Ricerca sociologica e formazione dell’urbanista (1961)

Arthur Gallion 1950

Una buona urbanistica trova le sue basi nei fatti e principi verificati, ma sia i fatti che i principi derivano da un processo di ricerca. Quindi una buona pianificazione che costituisca un passo avanti rispetto al laissez faire deve essere preceduta da una buona ricerca. La ricerca è però a suo modo una specializzazione. Nonostante esistano molti aspetti su cui un urbanista può lavorare da solo, altri fondamentali non sono gestibili perché troppo complessi e particolari. Per esempio oggi le ricerche risultano assai più rapide ed economiche di quanto non accadesse con le vecchie indagini preliminari urbanistiche, utilizzando i moderni metodi della campionatura e insieme dell’elaborazione statistica dei campioni. Pochi pianificatori sono in grado di individuare un campione adeguato, verificarlo sul campo, gestirlo per tabelle e relative analisi.

Complessità e specializzazione tecnica che ritroviamo anche nelle interviste in profondità per individuare bisogni e in altri aspetti delle ricerche. L’urbanista non ha a disposizione tempo ed energia sufficienti per farsi ricercatore specializzato. Per dirla tutta l’obiettivo della pianificazione è troppo grande e importante perché una sola professionalità possa gestire insieme analisi e programmazione. L’urbanista deve diventare una sorta di raffinato consumatore critico della ricerca altrui, e instaurare con l’area della ricerca un rapporto di stretta collaborazione. È quindi mia opinione e deciso orientamento che i due enti [Università di Pittsburgh e Carnegie Institute of Technology che sostengono un programma formativo per urbanisti] individuino come pilastro portante della scuola e dei laboratori l’insegnamento di metodi di valutazione dei vari rapporti di ricerca, in un quadro di collaborazione tra urbanista e studiosi.

Mi sono riferito sinora alla «ricerca» in termini molto generali. Certamente molti converranno che quanto affermato assume senso per esempio applicato al traffico, ai centri commerciali, alle demolizioni di case malsane, dato che ovviamente qualunque decisione dipende dalla conoscenza dei flussi di veicoli, bacini commerciali, condizioni edilizie. Ma ci si potrebbe anche chiedere quale sia il contributo specifico della sociologia e relativa ricerca all’urbanistica. È mia opinione che esistano almeno cinque grandi ambiti di analisi sociale in grado di contribuire ad «acquisire i fatti e valutare la situazione». Sono:

Studi sulla Popolazione — ricerche su quantità, distribuzione, composizione delle popolazioni metropolitane e cambiamenti nell’area di Piano.

Ecologia Umana — ricerche sulla comunità intesa come organizzazione sociale ed economica in uno schema di relazioni – spaziali, temporali, funzionali – con particolare riguardo alle attività (forza lavoro, occupazione, settori ecc.).

Organizzazione Sociale — ricerche sui raggruppamenti umani nel territorio: appartenenza, partecipazione a enti e istituzioni, organizzazione degli enti e istituzioni stesse, usi costumi e comportamenti degli abitanti a cui il Piano è rivolto.

Degrado sociale e problemi della comunità — ricerche sulle situazioni sociali considerate problematiche o patologiche. Troppi urbanisti sottovalutano il fatto che il territorio di piano è anche territorio dei problemi, e molti degli abitanti sono abitanti problematici.

Psicologia Sociale — ricerche sugli individui in quanto singoli o partecipanti a gruppi di quartiere o urbani, i loro atteggiamenti e opinioni, i cambiamenti nel tempo.

Conducendo ricerche da queste cinque prospettive (o unendo varie prospettive se il problema particolare lo richiede) credo l’urbanista possa costruirsi solide basi su cui costruire un Piano. Ciò premesso vorrei pur brevemente riassumere quale sia il tipo di lavoro di ricerca in ciascuna delle aree di studio, utile allo scopo di una buona urbanistica.

Studi sulla Popolazione – Possiamo articolarli in tre sotto-ambiti.

Ricerche sulle quantità, crescita o decrescita. Ovvero studi sulla fertilità, mortalità, migrazioni.

Ricerche sulla composizione della popolazione, ovvero: quante famiglie in un’area, età, sesso, razza, occupazione, reddito, livello di istruzione, stato civile.

Ricerche su tendenze e cambiamenti nella popolazione, cioè analisi, interpretazione, spiegazione.

Arthur Gallion 1950

In passato i demografi si sono interessati ai problemi di scala nazionale. Col crescere dell’importanza della dimensione urbano-metropolitana anche gli studi si sono concentrati di più sui problemi locali. Quando un urbanista inizia ad operare su un territorio la primissima informazione che gli serve riguarda la popolazione. Quanti abitanti e famiglie, fasce di età, composizione etnica, occupazione e fasce di reddito, istruzione. Vuole sapere come sta cambiando la sua area, descrizioni e spiegazioni di quel cambiamento. In risposta a queste necessità l’Ufficio Censimento ha aggiunto rilevazioni per isolato urbano nella prossima tornata. L’urbanista ha necessità di queste informazioni circoscritte perché spasso opera su aree assai limitate. A volte i dati sugli isolati urbani potrebbero risultare diversi da quelli necessari, le informazioni in certi casi ancora più dettagliate.

Ecologia Umana

L’ecologo umano considera la città un sistema dentro cui scavarsi un’esistenza. L’urbanista deve cogliere quanto la città debba essere al tempo stesso abitabile e funzionale. L’ecologo quindi deve ribadire all’urbanista la sua natura economica. Lo fa costruendo carte che mostrano le distribuzioni nello spazio di fabbriche, scuole, negozi ecc. L’ecologia evidenzierà ad esempio le correlazioni tra inadeguatezza delle case e tassi di criminalità urbana. Nei tempi più recenti questa disciplina ha cercato di evolversi in una dimensione meno descrittiva sviluppando principi e teorie: citiamo qui la previsione dei movimenti razziali all’interno di una città, o la spiegazione dei comportamenti di mobilità sulla base delle attività economiche.

Organizzazione Sociale

Sia molti sociologi che urbanisti (quelli che apprezzano soprattutto gli ambienti rurali) della città condannano le relazioni crude e impersonali, che contrasterebbero con la calda familiarità delle zone di campagna. E hanno storicamente tentato di convincere chi si occupa di territorio che la città è senza speranze. Ricerche sociologiche più recenti mostrano però che si tratti di una affermazione non vera, che nella città esistono gruppi informali in grado di garantire calore alle relazioni interpersonali. Oggi il sociologo ha di fronte a sé molto materiale su cui riflettere e svolgere ulteriori ricerche. E l’urbanista potrà usare le informazioni del sociologo per pensare a città più abitabili.

Degrado Sociale

Qualunque comunità ha situazioni problematiche. La città funziona un po’ come una specie di setaccio che sceglie le persone e le deposita qui e là nella stessa area. I poveri in alcune sacche, gli alcolisti in certi vicoli. Certe zone presentano problemi, certe altre meno. L’urbanista in genere risolve le questioni delle aree problematiche. Dentro cui di solito esiste molta disorganizzazione sociale; spesso l’urbanista pare ritenere che le persone con cui si rapporta per la redazione del suo piano siano cittadini medi che hanno semplicemente avuto la sventura di finire in una abitazione degradata. Cosa non vera. Molte di queste persone hanno problemi anche gravi, dall’alcolismo del capofamiglia, a disabilità e altro. Cose che un urbanista non deve per forza conoscere e comprendere. Lo testimonia il fatto che in qualunque programma di riqualificazione di solido sia assente proprio la questione dei vicoli di degrado [skid-row n.d.t.]. Non si riesce a capire come gestirli: demolirli potrebbe semplicemente vederne spuntare di nuovi moltiplicati altrove? L’urbanista ignora chi ne possano essere gli abitanti e quindi come agire. Un’altra area problematica in cui la ricerca sociale fornisce al progettista informazioni di dettaglio.

Psicologia Sociale

L’urbanista non sempre riconosce il valore delle ricerche in psicologia sociale e delle attitudini, ritenendo che nel proprio programma non trovino spazio. Si dice che chiedendo a qualcuno se gli piacerebbe fare questo o quello, in realtà non riesce a rispondere visto che non ne ha alcuna esperienza; cioè pare impossibile chiedere alla gente cosa ne pensano di abitare in un appartamento in un edificio a torre, se non ci hanno mai allevato dei figli. Ma nonostante queste perplessità esistono situazioni dove la psicologia sociale ha un ruolo ben preciso nell’urbanistica. Una funzione è quella di cassetta dei suggerimenti: se si pensa di ricostruire totalmente una zona ma lasciandoci le stesse persone ad abitare, occorre chiedere loro cosa non gradiscono nella loro zona. Può darsi che si tratti dell’aspetto fisico degli edifici, o di rumori, dei questuanti, degli scippatori e via dicendo; vorrebbero che si facesse qualcosa contro la criminalità. Magari ritengono adeguati i servizi commerciali, ma si potrebbe far meglio per il fumo o l’illuminazione stradale. Un secondo aspetto in cui può essere d’aiuto lo psicologo sociale è quello del pregiudizio.

Arthur Gallion 1950

Un urbanista potrebbe fare l’errore di pensare che le persone a cui rivolge il proprio progetto capiscano i problemi della propria area e ne seguiranno la programmata evoluzione. Ma fin troppo spesso non succede affatto così. Esistono i pregiudizi, i gusti, gli orientamenti, che non vanno affatto nella direzione pensata dall’urbanista, non si comportano come dovrebbero nel piano. Lo psicologo sociale studiando l’area rileva gusti e pregiudizi delle persone, così che l’urbanista poi possa o progettare tenendone conto, oppure iniziare un programma di formazione e consapevolezza concepito per ridurre al minimo i pregiudizi e preparare gli abitanti all’attuazione del piano.

Valutare i problemi urbanistici da un punto di vista sociologico consente all’urbanista una prospettiva più ampia. Capendo anche come per esempio non basti togliere il vagabondo alcolista dalla sua pensioncina precaria e metterlo in una casa più decorosa per risolvere quel problema. Pensare allo spazio fisico non basta. L’urbanistica è rivolta all’essere umano e quindi la sua riflessione deve comprendere gli aspetti e organizzazione dei servizi di welfare prevenzione della delinquenza giovanile, tribunali, partecipazione organizzata delle famiglie e altre responsabilità pubbliche. Aspetti sempre più riconosciuto da molte associazioni urbanistiche. Ruolo del sociologo è svolgere ricerche per allargare la prospettiva di progetto.

da: Harvey S. Perloff (a cura di), Planning and the Urban Community, University of Pittsburgh Press, 1961 – Titolo originale: Sociological Research and Urban Planning – Traduzione di Fabrizio Bottini
Vedi dalla medesima raccolta anche anche
G. Holmes Perkings, Urbanistica e Architettura 

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