Nel ridefinire termini di uso corrente come «città» per renderli utili a scopi di studio scientifico, si può anche iniziare dalla vaga definizione attuale per cercare poi di precisarla in termini tecnici, mantenendosi al tempo stesso vicini a quella definizione, oppure al contrario partire da una formulazione teorica e decidere poi quali caratteristiche sottolineare nella definizione. La città, sia in Europa che nel nostro paese, viene definita secondo una certa procedura. A partire dal vocabolo che significa un centro di una certa importanza, l’impegno principale si è rivolto a stabilire quale dimensione debba avere, per potersi chiamare città dal punto di vista statistico o sociologico.
Nel criterio censuario americano, città è una circoscrizione amministrativa con popolazione superiore a una determinata soglia. Originariamente la soglia era di 8.000 abitanti; poi venne ridotta, prima a 4.000 e poi a 2.500, come resta ancora oggi. In Europa il limite è di norma fissato a 2.000 abitanti. Adna Ferrin Weber nel suo The Growth of Cities (1899) sostiene che un villaggio o altra circoscrizione amministrativa con meno di 8.000-10.000 abitanti non debba essere considerato città, quantomeno per comparazioni internazionali, preferendo partire oltre la soglia dei 10.000. Non ho nulla da obiettare, fondamentalmente, a questo tipo di definizione. Ma la mia idea parte da un altro percorso di riflessione, ovvero non su quale possa essere la corrente definizione di città e i modi per renderla più precisa, ma su quali siano le caratteristiche essenziali della popolazione di una città, e le differenze essenziali con quelle della popolazione della campagna.
E propongo la seguente risposta. Una popolazione di campagna trae il proprio sostentamento dalla terra. La terra produce sia gli alimenti che tutto quanto serve a chi la lavora, altre cose che si scambiano. Quando quella popolazione cresce oltre le possibilità di sostenersi in questo modo, inizia a comparire una condizione urbana, e man mano cresce la sovrappopolazione, si fanno più marcate queste caratteristiche. In altri termini, la differenza fra città e campagna è sostanzialmente quella fra l’agricoltura e altri mezzi di sostentamento, che prima all’agricoltura si affiancano, per poi sostituirla. È anche vero, naturalmente, che al crescere della popolazione la comunità necessita di più potere di governo locale, che assume le forme di circoscrizione amministrativa municipale di qualche tipo. Ma si tratta di un fatto secondario. Ci sono parecchi villaggi che non hanno alcuna circoscrizione, e se si potesse calcolarne col censimento in quel modo la popolazione, come ha fatto ad esempio lo Stato di New York State nelle rilevazioni del 1855 e 1865, o ha cercato di fare l’ufficio federale nel 1870 e 1880, sarei favorevole ad una loro esclusione dal calcolo della popolazione rurale.
Gli abitanti di un’area agricola, dopo che una circoscrizione è diventata stabilmente insediata, mantengono un rapporto relativamente stabile col proprio territorio e per un certo periodo, rapporto che varia a seconda del tipo di agricoltura, e del del livello di vita. Di conseguenza esiste una densità di popolazione oltre la quale una comunità unicamente contadina non può crescere. Quando quella densità viene superata, è indice che sono entrati in campo altri mezzi di sostentamento, che si affiancano all’agricoltura,e quella densità in seguito quella densità potrebbe crescere indefinitamente, senza raggiungere un massimo. Ne discenderebbe che, almeno in teoria, la linea divisoria fra città e campagna fosse tracciata dalla densità di popolazione.
Vorrei chiarirlo con un esempio. Nel 1920 il territorio della contea di Tompkins, nello Stato di New York, conteneva due circoscrizioni classificabili come urbane. Una di queste, Ithaca, con circa 17.000 abitanti, fu inserita nelle tabelle censuarie delle città; l’altra, Groton, con meno di 2.500 abitanti, fu classificata tra le zone di campagna. Ma la prima aveva una superficie di oltre sette volte quella della seconda, e quindi la densità di popolazione a Groton era superiore rispetto a Ithaca. Per quel che so della popolazione nei due luoghi, direi che il contesto di Groton sia più urbano che rurale, e i suoi abitanti da considerare entro la popolazione urbana del territorio di contea, dello stato, e del censimento generale nazionale.
In ciascuna delle trentacinque circoscrizioni in cui è suddiviso il territorio di contea si è calcolata superficie, popolazione, densità. Quasi il 98% del totale presenta densità fra poco più di sette e diciotto abitanti al chilometro quadrato, vale a dire più o meno che pro capite questi abitanti hanno a disposizione ciascuno da 5 a 14 ettari di terra. Chiaramente siamo in un territorio rurale. Ma ci sono le cinque circoscrizioni di villaggio più l’abbastanza dispersa area di Ithaca con una superficie totale di circa 16 kmq, una popolazione di 3.500 abitanti, una densità fra i 120 e 345 abitanti per chilometro quadrato, ovvero ogni abitante ha a disposizione terra da un po’ meno di mezzo ettaro a quasi un ettaro. È questa che si può considerare popolazione di villaggio dove l’agricoltura, vuoi nel villaggio vero e proprio vuoi nei terreni adiacenti, è la forma importante ma non dominante di occupazione, e dove al crescere delle densità diminuisce l’importanza dell’agricoltura. Infine, abbiamo il resto della contea, Ithaca senza la circoscrizione di villaggio, e Groton. Questi quattordici distretti coprono circa dieci chilometri quadrati e hanno una densità di popolazione fra otto e ottanta abitanti ettaro. Si tratta di zone propriamente urbane, in cui l’agricoltura ha pochissima importanza, o non si pratica affatto. […]
Facendo un’analisi simile su densità e distribuzione della popolazione in altri territori di contea, credo che i risultati sarebbero analoghi. Se la differenza fondamentale fra città e campagna è, come ritengo, quella tra l’agricoltura e le altre attività, la migliore linea di separazione fra le due entità è quella densità di popolazione sotto la quale coltivare i campi è quasi l’unica opzione, e sopra la quale essa diventa meno importante, o scompare. La definizione di città ipotizzata non può essere certo applicata ora, né in un futuro immediato, almeno finché non sia tracciata una carta particolareggiata del paese, e calcolate le densità di popolazione per le circoscrizioni minori come necessario. Nondimeno, credo possa aiutare guardare avanti, con questo obiettivo considerato possibile e auspicabile, magari non a sostituire, ma almeno ad affiancare e chiarire le attuali distinzioni fra città e campagna.
Si noti che la divisione fra città e campagna dipende dalla fertilità dei suoli, dall’intensità delle colture, dal livello di vita delle popolazioni agricole. Non è possibile utilizzare i medesimi criteri di densità in America, o Europa, o Asia, come metodo per distinguere ciò che è rurale da ciò che è urbano o suburbano, e forse neppure fra diverse zone degli Stati Uniti. Ma la soglia si potrebbe comunque fissare per grandi territori, ricavando i dati di densità di popolazione per zone minori. Le circoscrizioni rurali con bassa e uniforme densità, gli altri con densità medie molto più elevate e spesso molto oltre la soglia minima. La classificazione attuale falsifica, perché propone una dicotomia, città o campagna, mentre in tante circoscrizioni sono presenti caratteristiche di entrambe. Una riclassificazione porterebbe finalmente ad articolare almeno in tre: circoscrizioni di campagna o agricole, villaggi in cui pesano sia le attività agricole che altre, città da cui l’agricoltura è stata eliminata.
Definite come segue: campagna tutte le circoscrizioni con densità di popolazione inferiore ai 250 ab/kmq e in cui si presume che l’agricoltura costituisca l’unica attività o quasi; i villaggi a comprendere densità da 250 a 2.500 ab/kmq, dove agricoltura e altre attività coesistono, ma la coltivazione tende a decrescere di importanza, fino a scomparire oltre una certa soglia. Le città, circoscrizioni con densità superiore ai 2.500 ab/kmq in cui praticamente l’agricoltura non esiste. Si può paragonare una definizione così a quella proposta nel numero di Die Bevölkerung der Erde (1893) dedicato alle statistiche delle città, Ortsstatistik. Nella prefazione Supan scrive: «Chiamiamo normalmente città nell’accezione economica luoghi con più di 2.000; gli statistici francesi hanno adottato ufficialmente questo metodo. Ma siamo convinti che la soglia fra città e campagna sia fluttuante, cresce o decresce con la densità di popolazione». E coerentemente a questo assunto, Supan considera poi città, dentro a regioni a insediamento molto sparso, tutti i casi con oltre 1.000 abitanti, dove l’insediamento è meno sparso, 2.000 abitanti; e infine nelle aree dense a 5000 abitanti. Occorre studiare la situazione di un dato territorio, per determinare in che punto di collochi la soglia, o le soglie.
Da: Ernest W. Burgess (a cura di) The urban community : selected papers from the Proceedings of the American sociological society, The University of Chicago Press, 1925 – Titolo originale: A redefinition of «city» in terms of density of population – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini