Verso la Città dei Quindici Minuti Equa a Emissioni Zero

Un nuovo paradigma urbano

Recenti documenti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) avvertono come si stiano superando i limiti dell’aumento di temperatura fissati dall’accordo di Parigi – meno di 2° meglio ancora 1,5 °- fino a raggiungere i 2,7° rispetto all’epoca pre industriale, entro la fine di questo secolo, visto che i Paesi non rispettano gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Mentre cresce l’urgenza di affrontare la quantità di eventi estremi che già si manifestano, le sempre più frequenti tempeste, imprevedibili alluvioni, desertificazioni, prolungate siccità, innalzamento del livello dei mari e molto altro. Eventi molto avvertiti dalle città e dai territori, che spingono alle migrazioni climatiche, oltre 30 milioni di persone solo tra il 2018 e il 2020.

Gli aumenti di temperature che si prevedono peggioreranno la qualità della vita nelle comunità urbane, specie di chi risiede in zone costiere o bassopiani. Aspetto critico dato che già oggi il 55% della popolazione mondiale abita in zone urbane e la percentuale è prevista al 68% nel 2050 dallo United Nations Human Settlements Programme. Le città rappresentano il motore principale delle economie (oltre il 70% del PIL globale), e qualunque loro degrado ha effetti a cascata in ogni settore. Vale anche la pena notare come le stesse aree siano responsabili del 60% di tutte le emissioni di gas serra (GHG), a causa della crescita dei consumi di risorse quali l’energia, 78% tra costruzioni, manifattura, trasporti e altre attività urbane. A causa delle tendenze di consumo globali, con una popolazione che accede sempre più a beni industriali, le aree urbane diventano fonti di inquinamento per l’ambiente. Chi vive e governa le città è destinato quindi aa svolgere un ruolo sempre più importante per la decarbonizzazione definita dall’obiettivo del COP26 di emissioni nette zero entro il 2050.

Oltre alla decarbonizzazione, le città dovranno perseguire anche gli obiettivi dello sviluppo sostenibile soprattutto per quanto riguarda quelli di inclusione ed equità. Se per le transizioni urbane servono specifici finanziamenti climatici, i cento miliardi di dollari calcolati dagli accordi di Parigi per le economie sviluppate saranno disponibili solo a partire dal 2023, e richiedono di essere integrati da politiche alternative di finanziamento. Spicca il modello per una maggiore partecipazione privata come quello collaterale all’idea di Smart City: la «Città dei 15 Minuti» già delineata nel 2016, ma che si è diffusa in particolare durante il periodo di lockdown della pandemia COVID-19. Un concetto che non solo propone una riduzione nel consumo di risorse, ma anche degli spostamenti interni alle aree urbane, e implica una maggiore densità. Un mutamento di paradigma questo coagularsi attorno a nodi accessibili in un quarto d’ora a piedi o in bicicletta. Per realizzarlo occorre che i servizi pubblici (come uffici postali banche ecc.) o altri spazi come verde e tempo libero, siano equamente distribuiti in tutta la città, e concepiti per promuovere interazioni umane, essenziali per la coesione sociale, e che consentono un miglioramento della qualità della vita.

Tla Città dei 15-Minuti risponde alle sfide urbane di oggi

Il modello urbanistico è quello delineato nel 2016 dallo studioso franco-colombiano Carlos Moreno, specialista di sistemi complessi, per una diversa focalizzazione sui cittadini. Moreno riconosce di essere in debito per la sua ispirazione con gli scritti di Jane Jacobs. Raggiunge la massima visibilità quando durante la campagna elettorale a Sindaco di Parigi di Anne Hidalgo viene inserita l’idea della «Ville du quart d’heure». Un concetto che ricolloca al centro dell’urbano l’essere umano, dove aspetti come la socializzazione, la realizzazione individuale, i bisogni culturali e di salute, possono trovare realizzazione con piccoli spostamenti: all’organizzazione spaziale fissa si sostituisce quella del tempo. Una scelta che dipende dalla collocazione dei servizi, infrastrutture, occasioni, tutto concepito in una logica di massima accessibilità. Attuando politiche di questo tipo agli abitanti si rende possibile entro una determinata area di raggiungere dei nodi a piedi o in bicicletta impiegando non più di quindici minuti. Riducendo la domanda di viaggi in auto, aumentando quella di percorsi comodi per i pedoni e i ciclisti precedentemente penalizzati dall’urbanistica classica focalizzata sui veicoli, tutto verso una maggiore sostenibilità.

Il concetto dei 15-minuti sposta il paradigma urbanistico verso modalità già praticate in precedenza, allontanandosi da quello dei flussi veicolari che hanno prodotto gli ingorghi, peggiorando abitabilità e ogni pratica sociale. Il riferimento è a modelli del tipo Green City, Slow Movement, Walkable City e altri, ma al contrario di questi la Città dei 15-Minuti ha sin dal principio un forte impulso politico, sia sul versante decisionale che su quello relativo alla riduzione delle emissioni, allineandosi agli obiettivi e principi fissati dai principali organismi internazionali. Per quanto riguarda le emissioni il concetto urbano riduce direttamente le necessità di spostarsi e quindi l’uso dei veicoli che è stato calcolato contribuiscano nelle zone urbane al 78% del totale. Mentre globalmente questa percentuale scende al 14% delle emissioni annuali per i trasporti di cui il 72%è dei veicoli su strada. Altro aspetto della città dei quindici minuti è quello dei nodi decentrati di produzione e consumo che eliminano ulteriormente grandi quantità di emissioni di gas serra.

Anche in città che non hanno adottato questo modello urbanistico è molto diffusa l’idea di «produrre e consumare localmente» resa specialmente popolare con la scarsa disponibilità durante l’emergenza dei lockdown. Per esempio tantissimi supermercati svedesi promuovono prodotti locali. Altrove come nelle città americane cresce il ricorso a fonti di minori dimensioni e decentrate anziché grandi poli centrali come da tradizione, molto di stanti e che richiedono lunghi spostamenti in auto. Alla ricerca di maggiore sostenibilità l’idea di produzione-consumo locale contribuisce ad una maggiore resilienza, oltre a ridurre emissioni. Gli studi sull’innovazione alimentare durante la pandemia mostrano come oltre il 29% degli abitanti di vari paesi sia favorevole al consumo di prodotti locali, con percentuali ancora più alte in alcuni casi come la Francia al 51%, e l’aspirazione a progredire ulteriormente col decentramento.

A parte la questione prossimità, il concetto dei 15-minuti si basa anche su tre dimensioni D: Densità, Diversità, Digitalizzazione. Che si possono equilibrare verso un programma a emissioni zero equo e inclusivo. Per esempio sulla densità si promuove l’idea della città compatta dove le persone hanno tutte le risorse comodamente a disposizione; in termini diversi dall’urbanistica tradizionale che vede la densità solo in quanto indici di edificabilità. La diversità si concettualizza su due piani: (i) funzioni composite negli edifici, così da realizzare un insieme di residenza, attività e spazi per il tempo libero, garantendo disponibilità e prossimità di servizi; (ii) ma anche diversità nei termini multiculturali.

Con quartieri organizzati per funzioni composite è possibile promuovere culture sociali ed economiche in transizione, nonché la coesione. La digitalizzazione nelle sue varie forme rende possibile le altre due componenti, specie attraverso l’automazione dei vari processi e attività. Ad esempio telecamere intelligenti e sensori possono gestire e controllare lo spazio pubblico, dal verde alle piste ciclabili e altro; perfezionando le migliori strategie di uso e manutenzione. I dati raccolti possono poi essere utilizzati per migliorare l’efficienza e produttività ad ogni livello, cittadino di quartiere fini all’individuale, promuovendo pratiche sostenibili come gli edifici energeticamente efficienti, le fonti rinnovabili, l’automazione nello smaltimento rifiuti.

In più grazie alle tecnologie smart si può anche standardizzare il modello dei quindici minuti rendendolo adattabile ai vari contesti e adeguato a rispondere a diverse dimensioni umane. Le tecnologie contribuiscono ad accelerare l’individuazione dei bisogni e delle procedure di attuazione, come già accade in città come Parigi, dove si programma una riduzione delle auto: con un obiettivo del 50%, ambienti adeguati alla ciclabilità e con più percorsi dedicati. Altra città che ha adottato il concetto è Bellevue, col Piano Ambientale 2021–2025. Sono occasioni di soluzioni decentrate sviluppabili localmente; con la partecipazione dei cittadini e la convergenza verso politiche climatiche contestualizzate.

Soluzioni umane e pragmatiche

L’idea dei quindici minuti non è da interpretare alla lettera, nel senso che tutto nella città si debba inquadrare entro quel raggio. La riorganizzazione urbana deve tener conto di varie dinamiche e particolari morfologie, diverse da caso a caso. I rifermenti culturali e scientifici si possono riprendere dalle riflessioni di urbanisti come Jane Jacobs, Christopher Alexander, Nikos Salingaros, Leon Krier e altri, tutti innovatori che pongono al centro la dimensione umana. Ciò significa che le varie componenti, dalle zone residenziali ai percorsi pedonali o ciclabili, mercati, scuole, spazi per il tempo libero, non operano come entità isolate, ma interagiscono collettivamente e con la dimensione umana e sociale.

Jacobs notava quanto nella riflessione urbanistica ci si fosse allontanati dalle persone, specie dalla loro partecipazione a creare la città, escludendo dal progetto proprio i suoi principali utenti. Così anche un’area urbana presentata come Città dei Quindici Minuti manca di ciò che viene descritto molto efficacemente da Leon Krier nel suo libro The City Within the City, dove si auspicano quartieri urbani concepiti così da rispondere a tutte le esigenze quotidiane dei propri abitanti. Il concetto si deve arricchire anche delle indicazioni di Alexander, che immaginano città in grado di evocare wholeness; i cui isolati di dimensioni ridotte e settori si organizzino verso una organicità di insieme.

Secondo questi criteri generali e attuativi si deve sviluppare una ricerca su come sarà la città dei quindici minuti, oltre che la sua coerenza ad accordi e obiettivi internazionali di sostenibilità climatica ed energetica, orientati a priorità locali e regionali. Costruire insediamenti urbani più resilienti, sicuri, umani, equi ed inclusivi è già ciò che in fondo presumono tutti quegli obiettivi fissati dai vari organismi. Da questo punto di vista un nuovo studio di UNEP offre interessanti prospettive di interazione fra accordi internazionali e trasformazioni urbane nei loro caratteri fondativi. Soprattutto sul tema densificazione per le grandi aree metropolitane e mega-città emergenti dove si pratichino politiche dei quindici minuti: una densificazione, nel caso, intesa sia come popolazione che offerta di servizi.

Spesso l’idea di densificazione è stata usata per promuovere edifici più alti o addirittura grattacieli, ma pensatori come Salingaros ribadiscono che in quel modo si distrugge la dimensione umana delle città, oltre ad aggirare la questione di un uso più efficiente delle risorse. Si è anche, cosa interessante, notato che già l’urbanistica tradizionale aveva stabilito come esistesse un rapporto abbastanza diretto tra lo sviluppo in altezza e la speculazione edilizia, con esempi come la «Via dei miliardari» di New York, su cui si allineano proprietà di super ricchi che ci abitano raramente, in un quartiere semivuoto. Per giunta i grattacieli non contribuiscono di certo al tipo di composizione funzionale necessario alle città e possono condurre complessivamente nel tessuto urbano a certe disparità socio economiche. Alcuni studiosi sottolineano ulteriormente l’importanza di una densificazione per le gestione ottimale delle risorse, entro politiche di transizione e i principi della città del quindici minuti.

È importante considerare nell’attuazione della Città dei Quindici Minuti principi urbanistici che mirino alla complessità, ma non si tratta di cosa priva di costi. Gli aspetti finanziari non appaiono chiarissimi soprattutto nelle prospettive del post-pandemia e nelle geografie del Sud Globale colpite dalle crisi economiche, ma anche nei paesi più ricchi dove le risorse vengono orientate di preferenza dalle infrastrutture verso la sanità. Se ci aggiungiamo che anche i finanziamenti climatici previsti dagli accordi di Parigi non si renderanno disponibili immediatamente, si deve pensare di ricorrere al debito, che pone il rischio di superare il tetto previsto. È possibile stimolare le economie locali a investire nelle città, se i decisori coinvolgono anche il settore privato, offrendo incentivi fiscali e individuando obiettivi comuni per queste joint-venture. Un percorso potrebbe essere quello che Allam e Jones chiamano delle Zone Economiche Speciali.

Parecchi i vantaggi: per il settore pubblico grazie alla rigenerazione delle città; per quello privato che ne trae profitto via credito fiscale; per i cittadini che vedono un miglioramento nella qualità della vita, più occasioni di lavoro, disponibilità di strutture e servizi. Già esistono casi studio di riferimento per zone speciali e programmi di rigenerazione a Mauritius, che in quanto inserita nel contesto detto Sud Globale può diventarne un modello di attuazione della città dei quindici minuti. Critica qui la partecipazione delle comunità locali che possono accelerarne la realizzazione, contribuendo molto direttamente anche alla riqualificazione dei quartieri e con una azione collettiva a ridurre le emissioni urbane.

Ma sarà essenziale che fissati gli obiettivi climatici della rigenerazione il modello non sia soltanto finanziariamente valido, ma equo nel progresso verso emissioni nette zero. Ovvero una transizione che vada in parallelo con un miglioramento della qualità della vita per tutti gli abitanti. Aspetto estremamente importante perché non ha senso perseguire resilienza là dove nessuno vorrebbe abitare. Quindi occorre perseguire un metodo di massima abitabilità, complessità, interazione, in cui la Città dei Quindici Minuti sia tutt’uno con lo zero emissioni e i meccanismi fiscali attuativi.

da: Humanities and Social Science Communication, aprile 2022; Titolo originale: The 15-minute city can shape a net-zero urban future – Traduzione di Fabrizio Bottini

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