Soluzioni locali joint-venture per una società divisa

foto F. Bottini

Le elezioni del 2024 hanno confermato diverse cose: come società siamo profondamente divisi, diffidiamo gli uni degli altri, e non crediamo nella possibilità della politica per cambiare le cose. Deprimente, ma nulla di nuovo. Già il sociologo Robert D. Putnam ci avvertiva su quanto fosse allarmante il crescente isolamento e l’erosione del capitale sociale, da molto prima della «epidemia di solitudine». Se internet ci ha resi più connessi che mai, ci polarizza e paralizza quando si tratta di di risolvere collettivamente i problemi. A livello nazionale, ci vorrà tantissimo tempo perché si arrivi a una individuazione condivisa delle ragioni sistemiche alla base del disagio economico e sociale. Ma l’elettore vorrebbe subito qualcosa che affronti le sfide incombenti nei luoghi dove vive e lavora.

In breve, l’imporsi dell’universo digitale significa tanto lavoro in più per risolvere i problemi di quello tangibile. Consola però constatare che là dove ancora le persone si mescolano, si incontrano conoscendosi o meno, che si tratti del quartiere della via principale commerciale o del centro città, si notano le tracce di una soluzione pronta. È il livello ultra-locale, quello in cui singoli e organizzazioni lasciano perdere le ideologie, elaborano fiducia reciproca, sviluppano lavoro di base – a partire dallo spazio pubblico – attraverso i canali privati, pubblici, cooperativi. Studiando ciò che la realtà ci restituisce in termini di importanza della dimensione ultra-locale, possiamo comprendere come affrontare anche le questioni nazionali: un pezzettino alla volta, che si tratti dell’arteria commerciale, del parco, della zona degli affari o della circoscrizione codice postale.

Il successo di procedere per luoghi

Sappiamo da tempo quanto la qualità della vita nel quartiere sia un elemento determinante del benessere personale e del consenso elettorale. Ma è il modo di osservare questi aspetti ad essere drasticamente cambiato nel tempo. Oggi qualunque prospettiva ultra-locale viene confusa con spinte di secessione mentre in realtà si tratterebbe dell’esatto contrario, di un modo per unire persone e luoghi. Negli anni ’70 parecchie città degli Stati Uniti erano in crollo o venivano almeno percepite così. Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione del 1970, il Presidente Richard Nixon affermava che «le nostre metropoli degradate e violente e le loro regioni urbane sono un segno evidente della nostra crisi di qualità della vita».  Segnali che venivano letti specialmente nello spazio pubblico, si trattasse di parchi o arterie commerciali o mezzi di trasporto pubblico. Fondamentalmente, le amministrazioni locali non finanziavano o non gestivano l’erogazione di servizi di scala ultra-locale, o almeno non in modo efficiente, efficace, rispondendo a necessità individuali e collettive.

In questo contesto esponenti locali – vuoi cittadini vuoi associazioni o imprese – iniziavano a gestirsi da soli i problemi. Talvolta chiedendo sostegno o delega pubblica; in altri casi semplicemente iniziando ad agire fino al punto di essere notati dalla pubblica amministrazione e sostenuti. Si partiva come detto dallo spazio pubblico, fosse un business improvement district, un parco da tutelare, di «costruzione dei luoghi» o loro manutenzione, o anche iniziative di riqualificazione urbana, orti di quartiere, mercati, tutto quanto sostiene e ricostruisce reti di contrasto al disinvestimento e abbandono urbano caratteristico degli anni ’70, stimola culture e relazioni civili. Negli anni più recenti queste realtà hanno in molti casi allargato la propria sfera alla co-gestione e progettazioni di nuovi tipi di ambito pubblico, insieme al movimento per la mobilità dolce: vie, marciapiedi, piazze.

 Anche alcuni tra i più interessanti esperimenti su tematiche specifiche come la casa sociale, la sicurezza, istruzione, salute, piccoli esercizi, hanno sviluppato una forte focalizzazione spaziale, integrando diversi attori pubblici, privati, associazioni, filantropia, dentro quello spazio. Variano da Stato a Stato le denominazioni specifiche di quegli attori, ma il percorso dentro la crisi l’esasperazione l’evoluzione legislativa pare sostanzialmente lo stesso. Con poche eccezioni tutte queste alleanze tematiche per la qualità dello spazio si sono allargate all’intero paese a partire dalla loro incubazione ultra-locale, anziché essere indotte da qualche iniziativa di legge o politica a scala federale. A seguito di tale origine frammentata e diversificata, questo mosaico di convergenze place-centered in grado di cambiare le città rappresenta una fonte straordinaria di metodi e soggetti, ciascuno definito dal proprio ambiente culturale e politico.

Si tratta di qualcosa che certamente nelle aree urbane esiste da sempre e in tutto il mondo, ma che solo di recente è stato considerato sistematicamente come campo di ricerca, concentrandosi su quali intenzioni e politiche possano rendere tali esperienze più efficaci e legittimarle, specie là dove esiste un problema di risorse. Nonostante cresca l’idea dell’importanza del «luogo» poco si sa invece della place governance (politiche e strutture organizzative) oltre che dei meccanismi per finanziare e mantenere spazi vivaci e sicuri. Associazioni di interessi dentro lo spazio locale non sono certamente l’unica ragione per cui le città hanno reagito alla profonda crisi degli anni ’70. Ma come ricercatori sui meccanismi di cooperazione e collaborazione per contrastare il disagio e la frammentazione sociale a scala nazionale, possiamo considerare questo un punto di partenza – e di ulteriore sviluppo – per costruire comunità, fiducia, sicurezza e benessere a partire da un livello ultra-locale. Meccanismi che si sono rivelati efficaci in situazioni assai diverse, dalla New York di Times Square o delle sponde del fiume Bronx, fino a piccoli centri rurali e quartieri suburbani: convergenze place-centered, multisettoriali, in grado di offrire soluzioni adeguate per la società più in generale.

Verso un programma di «place governance»

Cosa possiamo imparare – e sviluppare ulteriormente – dall’ultimo mezzo secolo di associativismo e convergenze di interessi place-based che hanno saputo svolgere un ruolo così importante nell’invertire i meccanismi della crisi urbana?  Cosa ha funzionato in questa costruzione mantenimento di spazi di qualità? Quali i meccanismi legali, regolativi, di governance e gestione in grado di collegare in qualche modo attori pubblici e privati a livello ultra-locale e spingerli ad una collaborazione per il bene comune? E cosa invece in termini di ostacoli burocratici ha invece ostacolato questi processi? Quali i meccanismi finanziari delle iniziative place-centered? Dove funzionano e dove invece no? 

Le risposte a queste domande probabilmente già esistono e dobbiamo solo rendercene conto. Per trovarle possiamo attingere al lavoro e all’attività innovativa dei soggetti pubblici e privati, individuando modelli e meccanismi delle convergenze nello spazio ultra-locale nelle varie città e contesti.  Purtroppo troppo spesso non esistono contatti strutturati tra il mondo dell’accademia della progettazione delle teorie o ideologie sui problemi dello spazio, e chi quotidianamente sviluppa queste pratiche di costruzione e gestione di ambiti pubblici. Spesso si agisce con diversi presupposti, prospettive, addirittura informazioni e conoscenze so quel che accade in altri contesti ultra-locali. Un programma di ricerca dovrebbe cominciare individuando i tratti comuni delle diverse esperienze e attori in un arco di tempo recente sui vari tipi di spazio: parchi, mercati, orti, sicurezza di quartiere, trasformazioni urbane, forme associative, dentro contesti ultra-locali.

È il momento di iniziare. Qualunque quartiere ha bisogno si prendersi carico delel proprie evoluzioni place-centered condivise. Là dove iniziative del genere non esistono sono le pubbliche amministrazioni a doversi far carico di stimolare e promuovere, eventualmente finanziando o favorendo flussi di risorse che compensino la mancanza di investimenti in passato. Oggi le città affrontano una crisi non molto dissimile da quella degli anni ’70 o ’80: vertiginosi buchi di bilancio e crollo della fiducia nella loro capacità di rispondere ai bisogni ed erogare servizi. Quindi sarebbe molto preveggente incentivare tutti i fattori positivi rilevati dall’associazionismo place-based affrontando parallelamente tutti i problemi determinati da mezzo secolo di emergenze trascurate.

da: Brookings Institution, 20 dicembre 2024; Titolo originale: One place to start in delivering solutions to a divided and distrustful nation: The hyperlocal level – Traduzione di Fabrizio Bottini

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