nuovi insediamenti non superino la capacità delle infrastrutture, altre semplicemente perché la crescita non sembri “troppo rapida”. I sistemi di razionalizzazione della quantità di autorizzazioni annue a costruire, fanno il loro debutto nei primi anni ’70 a Petaluma, California, e Boca Raton, Florida. Entrambe queste località erano state interessate da ondate di urbanizzazione originate dai centri delle proprie aree metropolitane. Nei primi anni, questi controlli vengono applicati soltanto a contenere le nuove costruzioni residenziali. Ma più di recente parecchie amministrazioni (come San Francisco o Seattle) hanno posto tetti massimi annui all’edilizia per uffici.

Vari studi indicano che, se i governi locali hanno messo a punto nuovi strumenti di controllo della crescita, hanno anche modificato l’uso di quelli più antichi nel tentativo di influenzare le modalità dello sviluppo. Le amministrazioni possono ridurre densità e altezze consentite (“downzoning”) o destinare meno superfici all’uso residenziale di quante ne richiede il mercato, oppure “placcare oro” i requisiti necessari per le lottizzazioni residenziali in modo tale da renderle meno attraenti per le abitazioni a basso costo. Possono anche prolungare il tempo necessario ad esaminare i progetti.

I controlli sulla crescita sono diventati più correnti in alcuni stati in parte perché esiste la possibilità di accedere a strumenti di democrazia diretta come il referendum. In California, questa accessibilità ha aumentato la consapevolezza dei cittadini rispetto alla possibilità di governare la crescita. Anche se sono soltanto il 15% delle misure di governo della crescita quelle adottate in California nel 1988 su iniziativa degli elettori, la disponibilità di questa opzione e l’esempio delle iniziative riuscite può aver influenzato le decisioni dei consigli municipali sulle questioni urbanistiche. Anche i cittadini del Colorado hanno accesso ai medesimi strumenti.
Un’ultima tendenza nella regolamentazione urbanistica locale, il contenimento dello sviluppo urbano, risponde ai problemi sia degli spazi aperti che della capacità infrastrutturale. Oregon, Washington, e Tennessee hanno tutti programmi statali di controllo della crescita che richiedono varie forme di contenimento dello sviluppo urbano.

Contenimento che può assumere forme “elastiche”, attuandosi attraverso sistemi di contingentazione tali da gestire la diffusione urbana senza imporre una linea di confine esterna; può anche trattarsi di una green belt permanente o di un limite di sviluppo urbano semi-permanente. Per attuare queste strategie di conformazione dei margini urbani, le amministrazioni locali fissano norme per limitare l’estensione delle infrastrutture, acquisiscono o modificano la destinazione d’uso le superfici poste oltre i margini di sviluppo, creano incentivi attraverso norme e investimenti pubblici per stimolare la crescita entro le aree a ciò destinate.

C. Programmi locali per l’abitazione: contrappunto al governo della crescita

Fino a circa il 1970, le case economiche sono state principalmente responsabilità o del governo federale (attraverso la realizzazione di abitazioni pubbliche) o questione del settore privato (attraverso il cosiddetto “filtering” di vecchie abitazioni verso famiglie a reddito inferiore). Ma negli anni ‘70, i problemi di accesso alla casa hanno iniziato a crescere più rapidamente dia quanto sia i programmi federali che i processi di filtering potessero offrire (anche i nuovi programmi a sussidi federali ma a realizzazione privata. Inoltre, le rivolte urbane degli anni ’60 avevano convinto responsabili delle decisioni, urbanisti e magistratura, che le aree regionali non potessero prosperare basandosi sui vecchi nuclei urbani centrali per sistemare la gran parte degli abitanti a basso reddito.

Su entrambe le coste, si svilupparono negli anni ’70 nuove strategie locali per l’abitazione, sia in risposta al mandato federale e statale, sia per un processo di innovazione da parte degli amministratori e degli abitanti che desideravano per le proprie comunità un’offerta equilibrata di case. Dopo il 1980, e il ritiro del governo federale dai finanziamenti di nuove abitazioni pubbliche, le amministrazioni locali hanno incrementato sia la produzione di norme che la spesa per le case economiche.

Una prima fondamentale innovazione riguarda l’uso delle norme urbanistiche locali per incentivare o prescrivere la realizzazione di abitazioni economiche. Queste strategie sono più frequenti negli stati i cui governi o magistrature le hanno imposte o rese disponibili ai costruttori privati, come correttivo alle pratiche locali di esclusione: soprattutto Massachusetts, Connecticut, e New Jersey. In questi stati, i costruttori che vogliono realizzare case economiche possono richiedere alle autorità superiori di scavalcare le ordinanze di zoning esclusionarie, entro le circoscrizioni dove si è fatto troppo poco per offrire in passato una certa quantità di queste abitazioni. Le amministrazioni locali propongono una serie di incentivi in cambio dell’impegno verso questi tipi, i più comuni dei quali sono premi di densità, riduzione delle tariffe di impatto, procedure di approvazione agevolate, standard edilizi e urbanistici più flessibili.

Una seconda innovazione, di nuovo spesso scaturita sia dalle imposizioni statali che dalle agevolazioni dell’iniziativa locale, è l’incremento della spesa locale in questa direzione. Le amministrazioni hanno notevolmente ampliato la propria capacità di sussidiare la costruzione di case economiche, in parte grazie alla attivazione di programmi federali come il Community Development Block Grant del 1974 e HOME Investment Partnerships Program degli anni ‘90. Negli ultimi 25 anni, New York City ha miliardi dal proprio gettito fiscale generale per sostenere le case economiche. Altre circoscrizioni hanno attinto a risorse speciali per il medesimo scopo. La California, ad esempio, chiede agli uffici locali di riqualificazione urbana di accantonare il 20% dell’incremento fiscale generato dai programmi all’interno delle proprie aree di intervento, da destinare alle abitazioni economiche.

Inoltre, le iniziative di regolamentazione locale generano gettito da destinare ad abitazioni economiche: alcune amministrazioni consentono agli imprenditori di adeguarsi alle quote di introduzione attraverso pagamenti “in-lieu”, mentre altre hanno adottato tariffe congiunte che impongono ci realizza spazi commerciali e a ufficio di contribuire con fondi destinati ai bisogno connessi di case economiche. Una volta raccolte queste risorse, le amministrazioni spesso le usano per costituire housing trust funds (HTF), che possono attingere anche da una ampia gamma di tasse, versamenti, tariffe, donazioni, fondi federali.

D. Effetti delle forme di regolamentazione urbanistica

Le ricerche sull’impatto della regolamentazione urbanistica si possono suddividere in due aree. La prima, riguarda il conseguimento degli obiettivi dichiarati: le ordinanze di zoning fanno una differenza nei modi di uso dello spazio? Il governo della crescita rallenta la crescita? I margini allo sviluppo urbano influiscono sull’espansione? La seconda: la regolamentazione urbanistica ha altri effetti “downstream” – più o meno intenzionali – su aspetti correlati quali i prezzi delle abitazioni, la qualità ambientale, la capacità infrastrutturale, la segregazione per razze e livelli di reddito?

Gran parte dei vantaggi dichiarati e dei costi della regolamentazione urbanistica partono dall’assunto che regolazione e pianificazione produrranno effetti diretti diversi nell’organizzazione del territorio di quanto non accadrebbe in un mercato senza alcuna regolazione. E si pone quella che deve essere sempre la prima domanda: l’urbanistica ha degli effetti, di qualunque tipo? É una domanda posta nelle ricerche che si chiedevano, ad esempio, se lo zoning “segua il mercato” e negli studi su quanto “funziona” il governo della crescita. Sia che le ricerche paragonino circoscrizioni appartenenti alla medesima area metropolitana, o le aree metropolitane l’una con l’altra, la risposta tende ad essere: dipende. Se, come spesso accade, la politica locale è dominata dagli interessi immobiliari e delle costruzioni, le amministrazioni adottano tipi di regolamentazione urbanistica tali da sostenere o affiancare le tendenze del mercato anziché governare i mercati delle aree. Studi hanno mostrato come in alcune circoscrizioni la regolamentazione mostri poca influenza rilevabile su quantità e localizzazioni dell’edificato, o sui prezzi dei terreni.

Altri studi hanno individuate località o regioni dove la regolamentazione ha avuto effetti diretti e sostanziali su modi dell’urbanizzazione e prezzi delle aree. Più precisamente, i tetti massimi alle autorizzazioni edilizie e un diffuso zoning a basse densità sembrano associarsi ad una crescita più rallentata, ad una minore offerta di abitazioni, e a scala regionale ad un sistema urbanizzato a minor densità di quanto accadrebbe in loro assenza.
Un forte contenimento regionale dell’espansione urbana, e la fissazione di margini, sembrano aver ridotto lo
sprawl in Oregon, ma l’applicazione dei margini solo locale o isolata può non avere, complessivamente, il medesimo effetto. A un livello più generale alcune ricerche mostrano che gli stati che si sono dotati di strumenti di governo della crescita non sono molto diversi da quelli che non l’hanno fatto. In breve, in tutte le forme di regolamentazione conta l’attuazione, e i risultati variano drasticamente secondo sia gli obiettivi iniziali delle regole che la loro applicazione.

L’evidenza fa pensare che le situazioni con regole più rigide si differenzino da quelle dove esse lo sono di meno. Tale evidenza è più netta (anche perché studiata con maggior impegno) riguardo ai prezzi delle abitazioni, che sono più alti nelle situazioni più regolamentate. Ma le regole non si limitano a restringere l’offerta: elevano anche la qualità delle abitazioni, dei quartieri, delle città.
Comunque, anche se le regole innalzano il livello qualitative senza abbassare l’offerta quantitative, esse giocano un ruolo anche nella frammentazione dello spazio secondo razza e livelli di reddito. Le ricerche in questa direzione mostrano che nelle circoscrizioni e aree altamente regolamentate c’è più probabilità di trovare abitanti e nuclei familiari bianchi, non ispanici a reddito superiore, corrispondentemente al fatto che – e almeno in parte a causa del fatto che – in queste zone ci sono prezzi delle abitazioni più elevati.

Solo di recente gli studi su regolamentazione e segregazione razziale o per redditi hanno seguito il percorso dei prezzi delle case chiedendosi se le aree metropolitane più regolamentate siano al proprio interno più integrate o segregate di quelle che lo sono di meno. I risultati fanno pensare che le aree metropolitane dove esistono programmi di contenimento dello sviluppo sperimentino un più rapido declino nella segregazione neri-bianchi di quelle prive di programmi di contenimento, anche se non appare chiaro perché esista questo rapporto fra declino della segregazione e contenimento dell’espansione. In quanto innalzatore di densità, il contenimento dell’espansione si può anche associare indirettamente ad una elevata segregazione dal punto di vista del reddito, visto che nelle aree metropolitane più dense se ne è rilevata in quantità maggiore che altrove.

Il percorso dalla regolamentazione all’esclusione per reddito o razza è complesso. Uno zoning totalmente a bassa densità, in particolare, tende ad escludere abitanti neri e ispanici dalle circoscrizioni che lo usano, riducendo l’offerta dei tipi di abitazione di solito proposti in affitto. Ciò sottolinea il fatto che le riforme richiedono una maggior precisione rispetto a quali tipi di regolamentazione si associno alla segregazione in base a reddito e razza. É anche necessario saperne di più su come diverse combinazioni di politiche a scala subregionale e metropolitana possano produrre diversi risultati per le regioni.

In definitiva, la regolamentazione locale conforma e caratterizza città, cittadine, contee e intere regioni. Zoning, piani generali, finanziamento infrastrutturale, contenimento dell’espansione urbana, moratorie edilizie, tetti massimi alle autorizzazioni, possono favorire uno sviluppo a bassa densità e il decentramento metropolitano, o promuovere un’urbanizzazione più compatta. Essi possono anche indirettamente influenzare la composizione socioeconomica della popolazione locale, aprendo o chiudendo gli accessi all’abitazione in affitto o per bassi redditi. Insieme, regolamentazione urbanistica e programmi per l’abitazione locali possono produrre a scala regionale eguaglianza o iniquità, salvaguardare o abbassare la qualità ambientale o la salubrità collettiva, costruire un sistema di servizi pubblici più efficiente, o meno efficiente.

da: rapporto di ricerca Brookings Institution, Metropolitan Policy Program, agosto 2006; Titolo originale: From Traditional to Reformed: A Review of the Land Use Regulations in the Nation’s 50 largest Metropolitan Areas – estratti e traduzione di Fabrizio Bottini

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