A FAVORE: COI ROBOTAXI CITTÀ PIÙ SICURE
In agosto la California Public Utilities Commission ha deliberato la concessione del servizio veicoli a guida autonoma AV per le compagnie Cruise e Waymo (sussidiarie di GM e Alphabet) a San Francisco su tutto l’arco delle 24 ore. Una decisione che si è attirata molte critiche da più parti tra cui spiccano quelle di chi ritiene che per le politiche urbane questo sia solo un favore alle automobili. Tra questi un gruppo di piantagrane radicale che si chiama Safe Street Rebel ha prima anticipato a decisione via Tik Tok e poi sparso San Francisco sui percorsi delle auto a guida autonoma di coni di plastica fluorescenti da traffico impedendo il passaggio. Al’opinione decisamente contraria del gruppo si è poi unito dopo la decisione della Commissione anche il City Attorney, David Chiu, presentando un ricorso secondo cui tutta la città «subirà grave danno» da questo incremento di auto AV.
Ma, se l’obiettivo sono città più sane ed efficienti, pare davvero mal diretta questa opposizione ai veicoli pubblici a chiamata a guida autonoma di Cruise e Waymo, anche tenendo conto di tutti gli intralci nei loro progressi. Da studioso del tema al Manhattan Institute lavoro proprio sui rapporti fra città e mobilità, l’ultima mia pubblicazione «Autonomi Subito: perché abbiamo bisogno dei veicoli a guida automatica a come possiamo arrivarci più in fretta» espone i vantaggi del taxi senza pilota e spiega come la pubblica amministrazione possa facilitare il percorso di queste nuove tecnologie senza per questo indebitamente rafforzare il predominio dell’auto nei trasporti. Ciò che non capiscono militanti delle associazioni e amministratori locali è che le loro preoccupazioni – dalla sicurezza stradale alla qualità urbana a una mobilità economica e accessibile – vengono più che adeguatamente affrontati dagli AV.
Il fatto di queste critiche e contestazioni ai veicoli a guida autonoma è che colpiscono un punto della cultura automobilistica, ben individuato da Safe Street Rebel. Negli ultimi tre anni l’ecosistema trasportistico auto-centrico americano ha lasciato una scia di 120.000 morti sulle strade e riempito i pronto soccorso di dieci milioni di feriti. Tremende statistiche che non riguardano certo solo i territori extraurbani e rurali. Nelle cinque città più grandi – New York, Los Angeles, Chicago, Houston, Phoenix – si calcolano 12.000 morti da incidenti stradali con collisione di veicoli solo nel 2022. Più di cento persone morte a San Francisco dal 2020. Occorrono certamente interventi su questo punto, ma al contrario di ciò che pensa Safe Street Rebel i veicoli senza conducente a chiamata sono più parte della soluzione che non un problema.
Il ragionamento su questi veicoli Autonomous Ride-Hailing o ARH si basa sui vantaggi pratici rispetto a quelli con operatore umano. Anche mettendo in sospeso per un attimo il robotaxi in sé, basta pensare a quanto abbia contribuito recentemente la mobilità a chiamata di Uber o Lyft alla riduzione delle vittime della strada, là dove sono state rilevate statistiche mirate. Uno studio del 2021 dal National Bureau of Economic Research conclude che la sola presenza di un singolo operatore come Uber ha risparmiato 500 vite di americani nel 2019. E il motivo principale sta nel fatto che si è ridotta l’incidenza della guida sotto l’effetto dell’alcol semplicemente fornendo una semplice alternativa. Anche con questa riduzione stiamo comunque attorno ai 10.000 morti l’anno per l’alcol guidando.
Col veicolo autonomo si moltiplicano i vantaggi di quello a chiamata in due modi. Primo, in un contesto viario regolare e definito come quello di San Francisco, la guida autonoma già si conferma molto più efficace nell’evitare collisioni, specie quelle gravi con feriti, rispetto alle gestione umana. Contro gli scetticismi nei confronti degli ARH il giornalista specializzato in tecnologie Timothy B. Lee ha provato ad analizzare l’intera banca dati della California sugli incidenti con veicoli autonomi. Cruise e Waymo riferiscono di 102 casi, su un totale di circa nove milioni di chilometri percorsi a San Francisco al 25 agosto 2023. Nella quasi totalità collisioni a bassa velocità senza alcun particolare problema di sicurezza – scrive Lee – e in massima parte anche quelle per colpa dell’altro conducente». Oltre tre milioni di chilometri percorsi a San Francisco e i veicoli Waymo coinvolti in soli quattro incidenti di una certa gravità: la metà di quanto calcolabile a scala nazionale con conducente umano. Cifre in linea con uno studio promosso da Cruise insieme a Università del Michigan e Virginia Tech, dove si conclude che i propri veicoli hanno il 50% in meno di probabilità di incidente, e il 70% di incidente con feriti, rispetto a quelli con conducente umano in area urbana. Certo la guida autonoma non è perfetta e non lo sarà mai, ma qui il termine di comparazione non è l’infallibilità ma l’errore umano.
In secondo luogo i veicoli autonomi a chiamata sono potenzialmente assai più a buon mercato rispetto alle tariffe dei corrispettivi a conducente Uber o Lyft. Il modello operativo commerciale AHR è diverso da quelli che l’hanno ispirato. La compagnia è proprietaria del veicolo lo gestisce, e si fa carico della tecnologia di automazione. Che certo è costosa, ma i risparmi indotti dalla eliminazione del conducente sono molto superiori. Una analisi McKinsey del 2022 calcola che entro il 2030 gli AHR potrebbero offrire tariffe a meno della metà di quelli attuali con guidatore. Risparmi che poi condizionano altri aspetti. Offrendo tariffe inferiori si tolgono da dietro il volante molti più conducenti a rischio portandoli verso modalità sicure. E l’abbassamento generale dei costi dovrebbe allargare il campo ben oltre questo segmento dei bevitori da fine settimana: ci sono i non conducenti come adolescenti, anziani, disabili e altri che oggi si vedono costretti a dipendere da altri o da un trasporto pubblico non efficientissimo: un bel progresso per il problema nazionale di isolamento dalle relazioni sociali.
E passiamo adesso a rispondere alle altre critiche. Chi si occupa di politiche urbane ed è contro la proliferazione dei veicoli a guida autonoma, ritiene che essi possano prolungare per inerzia la centralità automobilistica e sottrarre risorse invece al passaggio verso alternative meno inquinanti, dalla pedonalità, alla ciclabilità. Ma l’effetto potrebbe anche in realtà essere l’esatto opposto. Man mano i veicoli a guida autonoma e condivisi erodono l’indispensabilità di possederne uno, ci saranno sempre più persone che smettono di considerarsi automobilisti. Una volta iniziato quel processo la situazione che gli oppositori definiscono «pensare automobilistico» si attenua, e insieme ad essa gli ostacoli ad una progettazione urbana migliore. Basata, invece che su segnaletica di traffico a ridurre il rischio degli errori umani, sull’idea di costruire anche per veicoli meno propensi a costituire una minaccia per chi sta al di fuori. Ancora da stabilire le forme, di quella città, ma è certo che il veicolo a guida autonoma rende più semplice concepire vie per le persone. Oggi San Francisco può essere il fronte più avanzato.
Altra preoccupazione degli attivisti è che i robotaxi sottraggano utenti al trasporto pubblico. Ma anche in questa prospettiva serve comunque una riflessione su un servizio migliore dei mezzi collettivi. Un AHR sposta da Origine A a Destinazione B con tariffe che possono essere considerate concorrenziali con quelle del trasporto pubblico – in termini monetari così come di tempi – e ciò deve essere considerato un progresso. Come ha dimostrato il decano di economia urbana Alain Bertaud, le automobili servono di più man mano si deconcentra l’attività commerciale nell’area metropolitana. E guarda caso l’auto a guida autonoma arriva nelle città in cui il trasporto pubblico sta perdendo smalto. Peraltro le tecnologie utilizzate nei veicoli automatizzati aprono nuove prospettive al trasporto collettivo non basato su strutture fisse come i binari. Pensiamo se si adottassero i minibus di Hong Kong a San Francisco, ma usando le tecniche driverless. La diminuzione dei costi da sola pare già uno stimolo sufficiente. E Cruise sta già lavorando su un veicolo navetta minibus che si chiama Origine.
Invece di rendere la vita difficile ai veicoli senza conducente, la pubblica amministrazione dovrebbe operare verso una loro maggiore sicurezza e per aumentare la mobilità. Nella mia citata ricerca indico esplicitamente alcune soluzioni come più spazi di sosta su strada per carico-scarico passeggeri, a cui possano accedere sia taxi con conducente che senza. Altra idea è di consentire ai veicoli AHR accesso a certe aree oggi chiuse alle automobili dove entra solo il trasporto pubblico, ad esempio a San Francisco Market Street. Una terza raccomandazione è di mettere in campo politiche di ingresso a pagamento così da evitare «auto zombie» senza conducente che girano solo alla ricerca di clienti. E le regole statali da parte loro dovrebbero collaborare istituendo entità di controllo e coordinamento del settore veicoli autonomi, come oggi per esempio già succede in Texas. Il governo federale può partecipare centralizzando una raccolta dati per migliorare sicurezza fissare regole per le concessioni e stimolare progressi.
Servono vie più sicure e una migliore mobilità. Hanno ragione in questo i critici dei veicoli a chiamata senza conducente, ma i problemi non si risolveranno certo togliendoli dalle strade. Perché sono una soluzione intelligente alle questioni urbane e ha fatto benissimo la California Public Utilities Commission a dargli il semaforo verde dell’autorizzazione.
CONTRO: I ROBOTAXI SONO SOLO AUTO-CENTRICI
Entusiasmo tra i nerd tecnologici il mese scorso quando la California Public Utility Commission ha deliberato la concessione a due compagnie di taxi a guida autonoma per allargare il servizio a San Francisco. Grazie ai robot-conducenti, ci dicono, potremo andare ovunque con pochi spiccioli senza inquinare e in perfetta sicurezza, coi veicoli gestiti da Cruise e Waymo. Purtroppo siamo costretti a deludere queste rosee aspettative: non c’è nessun futuro idilliaco in vista. Le automobili rimangono sempre e comunque incompatibili con le città, e le cose non cambieranno certo con quelle che si guidano da sole. E che anzi creeranno nuovi problemi, come abbiamo già visto a San Francisco.
Siamo membri di Safe Street Rebel, gruppo di base che rivendica vie fatte per le persone e non per le automobili. Forse avete sentito delle nostre proteste contro i veicoli autonomi, fatte posando coni da traffico fluorescenti sui loro sensori e così immobilizzandoli. Lo facciamo per promuovere sicurezza, contro questi veicoli che portano passeggeri e tagliano percorsi di autobus o passaggi pedonali. La nostra azione intende scongiurare la minaccia di meno sicurezza portata da più veicoli autonomi per le strade, già dominate da altre automobili. A differenza di quel che ci viene promesso, la guida autonoma fa i medesimi errori di un conducente umano: non si dà la precedenza al pedone, non ci si ferma per lasciar passare, non si rispettano le ciclabili, tutti i soggetti vulnerabili restano esposti al traffico. Ma c’è anche altro e peggio.
Si blocca frequentemente il traffico fermandosi in mezzo alla strada, a causa di cantieri o agli incroci, o accanto ad altre auto bloccate. Questo continuo ripetersi di incidenti mostra quale sia la vera natura dei veicoli autonomi, che autonomi non sono affatto, necessitano di squadre di operatori umani a distanza per essere sbloccati. La nostra protesta coi coni stradali evidenzia e denuncia questi problemi. Ma i veicoli senza guidatore si bloccano anche da soli, e in posti e situazioni ancora più a rischio. Il Servizio Antincendio di San Francisco riporta almeno 55 incidenti coi propri mezzi, e tanti altri ne succederanno inevitabilmente: questa è una delle ragioni che hanno spinto il City Attorney di San Francisco a presentare ricorso contro la concessione. Attraversamenti bloccati o rallentamenti dei mezzi dei pompieri possono apparire poca cosa rispetto alla violenza degli incidenti stradali, ma pongono comunque seri rischi. Un intervento d’emergenza ritardato dei pompieri a di un’ambulanza può provocare dei morti, così come un pedone costretto ad aggirare un attraversamento bloccato da una driverless car ferma in stallo. Crolla tutta l’idea di sicurezza di questi veicoli.
I veicoli senza conducente si guidano da soli poi in modo a dir poco stravagante. Una indagine condotta l’anno scorso dalla National Highway Safety Administration sui mezzi di Cruise rilevava una tendenza a frenare bruscamente e improvvisamente, causando tamponamenti. E abbiamo visto robotaxi in fortissima difficoltà dentro a situazioni di traffico del tutto normali, senza riuscire a adattarsi a tutto ciò che esce da un determinato standard comportamentale, fino a infilarsi fuori carreggiata dentro un cantiere. Gli umani sono senza dubbio dei conducenti terribili non garantiscono alcuna sicurezza. Ma affermare che invece i veicoli a guida autonoma sono sicuri non ha alcun fondamento nei dati, che peraltro spesso sono raccolti e trattati in modo impreciso e discontinuo.
Cruise, di proprietà GM, afferma che rispetto ai conducenti umani i propri veicoli sono coinvolti nel 73% in meno di incidenti «a significativo rischio di feriti». Ma nell’amministrazione di San Francisco gli uffici hanno invece calcolato un tasso di incidentalità dei robotaxi di 6,3 volte la media nazionale (dei veicoli con conducente umano). Le auto di Cruise a agosto hanno percorso complessivamente circa sei milioni di chilometri senza conducente, e Waymo, proprietà di Alphabet sussidiaria di Google, ne ha percorsi pochi di meno. I guidatori umani uccidono una persona più o meno entro i 120 milioni complessivi di chilometri percorsi a San Francisco, e dunque ai veicoli autonomi manca ancora una distanza di dieci volte tanto a raggiungere quel traguardo. Dopo aver deliberato la concessione ai robotaxi il mese scorso il consigliere della Commissione ed ex legale di Cruise, John Reynolds, ha dichiarato che «non abbiamo ancora i dati per giudicare comparativamente i veicoli autonomi rispetto a quelli con conducente umano». Giusto: ed ecco perché non dobbiamo fidarci troppo delle affermazioni delle compagnie.
Esiste inoltre un altro gigantesco problema più generale: le auto stesse sono un mezzo spazialmente inefficiente per spostare le persone in città. I mezzi pubblici in sede riservata, le piste ciclabili, addirittura i marciapiedi, possono muovere dieci volte tanto per corsia. Infine le auto – autonome o non autonome – saranno sempre fonte di sprechi, sia mosse da carburante che dall’elettricità. L’estrazione di litio e cobalto per le batterie distrugge ecosistemi fragili nelle terre delle comunità indigene e ha provocato morti tra i lavoratori e violazioni dei diritti umani. Rispetto ai veicoli a carburante quelli elettrici producono meno emissioni di CO2 per gli scarichi, ma contribuiscono all’inquinamento sia dagli pneumatici che dal consumo dei freni, una delle principali fonti di microplastica presente nelle acque, e più particolato degli scarichi da combustione.
Pare piuttosto ingenuo credere ancora che ci possa salvare il capitalismo. Cruise e Waymo ci promettono di diffondere la mobilità grazie a tariffe inferiori a quelle dei taxi con conducente umano, però i prezzi adesso non sono certo più bassi di quelli di Uber o Lyft. Le compagnie di veicoli autonomi sostengono di favorire una diminuzione dei veicoli in proprietà circolanti, esattamente come facevano di recente Uber o Lyft ma poi le auto sono aumentate anziché diminuite. I passeggeri di quel tipo di mezzi vengono sottratti a treni e autobus, e coi roboaxi succederà la stessa cosa. La politica sfrutta il veicolo senza conducente per tagliare ancora i trasporti pubblici, mentre la polizia approfitta dell’utile servizio di quelle vere e proprie «telecamere installate su ruote»: è questo il mondo che vogliamo?
Molti operatori tecnologici e di auto senza pilota o capitalisti di investimento, liquidano immediatamente chi resiste all’invasione delle auto robot come Luddista, persone terrorizzate dall’innovazione tecnica. Certo noi condividiamo le medesime preoccupazioni per i lavoratori che animavano a loro tempo i luddisti, ma la verità è che chi si oppone all’auto senza pilota le tecnologie le conosce e ci lavora, noi inclusi. Per esperienza sappiamo che «cambiare in fretta e abbattere barriere» funziona benissimo nell’immateriale della programmazione elettronica dove tutto si modifica velocemente o si riprogramma. Ma quando quel software interagisco col mondo reale e tangibile, si tratta di un modo di ragionare a dir poco ingenuo e potenzialmente dannoso. Dovremmo essere più cauti nell’introdurre tecnologie dentro la città, invece di celebrare entusiasti tutto ciò che appare nuovo. Non abbiamo bisogno di fantasie tecno-futuriste per risolvere i problemi della mobilità.
Le nostre strade possono diventare molto più efficienti dedicando più spazio agli autobus, alle biciclette, ai pedoni, invece di consegnarlo a qualche scatola di metallo da due tonnellate. Possiamo usare le materie prime con più responsabilità: con lo stesso litio di una batteria da auto elettrica si possono far funzionare 300 eBike. Le città del mondo pensate per le persone si sono già dotate di vie più sicure di quelle americane, e non si avverte alcun bisogno di veicoli autonomi. Città come Parigi, Giacarta o Bogotà hanno superato la dipendenza dalle automobili per realizzare spazi più sani abitabili e sostenibili. Gli Stati Uniti hanno tutto da imparare da queste esperienze riuscite, invece di usare le innovazioni tecnologiche solo per incrementare raddoppiando o triplicando la nostra dipendenza dall’auto.
Non usciremo certo dalla dipendenza aggiungendone altre. Cosa accadrà quando arriveranno dei dati a dirci che i veicoli autonomi in realtà sono davvero più sicuri dei conducenti umani? In realtà una questione del genere non coglie il punto: se ci concentriamo esclusivamente sul fattore sicurezza perdiamo del tutto l’occasione per costruirci un futuro migliore sfruttando le biciclette gli autobus o i treni. Imprese come Cruise e Waymo vogliono risolvere i problemi dell’auto togliendo il fattore umano anziché quello meccanico: ecco la nostra obiezione e reazione.
da: Bloomberg Citylab, 20 settembre 2023; Titoli originali: Why robotaxi can make cities safer (McGillis); Why robotaxi have no place in the city (Bhumbla, Samuel) – Traduzione di Fabrizio Bottini