C’è una fama di ritorno per Peter Kolosimo, lo studioso eccentrico (nel senso buono) noto specie negli anni ’70 grazie ad alcune ricerche su aspetti contraddittori dei nostri luoghi comuni. Lui si concentrava su cose decisamente macroscopiche, del tipo chi siamo dove andiamo da dove veniamo, astronavi aliene atterrate nelle foreste amazzoniche nel passato remoto che avevano insegnato agli indigeni a costruire megastrutture per scopi ancora tutti da indagare. Roba così, e che è ancora oggetto di discussione, ma senza dubbio affascinante. C’è un aspetto assai più di basso profilo, ma non meno affascinante di Kolosimo, e che riguarda il suo coerente metodo, ipotesi iperboliche a parte, ed è questo: inutile negare la contraddizione, se c’è occorre indagarla, ricomporla, costi quel che costi. E senza dubbio nel nostro cosiddetto modello di sviluppo di contraddizioni ce ne sono parecchie, evidenti, roba che se si volasse basso, a portata di sguardo da ciò che accade davvero, salterebbe davvero all’occhio. Ma di solito si preferisce comodamente indossare paraocchi e lenti deformanti: favoriscono la pace dei sensi e le carriere personali, dicono.
Alcune ricerche rilevano che i bambini brianzoli sono ciccioni, anzi più che ciccioni, patologicamente obesi, e anche i loro genitori non scherzano. Il metodo Kolosimo di ricerca delle contraddizioni qui ha gioco abbastanza facile a cogliere il punto: si ingrassa, come ci spiegano da anni anche le riviste da anticamera, solo in minima parte per scherzo del destino, e in stragrande maggioranza per via degli stili di vita. I quali stili di vita si sviluppano per forza dentro e a causa del nostro ambiente di vita, come è fatto, come lo usiamo, e come ce lo lasciano usare. Ma la ricerca, almeno a giudicare da quel che raccontano i giornali, si limita a rilevare il ciccionismo brianzolo, e al massimo cita programmi privatissimi e interessati in stile Weight Watchers, magari con le merendine dietetiche. Che certamente stanno dentro lo stile di vita, ma osserverebbe Kolosimo qui manca un perché, anzi più di uno: dove si consumano le merendine, e come mai se ne consumano così tante?
La scena credo sia nota a tutti. Il ragazzino sta in casa, e ci sta per forza dato che se aprisse il cancello della villetta si troverebbe quasi di colpo sulla strada dove sfrecciano pericolose auto. Là fuori ci si va solo accompagnati dai genitori o dai nonni, quasi sempre in auto, e loro non hanno tantissimo tempo da dedicare a quelle trasferte, che di solito si concludono in altri posti abbastanza chiusi, la scuola, il doposcuola, il centro commerciale, la tavernetta di casa degli amici se c’è una festicciola di compleanno (con merendine e bibite zuccherate extra). Una generazione o due fa, lo stesso ragazzino scuola e sonno a parte avrebbe passato gran parte dei suo tempo a giocare in strada con gli amichetti, magari andando a esplorare i dintorni, o ingaggiando quelle curiose battaglie fra bande di ragazzini tra un quartiere e l’altro celebrate dalla letteratura, tipo La Guerra dei Bottoni. Oggi niente, e la ragione come ci spiegano metri cubi di letteratura scientifica si chiama sprawl, un impasto di spazi, strutture, consumi, stili di vita, che secondo i medici favorisce sedentarietà e obesità. Ma queste cose nelle nostre ricerche non le trovate: i bambini brianzoli aumentano di peso, in modo preoccupante, per motivi, diciamo così, parziali.
Ovviamente, come ci spiegherebbe ancora il metodo Kolosimo, dietro a questa contraddizione della conoscenza esiste una ottusità auto-indotta dal conformismo: esistono cose che diamo per scontate, al punto che non le notiamo proprio, esattamente perché ci stanno davanti al naso, anzi dentro il naso a non farci sentire la puzza di imbroglio. Nel caso brianzolo, tanto per citare strumentalmente un esempio a portata di mano, l’imbroglio si chiama sviluppo del territorio. Ovvero quella cosa che da generazioni viene venduta dalla politica e dall’economia come sinonimo di progresso: per garantirci il nostro livello di vita ci vuole appunto questo sviluppo del territorio, che produce ricchezza, soldi, potere d’acquisto, conoscenza, addirittura giustizia e libertà. Ciumbia! Direbbe in gergo un abitante di quei luoghi. Magari non lo dice, ma lo pensa senza neppure pensarlo, perché sviluppo del territorio suona per case, capannoni, strade, dentro cui sviluppare quella cosa che chiamiamo vita: più case, più capannoni, più strade uguale più vita, no? No, proprio no, ci dice qui il fantasma di Kolosimo, le megastrutture che l’astronave misteriosa ci ha detto di erigere non possono servire a migliorare la vita, se le ricerche di Milano Bicocca dimostrano che c’è solo più giro vita, panza insomma. C’è una bufala da verificare, e verifichiamola per quanto possibile.
Una tesi alternativa, è che il cosiddetto sviluppo del territorio non avvenga per creare ricchezza e benessere, almeno dentro a quel territorio, ma sfruttando ogni angolino, spremendo ogni angolino, al puro scopo di estrarne trasformazioni il cui “valore” va a finire altrove. In altre parole, gli abitanti di un dato spazio sono considerati solo pedine, del tutto sacrificabili, di un gioco che quello spazio lo trascende. E chi meglio degli adepti di una fede religiosa maneggia la trascendenza? Chi meglio di quanti credono, fermamente, in una divina provvidenza, è in grado di concepire un progetto di parziale menzogna come strumento per affermare una totale Verità? E chi da anni, praticamente da sempre, fa il bello e il cattivo tempo dalle parti della Brianza? Ecco a cosa si arriva, seguendo un metodo diciamo così consequenziale. Lo sviluppo del territorio usa il territorio come materia prima per produrre Verità, e una volta esaurita la materia prima si crede, fermamente, che interverrà la divina provvidenza a risolvere i nostri guai. Figuriamoci stare a pensare a un paio di mocciosi con la panza: che preghino di più e si ingozzino di meno.
Già sarebbe abbastanza grave così, l’idea di una classe dirigente locale, che costruisce in modo consapevole (mica sono scemi: si accorgono benissimo di quel che stanno facendo) disagio e infelicità su questa terra, in vista della salvezza eterna altrove. Ma le cose peggiorano se ci guardiamo in giro un po’ scoprendo che i nostri stanno in ottima compagnia: nazionale, internazionale, mondiale, o magari galattica ci direbbero con toni diversi prima Peter Kolosimo, e poi Douglas Adams.
Nel panorama internazionale, globale, ci vengono in soccorso quei santi della fede moderna che sono gli economisti, quelli che le contraddizioni le vedono soltanto se corrispondono ai criteri loro, alle tabelline dei conti, a qualche pietrificata e decontestualizzata massima di un classico settecentesco che ragionava a lume di candela. Per esempio il britannico Sir Micheal Lyons, che di fronte a sciocchezze come la greenbelt, le produzioni agricole locali, teorie secolari come quelle contro la conurbazione, le nuove acquisizioni climatiche, butta lì sprezzante: “Tutta questa idea di contenere l’urbanizzazione affonda nell’idea vittoriana che le città chissà come non dovrebbero crescere, non dovrebbero allargarsi perché hanno tanti problemi, quando invece siamo tutti d’accordo che il futuro dell’economia sta nel dinamismo e nello sviluppo delle città”. Fantastica la capacità di dire, magari credendoci, stupidaggini galattiche, nonostante gli studi approfonditi: prima racconta le preoccupazioni otto-novecentesche da cui discendono varie teorie di sviluppo territoriale che nessuno ha mai messo in discussione, e poi le mette in discussione lui a modo suo, in sostanza dicendo che non fanno guadagnare soldi. Come se un medico dicesse al paziente, hai la polmonite e stai male, ma io ho una gran voglia di andare al mare e ti pianto lì a crepare, capisci la logica?
Non va meglio però anche con chi fa finta di preoccuparsi dei problemi dei bambini grassi e di altri, abbandonati nel territorio a fare da pedine dello sviluppo provvidenziale-autostradale-villettaro. Questi signori che fanno finta sono di solito gli architetti e costruttori in vena di “nuova urbanistica di mercato”, quelli anti-sprawl a modo loro, magari pure in ottima fede. Quelli che dicono: per forza stiamo male dentro quei territori sviluppati e in via di ulteriore sviluppo, sono bruttissimi, lasciateli progettare a me che sono tanto bravo! Le parole d’ordine suonano sempre, più o meno, riqualificare, ricucire i tessuti, ripensare, densificare, e in effetti qui e là per il bambino ciccione – brianzolo o globalizzato – sembrerebbero aprirsi spazi nuovi, alternativi alla merendina cronica e al giro vita in via di crescita impetuosa. Ma ci resta da chiederci: basterà progettare un quartierino un pochetto meno segregato, di solito lasciando intatto tutto il resto, e di solito andandolo ad appoggiare là dove un tempo c’erano ottimi spazi aperti? Il dubbio è lecito. Così come l’obesità non si calcola con criteri estetici, ma di salute misurabile scientificamente, allo stesso modo lo sprawl non si traduce con lo sprezzante estetizzante villettopoli, tutta da ricucire, riqualificare, densificare. Sprawl: tutto ciccia e brufoli: aveva ragione il vecchio profeta Isaia, quando tuonava: guai a chi aggiunge casa a casa! Ecco perché forse i cattolici non amano troppo la lettura della Bibbia, potrebbe indurre dubbi alla Kolosimo, roba da eretici. Se la tua ciccia ti scandalizza, basta non farci caso e badare ad altro.