L’area commerciale è uno spazio di relazione sociale
Le persone sono attratte dalla folla.
E il primo ruolo che devono svolgere le aree per gli affari è quello di mettere a disposizione spazi per le relazioni sociali. Era uno spazio del genere la piazza del mercato un tempo, molto più di quanto non lo siano oggi le nostre arterie commerciali. Magari la media degli esercenti non ammetterebbe mai che la via possa essere qualcosa d’altro che un luogo per far compere. Però farebbero bene a provare almeno a considerarlo, quel loro spazio sacro, in una prospettiva diversa.
Prima viene il luogo di ritrovo. Poi arriva l’esercente che si rivolge alle folle radunate. Poi arriva il negozio con le sue vetrine. Al giorno d’oggi spazio di ritrovo e spazio del commercio risultano tanto intrecciati che risulta impossibile dire quale aspetto sia più importante. Niente vetrine, niente folla; niente folla, niente vetrine.
Esistono certe zone, certi incroci, che la gente frequenta più di altri. Ciò non si deve alla grande presenza di uffici, anche se contano, né a quella di negozi, che pure contano. La causa invece è che la gente li preferisce. E le vetrine esercitano una forte influenza. Qualche volta l’angolo più trafficato cambia. Si abbandona il vecchio spazio per concentrarsi in un altro. Le folle sono attratte da ciò che è bello. Se non fosse così, i negozianti avrebbero smessa da tempo di spenderci così tanto nelle loro belle vetrine ed esposizioni.
E se le folle sono tanto attirate dalla bellezza di una vetrina, perché l’attrazione non dovrebbe risultare ancora più forte con la bellezza di un quartiere adeguatamente progettato? È la logica di questo ragionamento che ci porta a concludere quanto si avvantaggino delle vetrine dell’arteria commerciale anche tutti gli uffici ed esercizi nelle vicinanze.
La voglia di incontrare altre persone, la bellezza dei negozi, delle vetrine, degli edifici, attira le folle dello shopping. Tutti gli altri esercizi se ne avvantaggiano senza contribuire a questo ambiente. Perché non imporre a tutta la zona di condividere i costi di ciò che la rende attraente?
Le zone terziarie non devono per forza essere anonime, mal tenute, monotone. A Mariemont, sobborgo residenziale di Cincinnati, Ohio, ha collocati tutti gli esercizi in un gruppo di begli edifici. Anche tutte le attività sociali della zona fanno riferimento al medesimo spazio. Per certi versi le attività sociali sono un po’ diverse da quelle di altri centri minori dove la gente si raduna a guardare le vetrine. Nel nucleo commerciale di Mariemont si svolgono anche le attività serali come cene, balli e altri intrattenimenti.
Spesso nella zona commerciale delle città esistono spazi dedicati alle attività sociali, ma molto raramente ciò avviene in modo davvero consapevole delle loro potenzialità. Mentre i due tipi di frequentazione, prima quello della folla che spontaneamente guarda le vetrine, poi quello delle attività più particolari, possono attirare un notevole flusso e contribuire a renderlo molto visibile ai cittadini.
Ma questo flusso si può ostacolare, se gli spazi circostanti risultano sgradevoli, oppure sostenere rendendo tutta l’area commercial attraente. Vetrine, arredi sui marciapiedi, ristoranti particolari, illuminazione caratteristica: tutto questo e molto altro aiutano allo scopo.
[…]
Le zone commerciali delle grandi città
I proprietari dei negozi di una zona terziaria urbana hanno interessi comuni simili, così come accade nel caso di chi occupa i grandi complessi per uffici.
Se un isolato di negozi si degrada, l’effetto si estende all’intera zona. Se ci sono troppi esercizi vuoti, l’intero quartiere può apparire in una situazione difficile. I proprietari lo capiscono, detestano avere un negozio vuoto confinante. La cui influenza si può verificare nel traffico pedonale che si fa meno intenso su quel lato della via.
Presi nel loro insieme, molti quartieri commerciali sono carenti in termini di bellezza, anche nonostante la presenza di vari edifici gradevoli. E tanti sono davvero brutti.
Chi frequentava socialmente gli spazi del mercato nei centri antichi spesso discuteva della bellezza della città. La costruzione di una nuova cattedrale era oggetto di grande interesse e lunghe discussioni.
Forse è un segno dei tempi che noi a quanto pare sembriamo incapaci di cooperare verso quartieri più belli, nonostante la bellezza delle città continui a stare molto a cuore ai cittadini. Alcune attività spendono moltissimo per gli edifici o le decorazioni, ma al tempo stesso non fanno nulla per tutelare il proprio investimento contro le brutture che lo possono circondare.
Chi visita le zone commerciali di una città è molto attirato sia dai singoli esercizi che dal quartiere nel suo insieme. Gli esercenti l’hanno intuito da tempo questo bisogno di bellezza, ma continuano a non applicarlo al di fuori del proprio negozio.
La città che sappia sollevare dalla condizione di bruttezza i propri quartieri terziari non ne ricava solo spazi più belli, ma anche una pubblicità che arriva a livello nazionale, il tipo di pubblicità che poi comporta una crescita economica.
Nel capitolo “Natural Zoning” [non incluso in questa selezione n.d.t.] ho discusso il modo in cui nelle città i quartieri commerciali si articolino al proprio interno secondo una selezione naturale delle attività. Verso l’area più interna gli esercizi del settore abbigliamento con le loro vetrine. Attorno a questi negozi di altro tipo. Provo ad elencarli di seguito secondo questa relazione.
1. Negozi di abbigliamento, articoli di lusso, libri, tabacchi, profumerie (il cuore interno del quartiere)
2. Banche e finanza, uffici immobiliari, assicurazioni (l’area finanziaria)
3. Esercizi per l’alimentare in grandi quantità, drogherie, frutta e verdura, ecc.
4. Negozi di mobili, di strumenti musicali.
5. Casalinghi, ferramenta, colorifici, materiali per l’edilizia.
6. Servizi alla persona, sarti, barbieri, parrucchieri per signora, riparazioni calzature e simili.
7. Tipografie, giornali, elettricisti, ecc.
8. Cinema.
9. Commercio all’ingrosso.
Dentro a questi, sparsi e indipendenti l’uno dall’altro, uffici e servizi come:
10. Direzione aziendale.
11. Uffici professionali, A. Medici. B. Avvocati. C. Ingegneri e Architetti.
12. Uffici pubblici.
Lungo le arterie verso l’esterno:
13. Vendita e servizi per l’automobile.
Independenti e apparentemente non concentrati ci sono poi:
14. Ristoranti.
15. Alberghi, con l’eccezione di quelli più grandi.
Ciascuno di questi tipi di esercizio ha esigenze proprie. Sono le stesse per ogni gruppo e occupano un posto preciso nella città. Occorre descrivere meglio le specifiche esigenze per ciascun gruppo [il libro dedica di seguito un capitolo a ciascuno, capitoli esclusi dalla presente selezione n.d.t.].
[…]
Larghezza delle strade e parcheggi
Le arterie commerciali a volte possono essere troppo larghe.
Il problema delle sezioni stradali nei quartieri di negozi spesso si lega semplicemente alla discrezione di chi decide, anziché ad uno studio attento della questione.
Una via che superi di molto la distanza di 28 metri da un fronte edificato all’altro, fa perdere qualunque rapporto fra i due lati. Quando è necessaria un’ampiezza maggiore, meglio organizzare una piazza, in cui le persone siano in grado di muoversi lungo i confini dello spazio, anziché doverlo attraversare.
Anche la carreggiata può risultare troppo ampia. Una strada larga attira traffico, e si tratta in gran parte di traffico di attraversamento che non apporta alcun vantaggio agli esercizi affacciati.
Neppure una via commercial troppo stretta è auspicabile. Una situazione di affollamento vuol dire enorme perdita di tempo e quindi è poco economica. Se esiste una via del genere, si può anche escludere del tutto il traffico veicolare.
Il meglio per un quartiere commerciale è un traffico misto. Dal punto di vista degli esercizi il meglio è una certa quota di tram e di automobili. In alcune zone commerciali si sono riusciti a eliminare i tram, ma c’è da dubitare del risultati finali.
Si ritiene di norma che le carreggiate debbano dedicare 3 metri per la linea dei tram, 3 metri per una corsia di automobili, 2,5 metri per il parcheggio delle auto.
Per una strada con una linea di tram, due corsie per le auto e due file di parcheggio, la larghezza deve essere di 14 metri.
Con 2 linee di tram, 2 corsie per le auto, 2 file a parcheggio, 17 metri.
Con 2 linee di tram, 4 corsie per le auto, 2 file a parcheggio, 23 metri.
Con 2 linee di tram, 6 corsie per le auto, 2 file a parcheggio, 30 metri.
Con una sola corsia per le auto, e 2 file a parcheggio, 8 metri.
Con 2 corsie per le auto, e 2 file a parcheggio, 11 metri.
Con 4 corsie per le auto, e 2 file a parcheggio, 17 metri .
Con 6 corsie per le auto, e 2 file a parcheggio, 23 metri.
Non risulta economico usare sezioni diverse da quelle calcolate qui. Qualche metro in più non accresce la capacità, ma solo i costi. E se esistono già delle strade con larghezze diverse, forse va presa in considerazione una modifica.
Il parcheggio è sempre uno dei problemi principali. Salvo con una larghezza della strada superiore ai 18 metri, il parcheggio deve organizzarsi in parallelo al marciapiede. Se si utilizza la disposizione diagonale, su una via con molto traffico, la larghezza non deve essere inferiore ai 22 metri.
I parcheggi diagonali e perpendicolari devono essere organizzati per ingresso in retromarcia e uscita in avanti. Ciò elimina gran parte delle interferenze col traffico in movimento che di solito comportano questi parcheggi.
Il periodo di sosta deve essere commisurato al tempo dello shopping nei vari esercizi. Un tempo che, secondo i rilievi dello United States Department of Commerce, si calcola in:
Negozi di abbigliamento, in media meno di 30 minuti.
Negozi alimentari, in media meno di 30 minuti..
Negozi di arredamento, in media meno di un’ora.
Negozi di casalinghi, in media meno di 30 minuti.
Sono molte le città che hanno invece sopravvalutato le potenzialità del traffico di attraversamento per le zone commerciali. Si allargano vie per consentire a un numero maggiore di automobile di circolare nei quartieri. Mentre parallelamente si sottovalutano i problemi della sosta nelle ore di attività.
Il quartiere terziario deve essere considerato come un terminale per tutto il traffico che si muove nella città. Se una automobile arriva da un’area residenziale e non trova parcheggio, inizia a girare finché non si libera un posto ai margini. E il risparmio di tempo che deriva dall’uso dell’auto si annulla, senza contare in tanti casi si è perso un cliente. Non c’è alcuna differenza col caso di una stazione ferroviaria, tanto intasata che quando arriva un treno deve aspettare a chilometri di distanza. Ma nel caso delle stazioni la gente non pare reagire, mentre coi quartieri commerciali il pubblico pare perplesso.
Ed è la medesima preoccupazione dell’operatore. È su di lui che ricadono gli effetti in termini di meno affari. Magari prova a consolarsi pensando che più traffic di attraversamento davanti all’ingresso possa significare più attività, ma sono troppi gli automobilisti che passano e quando non trovano da parcheggiare finiscono per fermarsi altrove.
Oggi assistiamo al fenomeno del decentramento di molte città.
E non c’è alcun motivo di allarmarsi per questo. È un problema di chi ha attività in centro, non della città. Si dovrebbe trovar posto al massimo numero di automobile parcheggiate nel quartiere terziario.
E utilizzare un sistema di ricambio ogni 15 minuti nelle arterie commerciali.
Mentre in quelle laterali e parallele è sufficiente un turnover ogni 60 minuti, per dare alla clientela tempo di sbrigare tutte le commissioni.
Nell’area finanziaria il limite deve essere fissato a 15 minuti.
Ma ovunque possibile l’amministrazione deve ribadire la necessità di realizzare strutture per il parcheggio non lungo le strade. Da inserire in tutte le nuove costruzioni e proporzionate alla superficie di pavimento. E negli isolati di edifici minori non c’è alcun motivo per cui non si debba realizzare un garage a parcheggio posto al centro, addossandone i costi alla proprietà, che poi potranno essere recuperati dai pagamenti per l’uso.
Occorre mantenere abbastanza basso il costo del parcheggio nelle ore di attività. La cosa vale soprattutto per la prima ora.
Conviene fissare una tariffa di cinque centesimi, per la prima ora, che far pagare di più.
Marciapiedi
Per l’esercente, è il marciapiede la parte più importante della via.
E lo è anche per il pedone. Ogni automobilista deve trasformarsi in pedone prima di entrare in un negozio o in un ufficio. Ma in media gli operatori tirano a lucido il proprio edificio, e fanno invece pochissimo per rendere più gradevole il marciapiede.
Fra i molti vantaggi delle piccole città sulle grandi, c’è la maggiore possibilità di aiuole fiorite e alberature. L’esercente del piccolo centro può migliorare il marciapiede con delle fioriere. Niente di meglio per farsi un po’ di pubblicità, niente di più interessante per il pubblico di una file di belle fioriere. Si possono collocare ai margini della carreggiata o contro gli edifici, o lungo delle balaustre. E si potrebbe farlo anche nelle grandi città molto più di quanto non si faccia oggi.
La larghezza necessaria del marciapiede dipende dalle dimensioni del traffico pedonale commerciale quotidiano. I calcoli nei punti più affollati mostrano come la quantità di persone che transitano quotidianamente corrisponda a circa un sesto della popolazione totale della città. Un marciapiede largo 4,5 metri può contenere 50.000 persone sulle 24 ore della giornata. Per quantità maggiori lo si deve allargare, e una larghezza minore è sufficiente se ne passano di meno.
Un marciapiede troppo stretto dà a una via un aspetto striminzito, uno largo un’aria imponente. Una misura accettabile è di un po’ più di 3,5 metri, ma è meglio attorno ai 5-6 metri. Ci deve essere almeno un metro e mezzo non strettamente necessario per camminare. È quello che si può poi usare per gli interventi di miglioramento.
Per i centri minori possono essere utili le alberature.
Gran parte dei marciapiedi hanno un semplice superficie di asfalto, ma volendo gli operatori possono renderlo più attraente con piastrelle o altri rivestimenti ad esempio in materiali non sdrucciolevoli.
Forse è un po’ esagerato parlare di architettura dei marciapiedi. Ma è certamente possibile sostituire gli attuali lampioni, cestini, idranti antincendio, cassette della posta, insegne penzolanti, prese d’aria dei seminterrati, passerelle, esposizioni di merci all’aperto, con qualcosa di meglio. Per le prime quattro funzioni basterebbe un’unica torretta collocata agli angoli delle vie. A cui si potrebbero aggiungere anche telefono di emergenza per pompieri e polizia, e tabellone informazioni. Alle esposizioni all’aperto si potrebbero sostituire contenitori con fiori o sempreverdi. Il marciapiede può, e deve, essere la parte più gradevole di una via commerciale.
[…]
Conclusioni
Il forte afflusso di popolazione dalle campagne, insieme all’incremento del paese nel suo insieme, ha fatto crescere le nostre città americane in un modo che non ha precedenti. C’è da dubitare che tale crescita possa proseguire coi medesimi ritmi. L’aumento di popolazione nazionale pare rallentare notevolmente. E insieme si manifesta una tendenza dei cittadini a spostarsi verso le fasce urbane più esterne. Con trasporti sempre più veloci, meno ore di lavoro e una settimana lavorativa di cinque o addirittura quattro giorni in vista, pare probabile che questa diffusione su aree sempre più vaste debba continuare, e sempre più famiglie si insedieranno su piccoli appezzamenti tali da consentire la coltivazione di una parte di ciò che mangiano. Nel futuro potremmo vedere un nuovo tipo di città, a coprire quello che oggi chiamiamo regione metropolitana, con una densità di popolazione per ettaro molto minore.
Questo appiattimento della curva di popolazione dovrebbe indurre una concorrenza fra le città, maggiore di quanto non sia avvenuto nell’ultimo quarto di secolo. Una concorrenza incentrata soprattutto sui vecchi quartieri terziari centrali, che subiranno non solo gli effetti diretti della concorrenza, ma anche la condizione nuova di un maggiore decentramento.
Singoli negozi e catene di distribuzione presto o tardi si accorgeranno che non si tratta di casi individuali, e che si può affrontare il problema molto meglio coordinando l’intera area commerciale verso una maggiore efficienza e attrattività. Non costa di più costruire una città secondo un piano ben concepito, che farla crescere a caso così come abbiamo fatto in passato.
La bellezza delle architetture si è dimostrata un ottimo strumento pubblicitario per i singoli esercizi, e se applicata a un intero quartiere potrebbe dare alla città un’immagine permanente, in grado di estendersi sul territorio.
Le città nascono dal lavoro di uomini e donne. L’impegno profuso nella costruzione della propria attività è lo stesso che costruisce la città. Se questo impegno potesse essere unico, i risultati ne sarebbero moltiplicati.
La nuova epoca che sta cominciando ci darà progetti molto migliori di quelli studiati in passato. L’urbanistica ha attraversato prima un periodo di supremazia della bellezza aggiunta, poi uno di regolamentazione attraverso lo zoning, poi ancora un’era di organizzazione del traffico.
Il prossimo passo deve essere verso un maggior peso di tutti gli elementi che contribuiscono alla costruzione della città, e in esso deve assumere un ruolo di punta l’organizzazione e progettazione dei quartieri commerciali secondo criteri di efficienza e bellezza.
Riferimenti:
Titolo originale del volume: Shopping Districts, Washington, American Planning and Civic Association, 1937 – Estratti e traduzioni a cura di Fabrizio Bottini