A chi capitasse di entrare a Pessina Cremonese, nella grande pianura una decina di chilometri a est del capoluogo, non può certo sfuggire il vistoso cartello che recita Comune libero da pregiudizi razziali, premio per la Pace 2010. E per fortuna, si potrebbe anche dire, visto che cose del genere anche nell’Italia del terzo millennio dovrebbero essere banali come l’acqua fresca, garantite dalla Costituzione e compagnia bella. Ma in epoca di verdastri figuri che ne sparano di tutti i colori in nome di improbabili identità territoriali, diritto di sangue ecc., ben venga anche un territorio che ha messo nero su bianco sul cartello da qui in là siamo ufficialmente liberi da pregiudizi razziali. La cosa poi fa il paio con la con un altro fatto: a Pessina Cremonese si era insediato il più grande Tempio Sikh d’Europa. Bello, no?
Una volta nella pianura grassa dei fossi da irrigazione e delle vacche da latte li chiamavano «bergamin», gli addetti alle stalle. Perché venivano dalla più povera alta pianura bergamasca a cercare lavoro dove scorre la Crema, anzi addirittura la Cremona da tanta che ce n’è. Poi nei territori asciutti bergamaschi hanno trovato una coltura che pare rendere meglio, quella dei capannoni, e i bergamin nella grande pianura irrigua hanno cominciato a importarli da più lontano, addirittura dal subcontinente indiano. Magari pensando, a torto o a ragione, che chi viene da un posto dove alcuni considerano sacra la vacca, chissà come le coccola, quelle preziose bestie, che produrranno sempre più crema. E basta imboccare una qualunque delle traverse che incrociano la Padana Inferiore highway 10, per iniziare lunghi percorsi a serpentina fra lontani orizzonti di silos, edifici bassi, e l’onnipresente più o meno sottile odore di stalla, per vedere che da queste parti la popolazione dotata di turbante, lunga barba, eleganti abiti etnici per le signore, e incarnato diciamo poco padano, sta perfettamente inserita nel territorio.
Oppure, per una immagine meno bucolica, si può fare una spedizione comparata fra i centri commerciali che spuntano dai campi di granturco più o meno tra la fascia della highway 10 e quella (svariati chilometri più a nord) della 235 bresciana-cremasca, o della Padana Superiore 11 già sull’orizzonte alpino. Qui soprattutto il sabato la popolazione new-bergamin in prevalenza sikh salta davvero all’occhio, con le numerose e corpose famiglie in spedizione automobilistica shopping-relax ai confini del consumismo, versione postmoderna del vecchio detto tutti casa e bottega ma anche no. Eravamo però partiti da Pessina Cremonese col suo Tempio, e adesso ci torniamo subito, ma dopo aver ripassato un paio di cose. Dove si vedono (dove presumibilmente stanno soprattutto) gli amici sikh? Fra stalle e agresti decentratissimi dintorni, poi al sabato nelle decentratissime cattedrali della religione consumista. Ma finalmente adesso li vedremo e incontreremo in pompa magna a Pessina, nel loro Tempio più Grande d’Europa, di fianco a quel cartello che proclama giustamente e orgogliosamente Comune libero da pregiudizi razziali. Sbagliato!
Sbagliato, sbagliatissimo, perché dietro a quel cartello c’è il villaggio o nucleo comunale che dir si voglia di Pessina Cremonese, con qualche grosso impianto di stalle ai margini, il campanile, il campo sportivo dell’oratorio eccetera. E invece il Tempio Sikh più grande d’Europa, per trovarlo, bisogna andare proprio da tutt’altra parte, e a piedi non è certo una passeggiata, neanche in bici a ben vedere. Tocca uscire dal paese, passare di fianco al cartello anti-discriminazione, scendere fino alla linea della Padana Inferiore, seguire il tracciato della statale verso est, e poi giù per il curvone verso Piadena oltre la casa cantoniera in disuso e la vecchia cascina dove molti anni fa qualcuno aveva aperto decisamente on the road l’innovativo Bar dell’Autista. Ancora oltre, passato un più prosaico distributore, si imbocca a destra la strada per Torre de’ Picenardi (per i letterati è l’ex feudo del manzoniano Fra’ Cristoforo, personaggio realmente esistito) e finalmente appare la modesta capannonata. Perché di questo si tratta: il Tempio Sikh più grande d’Europa, è un capannone fra capannoni, indistinguibile salvo un rivestimento vagamente più curato da quelli che ci stanno accanto, magari (senza nessuna offesa naturalmente) anche da quello che un paio di chilometri più avanti sulla statale inalbera l’insegna Biberon Lapdance.
Se si scorrono gli articoli di giornale che a suo tempo raccontavano brevemente la storia della singolare struttura, naturalmente si trova anche la perfetta spiegazione tecnica, contestuale, amministrativa, finanche culturale. Per quanto riguarda la comunità Sikh quello pare sia l’unico terreno trovato con dimensioni adeguate da comprare e edificare: circa 25.000 metri quadrati di spazi sociali, di culto, incontro divisi in vari ambienti su due livelli. Per quanto riguarda il consorzio di comuni più amministrazione provinciale che si sono fatti carico di coordinare l’iniziativa è una posizione più o meno baricentrica, adatta, con destinazione d’uso sostanzialmente compatibile. L’architetto progettista come da specifico incarico e forse predisposizione culturale, inizia a ragionare a fil di parete, racconta di funzioni interne, di scelta dei materiali, di adeguamento di cose locali a esigenze diverse (si era anche parlato di importare da chissà dove gigantesche cupole dorate da stagliare sull’orizzonte padano). Ma resta qualcosa che non va, proprio non va: capannone, centro commerciale, deposito, lottizzazione industriale, strada a cul-de-sac. Tutto converge a evocare la parolina magica che da mezzo secolo perseguita i sonni di urbanisti, sociologi, ambientalisti: sprawl, ovvero segregazione urbanistica che si traduce in segregazione sociale, piaccia o meno a chi la subisce o magari se la cerca.
Quel baccello cementizio a fondo chiuso sulla diramazione della highway 10, a un paio di chilometri abbondanti da Pessina vera e propria, e almeno altrettanti dal resto del mondo civile in tutte le direzioni, forse non a caso alla fine ha messo d’accordo tutti, emarginando anche le solite opposizioni dei legaioli duri puri e coglioni. Quelli che non capiscono, come sottolineano ovviamente gli altri, che l’economia locale – su cui campano pure terra sangue e diritto – senza la comunità sikh andrebbe in malora in una settimana. Bisognerebbe fargli il monumento, oltre al Tempio! Ma anche quelli che capiscono, che parlano di integrazione, magari non di multiculturalismo perché gli echi europei meglio lasciarli dentro la televisione, pare non vedano l’evidenza: perché la chiesa di Pessina sta al centro del paese e il tempio sikh a tre chilometri di distanza da tutto? E tanto per dirla chiara, perché un centro che si rivolge a un territorio immenso non sta nel posto più ovvio, ovvero direttamente a Cremona, il capoluogo? Di aree industriali dismesse a cui dare una nuova e nobile funzione ce ne sono a bizzeffe, a ridosso del centro: una cupola dorata ad affiancare il Torrazzo non ci starebbe magnificamente?
E invece no: è la sottile pervasività della religione ecumenica dello sprawl a mettere d’accordo tutti. La comunità sikh che trova un terreno edificabile economico. Gli amministratori locali che si fanno belli con le dichiarazioni di principio e i cartelloni con stampato su un bello slogan assessorile. Si avvisa addirittura la vigilanza urbana e la polizia stradale di andarci piano con le multe o sanzioni peggiori, per i sikh che guidano il motorino senza casco tra una stalla e l’altra: la loro religione impedisce di levarsi il turbante, e questo a sua volta impedisce di metterlo, il casco. Ci sarebbe la legge, ma la vacca è sacra! Sotto sotto addirittura i biliosi legaioli irriducibili, accettano questa forma di perfetta integrazione segregata, che a suo modo declina localmente il globale «aiutiamoli a casa loro». Lontano dagli occhi lontano dal cuore. Oppure, letto da sinistra, oggi la fabbrica-territorio può svolgere il medesimo ruolo di integrazione del grande impianto centralizzato di una volta. Peccato che manchi una cosuccia: la città attorno all’impianto, e che un processo di integrazione schizofrenico come quello del costante pendolarismo da sprawl non sia da augurare neanche ai peggiori nemici. Insomma tanti auguri alla comunità sikh, ai tentativi di condividere valori, stili di vita, integrazione territoriale e socioeconomica. Ma anche a noialtri, perché si provi magari a fare meno cazzate.
(questo articolo, con pochissime modifiche di declinazioni dei verbi al passato o al presente, era stato scritto per Eddyburg nel 2010 all’inaugurazione del Tempio di Pessina)