Uno orizzontale, tre verticale: a cosa serve l’autostrada?

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Foto F. Bottini

Composizione funzionale, questo il mantra che da una ventina abbondante di anni attraversa la pubblicistica urbanistica e di progetto, nonché la promozione immobiliare in tanta parte del mondo. In gergo si chiama mixed-use, e nasce dalla constatazione piuttosto ovvia del fallimento dei progetti segregati, quelli discendenti lineari del cosiddetto funzionalismo, o meglio dei suoi perversi interpretatori a colpi di meccaniche norme di zoning e superstizioni mercatiste. Pensare che tutto era nato nel migliore dei modi: c’è qualcosa che sta bene insieme, e altre cose che non stanno bene affatto: eliminiamole! Ovvero, in termini spaziali, portiamole altrove, magari dove stanno bene insieme a qualcos’altro. Era nata la segregazione, dalle infinite distese di casette di dimensioni e prezzo comparabile, alle altrettanto infinite distese di altra roba commerciale, produttiva, direzionale, e giù giù fino ai cosiddetti elementi LULU, divertente acronimo a indicare gli assai meno divertenti Locally Unwanted Land Uses.

I paraocchi specialistici

Dagli anni ’90 in poi varie sedicenti bibbie della nuova urbanistica post-modernista hanno seguito il percorso inaugurato dal classicissimo Suburban Nation, nel denunciare i disastri della monofunzionalità, proponendo in alternativa poi le proprie ricette progettuali chiavi in mano, a volte anche virtuosamente sotto forma di nuove norme da sottoporre al democratico giudizio di cittadini e amministratori. Come però accaduto già a suo tempo coi proclami delle avanguardie artistiche novecentesche, anche i nuovi profeti porgevano però il fianco troppo scoperto a un certo approccio business as usual per quanto riguarda tutto il resto non contemplato dalla prospettiva culturale e professionale specifica. E così, come la guerra unica igiene del mondo di Marinetti & Co. nascondeva le tragedie dietro una specie di spettacolo pirotecnico, allo stesso modo la composizione architettonica dei nuovi quartieri mixed-use da manuale saltava a piè pari certi fortissimi e ineludibili condizionamenti sociali, economici, o tecnologici. Fino a sfociare a volte in quei surreali complessi, ideologicamente denominati transit-oriented-development ma privi di transit, ovvero raggiungibili solo in automobile. Come costruire piste ciclabili verticali, insomma.

Il diavolo sta sia nei dettagli che nel quadro generale

Criticare la segregazione va bene, ma farlo senza minimamente considerare cosa la determina è un po’ come combattere l’alcolismo eliminando i bicchieri. Per restare alla questione trasporti appena citata, appare ovvio come tutta la vicenda suburbana sia dipendente proprio dalle forme e aspirazioni di mobilità, dai primordiali parchi con ville di Olmsted allo sprawl fantozziano globalizzato. Ed è proprio in questo minestrone ideologico che hanno buon gioco tutti coloro che parlando d’altro (la sostenibilità, lo sviluppo, l’efficienza, addirittura la democrazia) ci rifilano la medesima sbobba di sempre, quasi sempre travestita da risultato ineluttabile di evoluzioni naturali, anziché frutto di scelte specifiche, vittoria di alcuni interessi contro altri eccetera. Ne sono un ottimo esempio nel nostro paese le grandi opere autostradali in corso di ultimamente speditissima realizzazione nell’area metropolitana milanese per via di Expo 2015.

Il cruciverba territoriale precompilato

Le cronache ci hanno raccontato di arterie autostradali di collegamento. Nessuno, a parte qualche sporadica e incompleta mappa sui giornali, ci ha detto del vero e proprio cruciverba territoriale precompilato su cui si innestano, quelle corsie con o senza pedaggio, a svolgere un preciso ruolo di Uno Orizzontale, Tre Verticale eccetera. A comporre poi con piccolissime varianti quello che possiamo leggere nelle Soluzioni, ovvero nei bilanci degli interessi che spingono (non certo da ieri) per realizzare quel cosiddetto modello di sviluppo del territorio. Stringendo ancora di più lo sguardo, abbiamo due gruppi di caselle Verticali, e tre Orizzontali, ovvero la Tangenziale Est tradizionale, la Tangenziale Est Esterna, e le Orizzontali radiali delle strade Cassanese, Rivoltana, Paullese, rispettivamente e schematicamente verso la bergamasca, il bresciano, il cremasco. Tutte quelle direttrici sono oggetto di radicali trasformazioni, sia fisiche che di ruolo. Non ultimo. Questo ruolo, condizionare le trasformazioni degli “spazi di risulta” interclusi in quelle grandi campiture, e di fatto già in qualche modo idealmente lottizzati. Nella premessa di Suburban Nation, fra le componenti chiave della dispersione urbana insieme ai baccelli monofunzionali si dà grande risalto appunto ai loro alimentatori: le arterie stradali senza le quali non esisterebbero, e non avrebbero quelle forme e natura. Paradossalmente ma non troppo,

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