La Città Cucina con Giardino

foto Tara Schepers e Yolanda Sikking città di Almere

Quando Marco de Kat inizia a pensare al pranzo non ha bisogno di andare troppo lontano a cercare un negozio di frutta e verdura. Perché appena fuori dalla porta ci sono 800 metri quadrati coltivati: mele, pere, basilico, rape, cavolfiori e altro. E nei mesi invernali sia lui che la moglie possono contare sulla scorta accumulata nel congelatore. Dopo qualche anno qui a Oosterwold trova ancora interessante e stimolante l’idea: «Ieri mi ero dimenticato di pensare in anticipo a qualcosa per il pranzo, ma poi basta uscire e attraversare l’orto e si trova sempre». Oosterwold, dove de Kat abita dal 2017, è un esperimento urbanistico di quartiere su 4.300 ettari nella periferia della città di Almere, di cui è anche consigliere municipale. Concepito da abitanti e amministrazione una decina d’anni fa, è stato progettato e realizzato per provare a cambiare in senso meno schematico l’idea di città olandese, dare più libertà – e responsabilità – agli abitanti nel piano urbanistico.

L’area, dove abitano circa 5.000 persone e altre aspettano di andarci, è totalmente autosufficiente. Ci si può costruire casa dove e come si preferisce, collaborando insieme su aspetti come i nomi delle strade, la gestione dei rifiuti, le manutenzioni, addirittura la scuola. Però la pubblica amministrazione ha fissato una regola davvero singolare: metà di ciascun lotto deve essere dedicata all’agricoltura urbana. «Una norma – chi abita a Oosterwold dedica alla produzione alimentare metà superficie – che rappresenta un concetto estremamente innovativo da parecchi punti di vista» spiega Jan Eelco Jansma, ricercatore all’università di Wageningen, da anni studioso di Almere, e ispiratore delle politiche urbanistiche. Rositsa T Ilieva, responsabile dello Urban Food Policy Institute alla City University di New York, sottolinea la novità: «Sono parecchie le pubbliche amministrazioni che hanno inserito nei piani l’agricoltura urbana, ma pochissime hanno introdotto regole così stringenti di uso del suolo e responsabilità dei cittadini».

Cittadini che le regole possono poi interpretarle creativamente. Oosterwold, composto di un migliaio di proprietà residenziali, è una distesa di ogni tipo di coltivazioni, dalle serre al pascolo ai canali di confine-irrigazione. «Non c’è nulla che sia uguale a qualcos’altro, ciascuno ha una propria ricetta» commenta de Kat. Lui ha fatto del proprio orto una specie di Eden alimentare per la casa. Altri si limitano a piantare un po’ di alberi da frutto oppure delegano la coltivazione a orticultori professionisti. Altri ancora, come Jalil Bekkour, riescono a guadagnarci. «Non avevo alcuna esperienza di orto o coltivazioni alimentari» ricorda. Ma ha imparato provandoci e tre anni fa ha aperto un ristorante, Atelier Feddan, dove l’80% della materia prima arriva direttamente da Oosterwold. È evidente quanto lo appassioni questa attività di agricoltura urbana, e considera il suo orto un «esperimento pratico» di prodotti da offrire nel ristorante.

Anche qui si avverte la crisi del cambiamento climatico, ma si tratta di una occasione. Spiega Bekkour che oggi a Oosterwold c’è il medesimo clima della Francia di quarant’anni fa. E cose come avocado o limoni si possono far crescere all’aperto anziché in serra. Ci vuole tempo e molta cura e pazienza per quelle superfici: «Si sbaglia e si riprova». Gli abitanti lamentano l’assenza di indicazioni e orientamenti per come riuscirci. «C’è stato molto laissez-faire nella programmazione» commenta Jansma. «ma se si vuole sperimentare un concetto tanto innovativo su queste dimensioni bisogna saper delegare le responsabilità». Ha aperto da poco un Food Hub di raccolta prodotti e consulenza-scambio agli abitanti. Gestito dall’amministrazione di Almere e dalla cooperativa alimentare di Oosterwold. Yolanda Sikking, responsabile locale della partecipazione, spera che così si spingano i cittadini a prendere più iniziative. «Alcuni lavorano molto bene, altri meno. Così abbiamo deciso di stimolare di più». Obiettivo finale coprire almeno il 10% dell’alimentazione di Almere, può apparire ambizioso ma si spera fattibile col tempo.

Abitanti ed esperti concordano sulla riproducibilità del concetto: «Alcune cose che facciamo potrebbero succedere anche altrove sia in Olanda che all’estero» commenta Jan-Albert Blaauw, fondatore della cooperativa alimentare locale. «Esistono molti esempi nel mondo di agricoltura urbana inserita nello sviluppo delle città, ma coltivazione e urbanizzazione ancora sono separate, ci sono zone dedicate senza sovrapposizioni». Secondo Ilieva sarebbe applicabile in modo molto esteso il principio di partecipazione locale alla produzione alimentare: «Mettendo al primo posto l’agricoltura nell’uso del suolo urbanisti e abitanti ridefiniscono lo spazio periurbano che era a funzione esclusivamente residenziale, verso obiettivi multipli ambientali sociali ed economici».

Ed è possibile anche importare concetti da altre sperimentazioni e studi. Jason Hawes ha partecipato a una ricerca pubblicata nel 2024 dove si rilevavano più emissioni dall’agricoltura urbana rispetto a quella convenzionale. Pur non avendo tra i casi studiati Oosterwold, ne emergono comunque idee. Secondo Hawes: «Per esempio molte delle emissioni delle colture a frutta e verdura sono attribuibili alle strutture di solito installate per quello scopo, quindi sarebbe utile pensare a strutture diverse per un uso di lungo termine, a materiali riciclati». E non è neppure indispensabile operare su larga scala come a Oosterwold: «Si può iniziare con qualcosa di piccolo – commenta Bekkour – da ciò che si mangia, la cosa più facile. E conclude De Kat: «Si può fare avendo idee chiare e consapevolezza».

da: The Guardian, 28 novembre 2024; Titolo originale: ‘You have to find your own recipe’: Dutch suburb where residents must grow food on at least half of their property – Traduzione di Fabrizio Bottini

Vedi anche su questo sito sezione Antologia per analogia se non altro concettuale L.E. White, Belle Cucine Orrende Città (1951)

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