Il difetto peggiore degli specialismi è quello di non sapere o volere distinguere i propri confini da quelli dell’universo. Un difetto che è poi facilissimo scambiare per qualità assoluta, proprio restando dentro quei confini autoimposti dove «tutto si tiene» più o meno per forza e per definizione. Pensiamo al pendolarismo suburbano: è una conoscenza specialistica del genere, oppure no? Apparentemente sembra lontanissimo dalla granitica uniformità e definizione di altri saperi, anzi lo si potrebbe anche usare come fantastico modello di feconda interdisciplinarità, dove si mescolano discipline specificamente tecniche e scienze umane e sociali, a loro volta articolate e sfumate su varie tonalità e aspetti. Pendolarismo è stili di vita, consumi, aspirazioni, rapporto soggettivo e oggettivo con l’ambiente, uso dello spazio e del tempo, concezione della famiglia e delle altre relazioni. Ma pendolarismo è anche uso e rapporto diretto, assai meccanico e consequenziale, con macchine, strutture, flussi, condotti, reti, nodi, che di continuo si intrecciano (e in modo molto discrezionale ed elastico, si direbbe) con gli aspetti umani e ambientali brevemente elencati sopra. Quale migliore metafora di universo? Macché: sbagliato sbagliatissimo, e punto di vista squisitamente specialistico e fuorviante!
Non facciamoci da noi la Matrix personalizzata
Il fatto è che tutte quelle cose, per tante che siano, esistono in quanto tali solo dentro al modesto contenitore del pendolarismo, il quale a sua volta è invenzione tanto angusta da apparire soffocante se la si osserva da fuori. Come, esiste un fuori, dal pendolarismo? Un fuori inteso in senso lato, ovvero non una semplice idea di «non pendolarismo» come sosta, pausa tra spostamenti pendolari? E certo che esiste, assomiglia anzi molto ma molto di più al famoso universo che stando là dentro non si riusciva neppure a intravedere, perché il pendolarismo se ci pensiamo davvero anche solo un istante è meccanica invenzione recentissima della città-territorio-macchina per la produzione industriale. Prima (e si auspica ancor di più dopo) l’umanità per tutta la propria lunghissima storia ne ha fatto felicemente a meno, salvo esserci scaraventata dentro, a questa parvenza di «stile di vita», dal micidiale mix fra trasporto veicolare, specializzazione funzionale estrema, e intuizione commerciale di chi ne ha in sostanza fatto un motore di crescita economica. Niente di paranoico-persecutorio, in questa considerazione, che è quella dell’economia dei consumi secondo cui si «cresce» incrementando materialmente tutto, un tutto di cui non solo fanno parte i metri quadrati di superficie privati per abitare o fruire di servizi, o quelli pubblici da percorrere per i lunghi spostamenti da uno all’altro, non solo l’auto privata, la benzina, l’assicurazione, i pezzi di ricambio, il gettone del lavaggio per renderla lucida come si addice a un complemento dell’identità personale. Ma tante tante tante altre cose.
Uno sguardo da fuori
Buona parte di queste componenti e di questi intrecci, osservate da fuori, ovvero da una prospettiva in cui il pendolarismo suburbano non è un destino ineluttabile, o una condizione addirittura ideale e auspicabile, saltano al naso nella loro assoluta inessenzialità. Basta pensare in termini moderni a una vita urbana integrata e integrale, da cui è stato espunto seriamente l’aspetto del pendolarismo (non quello della dicotomia stanzialità-viaggio, che è ben altra cosa), per capire di che si tratta. E per comprendere come certi ragionamenti sulle pur gigantesche innovazioni tecnologiche in corso di sviluppo siano a dir poco campati per aria, o meglio non escano da uno status quo che quelle stesse innovazioni sembrerebbero avere invece minato dalle fondamenta. A partire dalla prima, che è di ordine ambientale e organizzativo, ovvero che il lavoro debba svolgersi il più possibile lontano dalla residenza, o dalla seconda che il lavoro consista soprattuto di relazioni fisiche dirette con un luogo materiale, con un oggetto materiale. Attraverso quella intermedia, che vede il ruolo centrale e determinante dell’auto privata come trait-d’union unico e ideale fra queste due monadi parallele (una per produrre il reddito, l’altra per consumarlo). Ecco, solo così si può lontanamente supporre quanto ipotizzato dal gruppo studiosi dell’Università di Davis, ovvero che l’auto senza pilota, il veicolo elettrico, le comunicazioni a distanza, possano avere come portato un incremento dello sprawl suburbano, dato che eliminando certi aspetti negativi del pendolarismo, tutti vorrebbero trasformarsi in una nuova razza di super-pendolari di lunghissimo cabotaggio. Magari sviluppare riflessioni simili, ma da un punto di vista meno claustrofobico, aiuta ad elaborare politiche più organiche.
Riferimenti:
AA.VV. Land Use and Transportation Policies, policy brief, Institute of Transportation Studies, University of California, Davis, 3 Revolutions Policy Initiative, aprile 2017