Sale il livello del mare e servono le case galleggianti

Quando a ottobre è arrivata la tempesta gli abitanti del quartiere galleggiante di Schoonschip a Amsterdam non hanno avuto dubbi sul da farsi. Hanno legato le biciclette alle panchine, verificato coi vicini che tutti avessero scorte di acqua e cibo a sufficienza, e poi si sono accucciati dentro casa mentre tutto il quartiere andava su e giù ormeggiato ai piloni d’acciaio insieme all’acqua, tornando a posto quando tutto si è calmato. «Ci sentiamo al sicuro in una tempesta perché possiamo fluttuare» spiega Siti Boelen, produttore televisivo che ha traslocato a Schoonschip due anni fa.«E mi pare davvero curioso che questo costruire sull’acqua non sia diventato in tutto il mondo una priorità». Salgono i livelli degli oceani e aumenta l’intensità delle tempeste con onde enormi, ma questi complessi di edifici fluttuanti sono un esperimento di difesa che potrebbe offrire a chi risiede sulle coste un ottimo modo di affrontare il cambiamento climatico. Nell’Olanda della scarsità di superfici su cui costruire e dalla densa popolazione cresce la domanda per questo genere di quartieri. E con il crescere della domanda aumentano anche i casi di amministrazioni che aggiornano le proprie norme urbanistiche per semplificare questo tipo di realizzazioni fluttuanti.

«Il comune vuole promuovere il modello perché è multifunzionale e sostenibile» spiega Nienke van Renssen, consigliere a Amsterdam per il partito di sinistra dei Verdi. I quartieri fluttuanti realizzati in Olanda negli ultimi dieci anni confermano la realizzabilità di operazioni di larga scala oggi promosse da parecchi ingegneri, da paesi europei come Gran Bretagna, Norvegia, Francia, ma anche Polinesia francese, o Maldive, zona dell’Oceano Indiano che affronta oggi la grave minaccia dell’innalzamento del livello del mare. Esiste poi un progetto di piccole città fluttuanti nel Mar Baltico. Una casa galleggiante si può realizzare praticamente su qualunque costa ed è in grado di affrontare mare e mareggiate muovendosi alla superficie. A differenza delle tradizionali case-barca che facilmente possono essere disancorate e trascinate via, gli edifici fluttuanti sono fissi, a volte poggiano su piloni d’acciaio, con adeguati collegamenti alle reti locali idriche e di energia. Da un punto di vista strutturale sono simili a normalissime case su terra, ma invece delle fondamenta hanno uno scafo di cemento a fungere da contrappeso e mantenerle stabili sull’acqua. In Olanda sono spesso prefabbricate, squadrate, su tre piani, realizzate prima di essere posate in materiali tradizionali, legno, vetro, acciaio. Per città che affrontano il rischio di eventi estremi o scarsità di superfici edificabili le case fluttuanti sono un ottimo modello per la realizzazione di abitazioni nell’epoca del cambiamento climatico.

Koen Olthuis, fondatore nel 2003 di Waterstudio, specializzato in edifici fluttuanti, ci spiega come proprio le tecnologie semplicissime su cui si basano siano il principale vantaggio. Le case così progettate vengono stabilizzate da pali piantati in terra per 65 metri e dotati di materiali assorbenti le vibrazioni e gli urti, a ridurre la sollecitazione dell’acqua. Gli edifici salgono e scendono con le onde di marea. Nonostante l’apparente semplicità, Olthuis è convinto che abbiano la potenzialità di trasformare radicalmente l’organizzazione urbana in modi che non accadevano dai tempi in cui fu introdotto l’ascensore, che consentì i grattacieli. «Abbiamo la tecnica, possiamo costruire sull’acqua – spiega Olthuis, che ha già realizzato così 300 abitazioni, uffici, scuole, ambulatori, aggiungendo che – non ci consideriamo semplici architetti ma delle specie di medici della città che somministrano dell’acqua come medicina». In Olanda, paese realizzato su superfici imbonite di cui un terzo è sotto il livello del mare, l’idea non pare certo così strana. A Amsterdam, con quasi tremila abitazioni ufficialmente registrate del tipo chiatta galleggiante sui canali, sono già centinaia e centinaia le persone che in quartieri un po’ abbandonati si sono trasferite in case fluttuanti.

Schoonschip, progettato dallo studio Space&Matter, consiste di 30 abitazioni, metà abbinate, su un canale di una ex zona industriale. Il quartiere dista un breve tratto in traghetto dall’area più centrale Amsterdam, dove molti lavorano. Gli abitanti condividono un po’ tutto: auto, biciclette, cibo acquistato dai produttori locali. Ciascun edificio gestisce la propria pompa di calore, e sul tetto ha un terzo della superficie a verde e pannelli solari. L’energia eccedente di ciascuno viene o spartita con gli altri fabbricati o ceduta alla rete nazionale.

«Abitare sull’acqua è piuttosto normale per noi, qui sta il punto» spiega Marjan de Blok, dirigente della televisione olandese che ha promosso inizialmente il progetto nel 2009 organizzando un collettivo di architetti, esperti legali, ingegneri, abitanti, sino al completamento. La città di Rotterdam, sta al 90% sotto il livello del mare, è il principale porto d’Europa, e ospita il più grade fabbricato per uffici fluttuante, oltre a una fluttuante azienda agricola con le mucche munte dai robot per rifornire di latte e formaggi gli esercizi locali. Dopo l’inaugurazione nel 2010 del Floating Pavilion, complesso per convegni ed eventi nella baia del porto, si è sviluppata una notevole attività attorno al tema e focalizzata nella Climate Proof and Adaptation Strategy. «Negli ultimi quindici anni ci siamo reinventati come Città del Delta» spiega Arnoud Molenaar, responsabile per la resilienza dell’amministrazione cittadina. «Invece di considerare l’acqua un nemico l’abbiamo trasformata in una occasione».

Nella propria politica sul cambiamento climatico nelle città, dal 2006 il governo olandese sviluppa il programma «Spazio al Fiume» che consente l’esondazione strategica in alcune zone in caso di forti precipitazioni, in uno spostamento di paradigma dove si accetta, invece di resistere, l’innalzamento del livello delle acque. Olthuis che la carenza di abitazioni nel paese può trovare risposta nelle case fluttuanti per esempio proprio nelle zone «Spazio al Fiume» che saranno allagate almeno in certi periodi dell’anno. Secondo gli esperti nel paese servono almeno un milione di nuove case nei prossimi dieci anni. E coi complessi fluttuanti si riesce ad aggirare la difficoltà dei terreni disponibili adatti da costruire. Le aziende specializzate del settore sono inondate di richieste d atutto il mondo per progetti davvero ambiziosi. Blue21, compagnia tecnologica olandese, sta lavorando a una serie di isole galleggianti sul Mar Baltico per alloggiare 50.000 persone, progetto collegato al piano privato da 15 miliardi di un tunnel ferroviario di collegamento tra Helsinki in Finlandia e Tallin in Estonia; il progetto è promosso dall’investitore imprenditore finlandese Peter Vesterbacka già famoso per aver inventato il videogioco Angry Birds.

Waterstudio sovrintende la realizzazione questo inverno di un quartiere residenziale vicino a Male nelle Maldive, paese dove l’80% del territorio si colloca a meno di un metro sopra il livello del mare. Il nuovo progetto si compone di semplici case economiche per 20.000 abitanti. Installate sotto gli scafi di cemento barriere di corallo artificiale per ospitare biodiversità marina. Pompe prelevano acqua dal profondo per il condizionamento degli edifici. «È finita l’idea dello stregone pazzo che sta nella casa galleggiante» continua Olthuis. «Oggi costruiamo città sostenibili usando l’acqua come materiale». Certo le abitazioni fluttuanti presentano comunque parecchi problemi. Basta un forte vento, un temporale, o il passaggio di una grossa nave, per scuotere gli edifici. Siti Boelen, chye abita a Schoonschip, racconta che quando ci si è trasferita durante il tempaccio si guardava bene dall’avventurarsi in cucina al terzo piano, dove si avvertiva di più lo scuotimento. «Mi prendeva allo stomaco». Ma poi si è abituata alla sensazione.

Le case fluttuanti richiedono anche strutture particolari e opere aggiuntive per collegarsi alle reti idriche ed elettriche, strumenti impermeabili. Nel caso di Schoonschip a Amsterdam e degli uffici galleggianti di Rotterdam, si sono realizzati nuovi sistemi. Ma i vantaggi paiono superare tutti i costi. Rutger de Graaf, cofondatore e direttore di Blue21, spiega come l’esperienza di tanti eventi estremi in tante parti del mondo abbia stimolato uffici pubblici e abitanti insieme a guardare all’acqua come soluzione anziché problema. I quartieri fluttuanti avrebbero certamente salvato delle vite, e miliardi di dollari di danni, come l’estate scorsa con le alluvioni in Germania e Belgio che hanno fatto 222 vittime. «Più inondazioni, più gente che si sposta su terreni elevati. Ma l’alternativa è di restare ancora vicino alle città della costa e verificare se si può crescere anche espandendosi sull’acqua. Consideriamo come nella seconda metà di questo secolo avremo centinaia di milioni di persone sfollate a causa dell’aumento del livello de mare: dobbiamo cominciare da subito a lavorare per grandi insediamenti fluttuanti».

da: Yale Environment, 7 dicembre 2021 – Titolo originale: Embracing a Wetter Future, the Dutch Turn to Floating Homes – Traduzione di Fabrizio Bottini

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