Destra e sinistra esistono ancora e la linea divisoria si chiama Covid. Purtroppo è così. A sinistra sono ormai troppi quelli che, smaniosi di afferrare quell’evanescente margine di separazione, lo danno per acquisito proprio grazie al virus del pipistrello cinese. Che si tratta di una ingenua semplificazione lo si intuisce facilmente, ma più complicato è capire e spiegare l’origine di questa stravagante intuizione collettiva che, per ragioni che è opportuno rendere esplicite, fa bene solo alla destra.
Le ragioni di fondo di questo abbaglio vanno ricercate nel disorientamento della sinistra e, soprattutto, nel suo rapporto, diventato infecondo, con lo stato sociale, la sua teoria e le sue conseguenze. C’è stato un lungo periodo (non così lungo, in verità, da offuscare la memoria storica) in cui la sinistra, fattasi riformista per cause di forza maggiore, ha pensato di arroccare buona parte del suo armamentario ideologico attorno al simulacro del welfare state. In questo è stata spinta, bisogna riconoscerlo, dal dilagante pensiero unico iperliberista. Senonché, quando l’iperliberismo ha cessato, sempre a causa dell’inevitabile scontro con la forza dei fatti, di esercitare la sua ossessiva egemonia, nello spazio liberato si son fiondati a rotta di collo tutti i sostenitori dello stato nazionale, mostrando di trovarcisi benone. La sinistra, ancora memore dei suoi luminosi successi del periodo fordista, ha tardato a rendersi conto di cosa stesse succedendo e ancora adesso, a distanza di qualche lustro, non riesce a trarre le necessarie conseguenze di quel che è successo.
Solo la ricognizione storica aiuta a capire la nostra epoca. Verso la fine dell’Ottocento si verificò un fenomeno dai contorni analoghi. La sintesi migliore che conosca è quella che ci ha lasciato Schumpeter a commento di un periodo in cui la serena fiducia borghese nelle virtù del laissez faire era morta con la sua buona o cattiva coscienza e «si stavano accumulando lentamente le forze ostili con cui essa dovesse scendere a patti».
«L’epoca non si comprende – scrive ancora Schumpeter – finché non si tien conto di coloro per i quali l’auto-esaltazione dello stato nazionale e la sozialpolitik non furono che due facce della stessa medaglia». È in quello spazio di tempo e di pensiero che si devono contemplare le radici del totalitarismo moderno. La politica sociale non è esclusiva della sinistra. Anzi, a dirla tutta, nasce a destra ed è a destra che trova, nel quadro delle ideologie nazionaliste e totalitarie, le sue applicazioni più radicali, dall’imperialismo alla previdenza sociale.
Ora la crisi ha rimescolato le carte e riavviato i giochi. Spezzata la santa alleanza tra economia e pensiero liberale, è lo stato nazionale che avanza le sue credenziali dal carattere marcatamente corporativo, mentre l’Europa democratica nel suo insieme sta cercando di adeguarsi al nuovo quadro, cambiare politica e approntare una risposta. È, debbo usare una formula che non mi piace, una grande sfida, il cui risultato non è per niente scontato. Pare però che molti a sinistra, in Italia, quasi benedicano il Covid e il suo vivido potere riduzionistico.
Ma sbagliano ad assecondare quella che resta una semplificazione polemico-giornalistica, accettando la divisione del mondo in negazionisti e … chissà che. Il Covid è il classico accidente che si inserisce e dà forza a una tendenza politica autoritaria, a volte manifesta a volte strisciante, di lungo periodo, frutto evidente, non tanto di perverse ideologie, quanto delle difficoltà che mostrano i sistemi democratici nell’affrontare tutte le emergenze locali e globali del nostro tempo, dal terrorismo alle crisi finanziarie alle pandemie.La situazione è complessa, ma la semplificazione non aiuta e porta fuori strada. Se per certi versi è naturale che ai piani bassi della politica si cerchi la strada più semplice per decodificare gli avvenimenti, tuttavia stupisce che anche le cosiddette élite politico-intellettuali, politologi e analisti vari in carico alla sinistra (o al centrosinistra) non si discostino più di tanto dalla bassa cucina.