La gente a quanto pare capisce solo le tabelline dei conti, e non tiene conto di quanto siano parziali: se non ci metti dentro qualche variabile cambia tutto, ma non si accorgono e avanti così. Per esempio con i prezzi della benzina, ci sono persone convinte di essere grandi ambientalisti, e poi partecipano a marce e fiaccolate di lotta contro i dieci centesimi di odiata tassa sui carburanti, né vogliono saperne di discutere sulla possibilità di usare in qualche modo quei proventi proprio a migliorare l’ambiente, la salute, il territorio. Solo le tabelline, e truccate per giunta. Così fare i conti diventa un’attività strumentale indispensabile, monetizzare tutto anche contro chi ne sottolinea l’assurdità. Come si fa a monetizzare la salute, la vita, le relazioni? Pare del tutto scemo e lo è più che mai, ma se necessario per farsi ascoltare in fondo ha senso. Perché in fondo se anche proviamo a ragionare molto terra terra ci arriviamo, magari non quanto costa la felicità, ma almeno tipo la felice riuscita di qualcosa in base a un preventivo di massima. Ecco: tocca fare la lista della spesa e metterci di fianco gli scontrini, senza perdere di vista che l’obiettivo è riuscire, non fare i conti.
La lista della spesa delle politiche urbane virtuose
Ci sono investimenti indispensabili per fare cose in grado di contenere il cambiamento climatico indotto da attività urbane rendendole relativamente low-carbon, e si possono anche elencare brevemente alcuni punti di azione:
- fissare obiettivi e strategie (leggi, norme) per il contenimento delle emissioni sia in sede locale, ad esempio scoraggiando l’uso di determinate tecnologie e modalità, sia in ambito più ampio intervenendo direttamente sulla produzione e diffusione di quelle tecnologie; per fare un esempio le auto e la loro propulsione, la produzione di energia e il suo consumo, riscaldamenti, carburanti, qualità edilizie, organizzazione del lavoro
- stabilire un modello virtuoso di urbanizzazione in grado di svilupparsi coerentemente al primo punto sulle emissioni, ovvero accorciando distanze, favorendo sinergie, promuovendo in genere i tipi di infrastrutture e gradi dorsali adeguate a quel modello; per esempio si sa che le autostrade e in genere le grandi arterie favoriscono l’urbanizzazione dispersa, la quale a sua volta promuove l’uso del mezzo privato, e così via.
Risparmi
Non pare una lista della spesa adeguata a stabilire prezzi e tariffe? Forse si, se la consideriamo nella prospettiva di un bilancio pubblico, con grosse cifre e le «politiche» anziché vere e proprie voci. Ma si può anche articolare meglio per esempio pensando ai singoli «progetti» in cui articolare le azioni, o meglio ancora ragionare in termini di investimenti e risparmi. Già: perché di solito tutto quanto riguarda la sostenibilità viene letto in termini di spesa, e invece si tratta di guardare la cosa su un versante del tutto diverso. La ciclabilità ad esempio è un risparmio ben oltre quello individuale di chi per coprire quella distanza unitaria decide di pedalare anziché guidare. Nelle città dove ci sono adeguate infrastrutture ciclistiche si sta meglio in salute (si risparmiano cure) perché si diminuisce l’inquinamento, si fa salutare moto, ci sono meno incidenti, c’è più sicurezza (risparmi in prevenzione e repressione). Nella capitale mondiale della bici, Copenhagen, si è calcolato che per ogni chilometro percorso in bici il risparmio complessivo sociale è di circa venti centesimi, mentre il medesimo calcolo applicato alla guida si traduce in una spesa di circa dieci centesimi al km. E il costoso (apparentemente) sistema delle piste ciclabili veloci dedicate ha un tasso di rendimento dell’investimento del 19% l’anno: roba da speculatori. E oltre alla ciclabilità, ovviamente, ci sono tutte le altre misure «sostenibili», leggere per credere.
Riferimenti:
AA.VV., Accelerating Low-Carbon Development in the World’s Cities, working paper, The New Climate Economy, settembre 2015 (scarica direttamente il pdf del rapporto dal sito